Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
il libro dimenticato
Gail Honeyman, “Eleanor Oliphant sta benissimo”
Ed. Garzanti, trad. S. Beretta, pagg.
344, Formato Kindle euro 9,99
Non è vero che Eleanor Oliphant sta benissimo. Lo capiamo nelle prime
tre pagine- è lei, in prima persona, che parla di sé e della sua vita. Ha quasi
trent’anni, lavora in un ufficio come contabile, pensa di essere stata assunta
perché faceva pena: si era presentata al colloquio di lavoro con un occhio
nero, due denti mancanti e un braccio rotto. Arriva ogni mattina alle 8,30, non
parla mai con nessuno, nell’intervallo pranzo mangia da sola facendo due
cruciverba, per cena si prepara pasta al pesto e insalata, va a letto alle
dieci, legge un’oretta e poi spegne la luce. Al mercoledì parla al telefono con
la madre. Al venerdì compra una pizza, del vino e due bottiglie di vodka- il
lunedì è lento ad arrivare. Ha sentito i colleghi di lavoro dire di lei, ‘è una
malata di mente’. Non lo è, e però ha una brutta cicatrice che le deturpa metà
del volto. Qual è il problema di Eleanor Oliphant, della sua totale incapacità
di relazionarsi con gli altri, della sua assoluta solitudine?
Sapremo tutto a poco a poco, con una piena rivelazione solo alla fine,
dopo di che Elizabeth sarà libera di iniziare una nuova vita. Grazie all’aiuto
di Raymond, il tecnico informatico che è suo collega, che dapprima Eleanor
disprezza, perché ha un aspetto poco pulito, è trasandato, ha sempre scarpe da
ginnastica ai piedi. Un giorno Raymond ed Eleanor soccorrono un uomo anziano
che ha avuto un malore per strada. Se fosse stato per Eleanor, che lo aveva
liquidato come un ubriacone, il vecchio sarebbe rimasto lì, disteso per terra.
Raymond, invece, gli aveva prestato i primi soccorsi e aveva chiesto ad Eleanor
di chiamare un’ambulanza.
La ‘crescita’ di Eleanor segue due percorsi paralleli- uno è ‘il
sentiero fiorito che porta alla rovina’, come dice Shakespeare, una storia di
auto-illusione d’amore che non può che finire molto male; l’altro è
difficoltoso, Eleanor avanza a piccoli passi, quasi trascinata suo malgrado da
Raymond, un personaggio perfin troppo bello per essere vero.
Avevo letto giudizi esaltanti di questo romanzo, “caso editoriale”,
“indimenticabile”, “imperdibile”, e, anche se un po’ scettica, mi aspettavo
molto. Una cosa è vera, di tutto quello che è stato scritto: che “Eleanor
Oliphant” è un libro che si legge d’un fiato. Non necessariamente, però, perché
è un capolavoro. È costruito e pensato per adescare la lettrice (è chiaro che
si rivolge ad un pubblico di lettrici dal cuore tenero) anche se in maniera
intelligente, stuzzicandola con la storia di un trauma, di abusi famigliari, di
anafettività. Il romanzo è, tuttavia, superficiale, pieno di luoghi comuni e di
improbabilità, e la tensione narrativa si regge sul mistero che circonda
l’infanzia di Eleanor.
Detto questo, è un romanzo di piacevole lettura che verrà presto
dimenticato.