Voci da mondi diversi. Penisola iberica
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Alicia Giménez-Bartlett, “Nido vuoto”
Ed. Sellerio, trad. Maria Nicola,
pagg. 398, Euro 13,00
Una bambina ruba la pistola dell’ispettore Petra Delicado
in un centro commerciale. Un uomo verrà ammazzato con quella pistola. Ci
saranno altre tre morti, e l’indagine porta Petra e Fermín nell’ambiente degli
immigrati rumeni, scontrandosi con la realtà di donne spinte alla
prostituzione, donne che prestano i figli per fotografie porno, magnaccia senza
scrupoli. Ma non tutto è bene neppure negli asili di accoglienza per i bambini,
vittime del mondo degli adulti, costretti a crescere più in fretta. E male.
INTERVISTA AD
ALICIA GIMÉNEZ- BARTLETT, autrice di “Nido vuoto”
“Tre matrimoni e quattro funerali”
potrebbe essere il titolo del nuovo romanzo di Alicia Giménez-Bartlett,
parodiando quello di un film famoso. Non riveliamo chi sposi chi, c’è qualcuno
che tentenna sull’orlo della decisione per tutto il romanzo e qualcuno che cede
alla fine, sorprendendoci. E per quello che riguarda i morti, che d’altronde
sono alla base di un’indagine poliziesca, diciamo che sono tutti rumeni, ad
iniziare dal primo che viene ritrovato, un bell’uomo ammazzato con un colpo di
pistola all’inguine- era incensurato, passerà un po’ di tempo prima che sia
identificato. Mentre è certo che la pistola usata sia quella dell’ispettore
Petra Delicado, la simpaticissima protagonista della serie di romanzi della
scrittrice spagnola.
Alicia Giménez-Bartlett non si
smentisce nella sua capacità di stupirci con la sua inventiva, il suo umorismo,
la vivacità che impresta ai personaggi alleviando l’atmosfera buia del mondo
della depravazione e del crimine. Perché l’episodio che dà inizio alla vicenda
è irresistibilmente comico: Petra (che riconosce di essere “una poliziotta
litigiosa e anarchica” che protesta “sempre e comunque, senza sapere con chi
prendermela”) viene derubata della borsetta mentre sta facendo la pipì nella
toilette di un centro commerciale. Non basta. Poiché si è comportata
incautamente, appendendo la borsetta al gancio della porta e lasciandoci dentro
la pistola di ordinanza, e il ladro è una bambina, Petra diventa immediatamente
bersaglio di battute da parte dei colleghi. E tuttavia quanto è successo, al di
là del lato ridicolo del furto, è allarmante: perché una bambina si è tenuta la
pistola cacciando via la borsa con portafoglio e carta di credito? C’è qualcuno
dietro di lei? Ha rubato a caso o aveva tenuto d’occhio Petra sperando nella
buona sorte?
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Petra Delicado sullo schermo |
Non sveliamo niente che non si possa
indovinare, dicendo che le indagini scaveranno nel commercio umano dei bambini,
nel mondo della prostituzione e della pedofilia. E lo sconforto di Petra è che
quello che alla fine troveranno sarà “il fondo del marciume umano, della
miseria morale, della cattiveria gratuita e dell’ignoranza”, ma per che cosa
poi? Può la conclusione di un’indagine e la scoperta di uno o più colpevoli
mettere fine a tutto questo? Certamente no, fatta pulizia in un angolo, la
sporcizia si ripresenterà altrove. Ma c’è in Petra un fondamentale buon senso,
un equilibrio interiore che la salva dal lasciarsi inghiottire dal buio, e
Alicia Giménez-Bartlett trova sempre delle immagini metaforiche a comunicare un
senso di speranza- era il bastimento carico di riso per tante paelle nei sogni
del barbone nel romanzo precedente, sono i tulipani blu nel giardino di fronte
al centro di accoglienza per i bambini in questo libro. Gli splendidi fiori che
sono prova di un crimine rappresentano anche l’essenza della vita, il
sovrapporsi di bellezza e malvagità. Perché la bellezza non implica
necessariamente la bontà, così come l’infanzia non è sempre innocenza.
Quello che
Alicia Giménez-Bartlett doveva trattare era un argomento duro e dolente, doveva
affacciarsi nel pozzo più profondo del male, e forse è per questo che il
romanzo ha una caratteristica diversa dagli altri, una venatura di sentimento
che lo fa quasi sembrare un “giallo-rosa”. Perché si parla tanto d’amore nel
“Nido vuoto”. Ad iniziare dalle parole del titolo che, nel corso del libro,
vengono citate due volte, una con disperazione e una con un sottile rimpianto.
E’ Petra che si domanda che cosa difenda nella sua accanita solitudine, un nido vuoto? E allora, per controbilanciare
l’immagine del nido che viene svuotato dei piccoli, o per dare un filo di
speranza, c’è tutto un gioco di seduzione e di innamoramenti, un gran parlare
dei vantaggi e degli svantaggi del matrimonio, sempre in forma scherzosa, in
quel brillante scoppiettio di botta e risposta che hanno reso famosa la coppia
Petra Delicado e Fermín Garzón. Con tanto di ricevimenti finali, descrizione
degli abiti da sposa, menù offerto e regali ricevuti: un po’ troppo, forse?
Stilos ha intervistato la scrittrice spagnola.
“Un bastimento carico di riso”, il romanzo con Petra che precede questo,
è del 2004 e, nel frattempo, lei ha scritto altri romanzi: ha bisogno, ogni
tanto, di distaccarsi dalla sua protagonista?
Non sempre, ma, ad
esempio, ne avrò bisogno dopo questo romanzo, perché dovrò lasciar “riposare”
un poco il personaggio di Petra che ha subito un grosso cambiamento. E tuttavia
ho voglia di iniziare presto un libro con lei, perché mi interessa vedere come
si comporta nella situazione in cui l’ho messa. C’è un numero limitato di
storie nella mente e arriva il momento in cui si teme di copiare quello che si
è già detto. E tuttavia ci sono ancora storie che vorrei raccontare e vorrei
lasciare Petra e scrivere queste altre storie. Anche se poi i lettori
preferiscono quelle con Petra, i critici mi trattano male quando scrivo altri
tipi di romanzo, guadagno di meno- ma si sa, gli scrittori sono dei masochisti.
Che cosa succede, quando si scrivono dei romanzi seriali? Dopo il primo
romanzo si ha già in mente che vita vivranno i personaggi? Oppure, come succede
a noi, fuori dai libri, si lascia che vivano e si assiste alle loro scelte di
vita?
E’ sempre lo scrittore che manovra i suoi
personaggi. Non ho mai creduto che i personaggi prendano una loro vita e si
sviluppino indipendentemente. Dipende dall’autore come crescono i personaggi,
dal momento in cui sta vivendo, dalle esperienze che sta facendo. “Madame
Bovary c’est moi”, insomma. Credo che più che di libertà del personaggio si
debba parlare di influenza dell’autore.
Sono passati sette anni dal primo romanzo con Petra Delicado, “Giorno
da cani”: come è cambiato il suo rapporto con il suo personaggio? Le è
simpatica Petra?
Direi proprio
di sì, che il mio rapporto è cambiato nel senso che, ogni volta che mi accingo
a scrivere un romanzo con Petra, è come ritrovare dei vecchi amici. Quando
finisco un romanzo che non appartiene alla serie, mi fa piacere ritrovare Petra,
penso, ‘oh, finalmente!’. Petra mi è simpatica, ma Fermín lo è ancora di più,
perché è più spontaneo, più vicino ai sentimenti umani. Nel personaggio di
Petra ci sono degli aspetti odiosi del suo carattere, Fermín è più lineare.
Credo che Petra mi piaccia di più adesso, perché nei primi libri era appena
entrata nella polizia ed era insicura e sgradevole. Ora è più integrata nel
mondo poliziesco e le sue reazioni sono più naturali.
Ci si domanda spesso fino a che punto o in che cosa un personaggio
assomigli allo scrittore che l’ha creato. Nel caso di Petra ci chiediamo anche
se le idee di Petra siano un prestito suo, oppure se sia il suo opposto. Che
cosa c’è di suo nell’accanita difesa della solitudine da parte di Petra?
Molto, c’è molto di mio.
Credo non nella solitudine totale ma che sia necessario avere uno spazio di
solitudine. Ho bisogno di quattro o cinque ore al giorno senza nessuno intorno.
In estate posso stare anche un mese senza parlare con quasi nessuno. A mio
parere è necessario, perché la mente è lenta e devo riflettere su quello che mi
è capitato. Sono cresciuta con dei genitori anziani, una sorella più grande di
me e mi sono abituata ad avere uno spazio per me, e, quando mi era difficile
avere uno spazio per me, me lo gustavo ancora di più se lo trovavo. Ad esempio,
ancora adesso, dopo l’allenamento ad isolarmi in una solitudine mentale quando
i figli erano piccoli, sono capace di ritirarmi in uno spazio interno senza
sentire nulla di quello che mi accade intorno. Sono capace di leggere o di
scrivere in mezzo al rumore.
Quando Petra parla della gioiosità del sesso per la sua generazione,
intende la generazione delle donne che è cresciuta dando per scontato il
controllo delle nascite, la pillola, l’aborto, il divorzio?
Sì, naturalmente. La mia è stata la prima
generazione con queste possibilità e vantaggi già acquisiti e lo consideravamo
stupendo. Ma ci sono paesi in cui questo non è ancora possibile: come si fa a gioire
del sesso quando si hanno 20 figli e un marito che non si ama?
Quale idea voleva comunicare, da un primissimo approccio al libro, con
un titolo triste come è “Nido vuoto”?
Penso che non tutti i
bambini siano felici e ultraprotetti come avviene, purtroppo, in Spagna; molti
bambini sono in situazioni terribili. In Spagna è persino irritante la maniera
in cui vengono trattati i bambini, viziati, schermati da tutto, sempre
giustificati. Volevo far riflettere sui nidi vuoti che ci sono anche molto vicino
a noi.
Quale è stata la notizia di cronaca, o la riflessione, che ha dato lo
spunto al romanzo?
Nessuna notizia in particolare,
solo un accumulo di notizie e di immagini di bambini abusati, di foto in
internet che mi hanno fatto pensare e hanno fatto scattare la trama.
La trama coinvolge vittime e colpevoli rumeni, sarebbero potuti essere
di altra nazionalità ma esprimono forse un timore, peraltro diffuso, sulle
conseguenze dell’apertura delle frontiere agli immigrati rumeni dopo che la Romania è entrata
nell’Europa Unita?
No, in realtà no, perché
il libro è stato scritto prima. La
nazionalità delle mie vittime e colpevoli è casuale, volevo sottolineare
l’ingiustizia di una società che porta le persone a comportarsi in una certa
maniera. La realtà è che noi abbiamo bisogno del lavoro degli immigrati. La
criminalità diffusa è una situazione tremenda ma il mio libro vuole essere
un’accusa contro le condizioni in cui vive questa gente e non contro l’ingresso
degli immigranti.
Nel romanzo vengono citati i Mossos de Esquadra e una nota spiega che
si tratta della polizia autonoma catalana: agiscono in accordo con la polizia
di stato? Non corrono il rischio di sovrapporsi?
I Mossos de Esquadra e la Polizia Nazionale
hanno dei compiti ben separati: la Polizia
Nazionale si occupa degli assassinii intorno a Barcellona e
di quelli commessi dalle organizzazioni criminali. I Mossos de Esquadra si
occupano di tutti gli altri crimini e di quelli commessi in Barcellona. Ad un
certo punto pensavo che Petra sarebbe passata nelle fila dei Mossos, ma no, è
impossibile perché Fermín non può cambiare per limiti di età. E allora restano
entrambi nella Polizia Nazionale.
Il personaggio di
Yolanda sta acquistando maggiore importanza. Yolanda e Domínguez avranno la
funzione di essere i due doppi di Petra e Fermín?
No, Yolanda e Domínguez rappresentano il
contatto con la gente più giovane, servono per sapere come agiscono e come
pensano i giovani. Sono un confronto tra due generazioni, è come se fosse
entrato del sangue giovane nella polizia.
Il prossimo romanzo sarà ancora con la coppia Petra- Fermín?
Sì, il prossimo
romanzo che scriverò sarà con Petra, però in Spagna è già stato pubblicato un
romanzo che non fa parte della serie, “Días de amor y de engaños”, con parecchi
personaggi sulla scena, come protagonisti.
recensione e intervista sono stati pubblicati sulla rivista Stilos