Casa Nostra. Qui Italia
storia di famiglia
Paolo Di Stefano, “Noi”
Ed. Bompiani, pagg. 608, Euro
22,00 (formato Kindle 12,99)
Un nonno. Un padre. Un fratellino morto troppo presto. Sono questi i
personaggi principali che vivono- sì, vivono anche quando non ci sono più come
presenza fisica- nelle pagine del romanzo autobiografico “Noi” di Paolo Di
Stefano. E poi la nonna moglie del nonno pecoraio, gli altri nonni e cioè i genitori
della mamma, zii e zie, i due fratelli e la sorella dello scrittore-narratore
Paolo. Perché “Noi” è- come dice il titolo- un grande romanzo di famiglia,
fitto di ricordi, di parole, di immagini impresse sulla retina della memoria. E
anche di avvenimenti di quasi un secolo di Storia d’Italia, di costumi sociali
e di cambiamenti economici sempre sullo sfondo di Avola, in Sicilia.
Occupano tanto spazio, il nonno e il padre Vannuzzu. E sono sentimenti
ambigui e complessi, quelli che legano nonno e padre e, di riflesso, il nipote
Paolo. Perché il nonno che è stato un padre-padrone, un femminaro che aveva
tradito la moglie con chissà quante donne, che aveva un numero imprecisato di
figli illegittimi, questo uomo verso cui si prova un lieve disprezzo e da cui è
meglio allontanarsi, esercita uno strano potere di fascinazione sul figlio che
ritorna sempre alla famiglia di origine, anche quando ha trovato lavoro al
Nord, prima a Milano e poi in Svizzera. Questo nonno è anche capace di trasformarsi e di
addolcirsi, di lasciarsi tirare i baffi quando prende in braccio il piccolo Claudio,
il nipotino a cui non è capace di negare niente, neppure la tanto desiderata
automobilina verde a pedali che il bambino aveva fatto a tempo ad usare solo
una volta, nel corridoio di casa.
Avola |
Che adulto può diventare il figlio che cresce accanto ad un padre così,
che lo caccia spesso di casa e che non rispetta sua moglie? Vannuzzu è sempre
insicuro di sé e di quello che vuole, il figlio del femminaro dalle tante donne
è un timido che sublima pensieri d’amore, che dedica versi alle donne che
vagheggia, che neppure si accorge se queste non lo corrispondono. Per non dire
della volta che viene respinto proprio perché figlio di suo padre. Vorrebbe
studiare ma impiegherà degli anni per laurearsi in lettere classiche. Andrà al
Nord per poi tornare a Sud, come se ci fosse un elastico che lo tira e poi lo
ritira indietro- forse questo elastico è la madre che lo ricatta, forse è il
sentimento di amore-odio per il padre, forse è Avola, è la Sicilia con il suo
clima dolce o infuocato ben diverso da quello milanese che gli appare freddo e
ostile. Si sposa, Vannuzzu, accetta la cattedra a Lugano, ogni estate si mette
in auto per tornare ad Avola. Alla sera legge poesie ad alta voce ai bambini e
poi, a volte, viene invaso da una furia che è una replica delle tremende scene
violente del padre. E sua moglie non ha trovato mezzo migliore, per porvi fine,
che svenire, accentrando tutta l’attenzione. Eppure c’è molto affetto per
questo padre piccolo e calvo che si è conquistato un posto nel mondo partendo
dal nulla, che guiderà senza mai fermarsi, su quella strada che aveva fatto tante volte
con l’auto stracarica di bambini e bagagli (quanti ricordi, quanti aneddoti
buffi di quei viaggi) e che adesso trasportava la piccola bara di Claudio,
morto per leucemia a cinque anni, da tumulare nella terra che era e rimane la
sua.
Lugano |
“Noi” è un libro dominato da una grande presenza, quella del nonno, e da
una grande assenza, quella di Claudio. La sua vocetta si fa sentire quasi
subito in questa storia di famiglia. Non la riconosciamo, perché non conosciamo
ancora Claudio.
Devono passare anni prima che lui entri nella storia, gli anni
del femminaro e del piccolo professore calvo e dei tre fratelli più grandi. Il
suo passaggio in famiglia sarà breve ma, se all’inizio pensavamo che il romanzo
fosse l’elegia per un padre, mentre leggiamo ci rendiamo conto che è, invece, un
omaggio straziante alla memoria del fratellino, prestandogli parole non dette,
scherzi mai fatti, un’amichetta immaginaria, il ricordo del pupazzo Brontolo da
cui non si separava mai. Pagina dopo pagina, aspettiamo gli intermezzi della
voce di Claudio che si addormentò per sempre il 9 aprile 1967, il giorno in cui
la Juve vinceva il Bologna con un goal straordinario di Burgnich.
Le donne sono, invece, personaggi secondari, ombre dei mariti, in questo
romanzo molto italiano e per molti versi molto regionalista. Un romanzo bello, affabulatore,
la rielaborazione di un trauma alleggerito da sprazzi di umorismo e ironia, con
una narrativa che mescola passato e presente.
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la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it