Voci da mondi diversi. Asia
vento del Nord
FRESCO DI LETTURA
Kader Abdolah, “Un pappagallo volò sull’Ijssel”
Ed. Iperborea, trad. Elisabetta
Svaluto Moreolo, pagg. 530, Euro 19,50
Il
corvo aveva il ruolo di messaggero alato, di commentatore, di trait-d’union tra Oriente e Occidente
nel precedente romanzo breve intitolato proprio “Il corvo” di Kader Abdolah, lo
scrittore che, nato in Iran, ha trovato asilo politico nei Paesi Bassi nel 1988
e ha adottato ‘la lingua della libertà’ come propria. E il pappagallo- l’uccello dalle piume colorate che svolazza in tanti
arazzi, che si vede appollaiato sui rami dell’albero della vita in tanti
tessuti orientali- sostituisce il corvo nel romanzo appena pubblicato, “Un
pappagallo volò sull’Ijssel”. Ne “Il corvo”, Kader Abdolah raccontava la sua
storia rivestendo i panni del personaggio Refid Foaq, nel nuovo libro un poco di Kader Abdolah spunta in ognuno
dei protagonisti- tutti immigrati di cultura islamica che provengono da
paesi diversi del Medio Oriente, tutti con storie di persecuzioni e fughe alle
spalle, tutti sradicati dal loro paese: hanno perso famiglia, casa, lavoro,
paesaggio, clima. Soprattutto hanno
perso la loro lingua.
La lingua è la patria, la lingua è la propria
identità: chi siamo senza una lingua? Forse
per questo la bimba Tala, figlia di Memed, uno dei personaggi principali, è
sordomuta e soltanto in Olanda, frequentando una scuola speciale, inizia a dire
le prime parole, come fosse nata lì una seconda volta.
Memed viene dall’Iran, ma non è un perseguitato politico. E’
il suo segreto: Memed ha una sola speranza per il futuro della figlia il cui
nome significa ‘oro’ in persiano. Tala ha una grave malattia cardiaca, in Olanda
potranno farle un’operazione che le permetterà di vivere- è per questo che
Memed ha mentito, che ha stracciato i documenti per non essere rimandato
indietro. Erano tutti insieme nel centro di accoglienza, Memed, Tala, Pari e il
marito, il colonnello siriano con la moglie e i due figli, i dodici anziani,
Khalid e altri ancora. Verranno mandati in quattro
paesini sulle sponde dell’Ijssel, nel cuore dell’Olanda. Lina sarà la loro
interprete, vive da anni in Olanda, diventerà un’amica.
Zwolle |
Con il suo stile pacato che lascia spesso
affiorare il tono favolistico e poetico
della tradizione persiana, Kader Abdolah ci narra di quello che succede quando
si è trapiantati in una terra diversa. E, dalla sua posizione privilegiata di
‘vecchio’ immigrato ormai naturalizzato olandese, Kader Abdolah può raccontarci
dei cambiamenti che avvengono da una
parte e dall’altra, dello stupore e
della perplessità con cui gli abitanti dei paesi (di fede rigorosamente
protestante) osservano l’arrivo dei nuovi ospiti- le donne velate, le
carnagioni scure, gli occhi di brace, i baffi, i comportamenti che per loro
sono del tutto stravaganti- e dell’uguale
meraviglia e incomprensione da parte degli immigrati. Eppure, in
quell’ultimo ventennio del secolo passato, c’era ancora apertura e disponibilità verso i profughi- gli abitanti del paese
sono gentili, si commuovono davanti alla sorte di Tala, cercano di aiutare
Memed che trova lavoro come meccanico, così come a Pari verrà data la
possibilità di pubblicare degli articoli sul giornale locale (il suo insegnante
le corregge i comprensibili errori nella nuova lingua) e l’egiziano Khalid si
occuperà del restauro di documenti museali (la sua era una famiglia di
miniatori del Corano) e diventerà anche famoso come pittore di ‘gay’.
L’amore in tutte le sue forme- ecco un’altra novità, un altro
cambiamento per gli immigrati. Era inevitabile che fiorissero gli amori, che le
donne olandesi si innamorassero di quegli uomini scuri e focosi, che i solidi
uomini olandesi si presentassero come un saldo appoggio alle donne approdate
sulle sponde dell’Ijssel. Finiscono dei matrimoni ( e, almeno nel caso di Pari,
le conseguenze saranno tragiche), si
allacciano nuovi legami che portano spesso anche alla scoperta del sesso,
si resta sconcertati davanti all’esibizione
dell’amore omosessuale.
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.net
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