giovedì 8 settembre 2016

Jonathan Safran Foer, "Ogni cosa è illuminata"- Intervista 2002

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INTERVISTA A JONATHAN SAFRAN FOER, autore di "Ogni cosa è illuminata"


Jonathan Safran Foer è a Milano per due giorni intensissimi di interviste. Questa sera il suo libro, "Ogni cosa è illuminata", sarà presentato da Irene Bignardi e Moni Ovadia allo spazio Krizia. La sua fotografia è su tutti i quotidiani: un successo straordinario -  e meritato - per questo ragazzo di 25 anni che abita a New York, ha un laurea in filosofia e l' aspetto garbato e serio di un bravo studente di liceo.

 Prima di leggere il romanzo, il titolo mi ha fatto pensare ai libri "illuminati", i preziosi libri miniati. Poi mi sono resa conto che la parola assumeva altri significati nel testo.
     Sì, avevo in mente i libri "illuminati", devo dire che ho tratto ispirazione dai libri d' arte tanto quanto dai romanzi, e ho cercato di fare un libro "illuminato". Ho cercato di scrivere un libro che comunicasse visivamente qualcosa di più delle semplici parole. E, come dice lei, ci sono altri significati - nel corso della storia le cose diventano chiare, è come se si sollevasse una foschia. E poi c' è la famosa scena in cui tutti i personaggi fanno l' amore ed è come se emanassero una luce.

Uno dei personaggi principali ha il suo nome: quanto c' è di lei stesso, fino a che punto la storia del personaggio Jonathan è la sua storia?
    E' una domanda difficile. Ci sono molte circostanze in comune: io ho fatto veramente un viaggio di 3 giorni in Ucraina e avevo con me una fotografia. Ma la storia che segue, le esperienze dei personaggi sono diverse. Non ho mai incontrato Alex. Quello che ho fatto è stato uno sforzo per essere sincero dal punto di vista delle emozioni, ed è stato non solo utile, ma necessario.


 Alex chiama sempre Jonathan "l' eroe", ma c'è una sfumatura di ironia.
     La nozione di Jonathan come un eroe resta solo nell' immaginazione di Alex, proprio come la sua nozione idealizzata di quello che è l' America. Quando Jonathan scende dal treno subentra la realtà. Tutti i personaggi hanno dei nomi, ma il loro ruolo è mutevole: non è mai certo chi è un eroe e chi no, chi è padre e chi è figlio. La storia del libro è una storia di cambiamenti di nome, da uno all'altro. Cambiamenti di personalità: il libro inizia con Alex che sembra uno sciocco e Jonathan un eroe, e poi finisce esattamente al contrario.

Più che la storia del villaggio e la storia del viaggio, il libro è in realtà sulla colpa e la responsabilità collettiva, sul male attivo e passivo, di chi non fa niente per impedire il male.
    La cosa interessante è che tutto è illuminato, ma alla fine non ne sappiamo molto di più. Non sappiamo chi è colpevole e di che cosa è colpevole. C' è il senso di responsabilità collettiva della colpa e anche la responsabilità collettiva di perdonare e andare avanti. Andare avanti esige un prezzo molto alto. Il nonno di Alex, nel suo sforzo per far andare avanti la famiglia, sente che è necessario che lui si uccida. Alex sente di doversi distaccare da suo padre.


 Un romanzo dovrebbe essere uno specchio vero della vita? Alex si domanda se non sarebbe meglio abbellire la verità.
    Un romanzo dovrebbe essere la vita stessa, ma non c' è motivo per cui dovrebbe rispecchiare fedelmente i fatti. Moltissimi romanzi si allontanano dalla realtà pur restando fedeli alle emozioni della vita. Per evocare certe emozioni è necessario allontanarsi dalla realtà.


 Quale dei tre registri narrativi del libro le è stato più difficile scrivere?
    Ognuno è stato difficile a suo modo: la densità della storia richiedeva grande concentrazione, ma anche il linguaggio di Alex esigeva concentrazione. La storia dipendeva da idee e immagini, il racconto di Alex dalla lingua e dall' umorismo.

 Ha scritto anche lei, come Alex, con l' aiuto  del dizionario dei sinonimi?
    No, perché in realtà mi trovavo a Praga mentre scrivevo e non avevo con me il dizionario dei sinonimi.

Che cosa significa, trovarsi famoso così giovane? Il successo le ha cambiato la vita?
    In America non si è famosi se si è uno scrittore, almeno non da essere riconosciuti per strada. Quindi è stato facile, la mia vita non è cambiata. Penso che sia meglio, in un certo senso, non diventare veramente famosi, perché in questo modo si mantiene la purezza della scrittura.

 Sta lavorando ad un secondo romanzo?
     Ho appena completato il canovaccio di un' altra storia. Ma ci vuole tempo. Per "Ogni cosa è illuminata" ho scritto una bozza in 10 giorni, poi ho impiegato due anni per scrivere il libro. Il risultato è stato un romanzo profondamente diverso.



Jonathan Safran Foer, "Ogni cosa è illuminata"
Ed. Guanda, pagg. 327, Euro 14,50


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