Voci da mondi diversi. Asia
il libro ritrovato
Duong Thu Huong, “La valle dei sette innocenti”
Ed. e/o, trad. Gaja Cenciarelli, pagg. 243, Euro 15,00
La guerra del Vietnam, dall’altra
parte
“Ascoltai gli ululati del vento
nella Gola delle Anime Perse per tutta la notte”- inizia così il racconto del
giovane Quan, ventottenne soldato vietcong. Ed è questo suono lugubre insieme al
buio della notte, all’angustia del luogo e a una vaga presenza di spiriti
incorporei che stabilisce l’atmosfera di questo libro di guerra della
scrittrice vietnamita, Duong Thu Huong. Quella del Vietnam è stata forse la
prima occasione di uno scontro di coscienze in America e di un’ opposizione,
soprattutto giovanile, alla politica del governo, e ne abbiamo letto tanto,
abbiamo visto fotografie e film su questa guerra, ma sempre attraverso il filtro
americano. Proviamo un’impressione strana, leggendo il libro di Duong Thu Huong,
perché porta in primo piano quei personaggi che non avevano un viso nelle
pagine americane, che apparivano e sparivano nella giungla nei film, che correvano
o cadevano sotto le bombe e le fiamme e gli spari. Qui gli americani sono
“maledetti” o “bastardi”, ma ne appare solo uno che dà origine a una discussione
se si debba ucciderlo o no, perché l’attenzione è sulla insensatezza della
guerra, come si vede quando Quan si impone perché venga rispettata la convenzione
di Ginevra e riflette che, chissà, anche l’americano sarà rimasto intrappolato
in un’ideologia, avrà creduto in quello che gli è stato detto, proprio come
loro.
Sono passati dieci anni da quando Quan si è arruolato insieme ai suoi
amici, Luong e Bien. Adesso Luong è un ufficiale e non può vacillare nella sua
fedeltà agli ideali comunisti, mentre Quan
non sa più che cosa sia giusto credere, oscilla tra presente e passato,
registra gli orrori che vede e ricorda l’infanzia dominata dalla guerra contro
i francesi, il padre quasi sconosciuto perché sempre lontano, la mamma, il
fratello minore alla cui nascita lui, Quan, aveva assistito, spaventato dal
sangue, rallegrato dal segno inequivocabile di una nuova vita. Che spreco- suo
fratello è già morto, quante vite sprecate, quanti morti, c’è un luogo sulle
montagne in cui si lavora a ritmo serrato per fabbricare bare e si fa fatica a
stare dietro alla richiesta, c’è una caverna davanti a cui Quan ha trovato
sette scheletri ripuliti dalle termiti- è la valle dei Sette Innocenti-, c’è
quell’altro scheletro disteso su un’amaca che ha lasciato un messaggio perché vengano riportati a sua
madre lo zaino e il flauto, c’è il plotone di cadaveri marcescenti della
tremenda battaglia del 1968, ci sono tutti i morti caduti nelle operazioni dal
nome risonante, Onde del Fiume Rosso (di cento uomini ne erano sopravvissuti
diciassette), Stella del Nord (dodici i rimasti del battaglione). E poi c’è la
fame dei soldati e della gente comune, la malaria e la dissenteria, e l’amico Bien
che finge di essere pazzo per non essere più mandato a combattere, e la ragazza
che Quan ha promesso di sposare che è stata violentata. “La rivoluzione, come
l’amore, fiorisce e appassisce. Ma, a differenza dell’amore, la rivoluzione
marcisce molto più in fretta”.
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