Voci da mondi diversi. Cina
il libro ritrovato
Zhang Jie, “Senza parole”
Ed. Salani, trad. Maria Gottardo
e Monica Morzenti, pagg. 315, Euro 16,80
Titolo originale (in
trascrizione): Wu Zi
La
differenza d’età decise sin dall’inizio del matrimonio le loro posizioni, soprattutto
per quanto riguardava la vita sessuale. Lei ritenne sempre che l’autostima di
quell’uomo già anziano fosse molto più importante della propria e quindi, per
quanto lui la ferisse, non volle mai reagire, temendo ripercussioni fatali. Se
fosse stato più giovane di lei, o maggiore solo di qualche anno, certo non
sarebbe stata così magnanima.
Ad una prima veloce lettura il romanzo
“Senza parole” sembra una complicata storia d’amore, con un marito che lascia
la prima moglie per sposare una donna molto più giovane e che divorzia da
questa, vent’anni più tardi, ritornando dall’altra. Ma, leggendo il libro con
maggiore attenzione, ci accorgiamo che c’è molto di più nel romanzo della
scrittrice cinese Zhang Jie, candidata al premio Nobel della Letteratura e
vincitrice di innumerevoli premi con questo libro. C’è la storia d’amore di Wu
Wei per Hu Bingchen e quella più piatta della relazione coniugale tra Hu
Bingchen e la prima moglie Bai Fan, ma tutto inizia dalla fine, dalla follia di
Wu Wei, quando è ormai una famosa scrittrice: “Per tutta la vita si era
preparata a scrivere questo romanzo, ma una volta iniziato aveva perso la
ragione”. E allora è inevitabile riandare indietro, spiegando il legame
fortissimo tra Wu Wei e la madre Ye Lianzi, e più indietro ancora- a come era
avvenuto che la nonna di Wu Wei, di famiglia agiata e istruita, fosse andata in
sposa al rozzo Ye Zhiqing.
La storia di tre generazioni di donne
finisce quindi per ricoprire un secolo di storia della Cina e la complessità
delle vicende personali è pari a quella dell’evoluzione dell’intero paese che è
passato da un regime feudale al moderno capitalismo attraversando lotte interne
tra Nazionalisti e Comunisti, una guerra contro il Giappone invasore, la Rivoluzione Culturale
e il governo del Grande Timoniere. Senza che ci fosse una vera adesione
ideologica ad un partito piuttosto che ad un altro, uomini e donne spinti dal
caso, da eventi esterni a loro, a fare scelte di schieramenti politici come
pure di un compagno di vita. Per poi capovolgere queste scelte, o abbandonare
la moglie o il marito, sempre nel mezzo di infinite difficoltà.
E l’impressione che ha il lettore
di “Senza parole” è proprio quella di essere lui stesso travolto dal turbine
della Storia, che è come un gigantesco mulinello creato dal vento- si avvolge
su se stesso in spirale, si srotola indietro, riprende forza e sospinge in
avanti tutto quello che trova sul suo cammino. Così sono le storie dei
personaggi del romanzo, mentre il tempo della narrazione si sposta in entrambe
le direzioni, avanti e indietro, mescolando le carte, soffermandosi sulle
vicende dell’uno o dell’altro, ritornando sempre alla domanda, ‘quando si sono
mostrati i primi segni della follia di Wu Wei?’. Forse quando si era messa a
piangere a dirotto durante la lezione di musica? oppure quando era stata
bastonata a sangue dal maestro per aver detto che un compagno aveva saputo in
anticipo il testo del compito? O addirittura quando, bambina di due anni,
doveva passare tutto il giorno al gelo dell’aria aperta, aspettando che la
mamma finisse di lavorare?
Da una parte la lotta per la
sopravvivenza quotidiana delle donne, dall’altra quella degli uomini al seguito
del capo del momento. Per finire per constatare che “al tempo ogni azione
sembrava urgente e indispensabile, ma riconsiderandole col senno di poi, anche
se non ci fossero state, la Repubblica
Popolare Cinese sarebbe nata lo stesso. A cosa erano servite
le sofferenze e i rischi che lui e quel soldato di ventura che aveva davanti
avevano patito? E non si trattava solo di loro due, ma di tutto il popolo
cinese che da duemila anni veniva vessato e ucciso da questi o da quelli, senza
che il proprio sacrificio fosse valso a qualcosa”.
“L’amore più grande lascia senza parole”:
è da questa citazione del testo cinese “Daodejing”, il Classico della Via e
della Virtù, che deriva il titolo del romanzo di Zhang Jie. Ma tutta la storia
della Cina lascia senza parole, non ne trova a sufficienza per essere
raccontata, tale ne è la complessità, ma anche la sofferenza e lo smisurato
numero di vittime.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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