cento sfumature di giallo
vento del Nord
il libro ritrovato
Sottotitolo: I morti
del burrone dei suicidi
Håkan Nesser, “L’uomo che odiava i
martedì”
Ed. Guanda, trad. Barbara Fagnoni, pagg.471, Euro 19,00
Un prologo: un ragazzino sente i
genitori che litigano, è il 1958. Una scena così breve che ce ne dimentichiamo,
proseguendo la lettura del nuovo romanzo di Håkan Nesser che ha come protagonista
l’ispettore Gunnar Barbarotti. Una lettura che ci assorbe interamente, che è
impossibile interrompere, non tanto, o non solo, perché siamo curiosi di
risolvere l’enigma poliziesco, ma perché ci interessa leggere le storie della
vita dei personaggi e le vicende di Barbarotti e della sua collega Eva Backman,
seguendo i filoni di quattro diverse narrative.
Dopo il brevissimo
inizio, la scena si sposta immediatamente alla fine degli anni ‘60 a Uppsala,
la cittadina universitaria dove si incontrano, prima o poi, Rickard e Anna,
Tomas e Gunilla, Germund e Maria. Un balzo nel presente, è il 2010: un uomo
viene trovato morto nel precipizio dell’oca. E’ Germund Grooth. Si è suicidato?
in quel luogo, noto anche con il nome del ‘burrone dei suicidi’, nel 1975 era
morta Maria, la ragazza che allora conviveva con Germund. Era scivolata? Anche
lei si era suicidata? O qualcuno l’aveva spinta? Il caso era stato archiviato.
Le coincidenze non esistono, Barbarotti e Eva Backman pensano che la morte
nello stesso luogo, a trentacinque anni di distanza, di due persone che
formavano una coppia debba essere tutt’altro che un doppio incidente.
“L’uomo che odiava i martedì” è un romanzo
molto denso che passa agilmente dal filone del passato negli anni ‘70
(splendida ricostruzione degli entusiasmi di quegli anni che culmina con il
viaggio dei sei amici in pulman attraverso i paesi dell’Europa dell’Est) a
quello nel presente in cui si svolge l’indagine per la morte di Germund, con
una terza narrativa del diario in prima persona di Maria (nel passato) e una
quarta in cui ascoltiamo la registrazione degli interrogatorii di chi è rimasto
del gruppo originale.
E’ quasi un romanzo corale, “L’uomo che odiava i
martedì”, il romanzo di un gruppo di cui veniamo a conoscere tutto o quasi.
Come ognuno di loro abbia una zona di buio- il pastore Rickard che si interroga
sul senso della vita, la moglie Anna che era dichiaratamente di sinistra,
l’affascinante Tomas sempre pieno di idee (come quella di comprare un pulman e
organizzare viaggi economici nei paesi oltre cortina), la moglie Gunilla il cui
ex fidanzato si era suicidato, e Germund e Maria, infine, forse i più
intelligenti e più ‘strani’ del gruppo. Nel 1973 i sei avevano fatto quel
viaggio colmo di aspettative gioiose, attraverso la Polonia, la
Cecoslovacchia, la Romania e la
Bulgaria, poi non si erano quasi più visti. Era veramente solo perché avevano
avuto modo di conoscersi fin troppo bene in quel mese in giro per l’Europa?
Tra i tanti commissari della letteratura
poliziesca Gunnar Barbarotti si distingue perché è ‘il poliziotto che parla con
Dio’. Forse un po’ meno di frequente da quando ha sposato Marianne e vive con
lei e i loro cinque figli (avuti da diversi coniugi), ma resta di certo il
commissario più incline a meditazioni filosofiche che, in questo romanzo, lo
avvicinano a Rickard, il pastore teologo. Barbarotti si immedesima nella
situazione di Rickard al capezzale della moglie ammalata di cancro perché anche
lui teme di poter perdere Marianne che è stata operata per un aneurisma. In
più, prima di incontrare lui, Marianne aveva avuto una relazione con Germund
Grooth: ma, esistono le coincidenze?
Un romanzo è veramente bello quando sfugge
alle regole che vorrebbero rinchiuderlo in un genere. La complessità umana dei
personaggi de “L’uomo che odiava i martedì”, la bravura con cui Nesser
approfondisce e alterna le diverse narrative, i quesiti che inevitabilmente
gira dai personaggi ai lettori e, in più, l’enigma poliziesco che solletica la
curiosità, fanno di questo libro un “romanzo-romanzo”, un’ottima lettura.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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