Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
love story
biografia romanzata
Amy Bloom, “Due donne
alla Casa Bianca”
Ed. Fazi, trad. G. Cuva, pagg. 196, Euro 18,00
Verrebbe da dire,
‘un romanzo costruito su pettegolezzi’, leggendo che “Due donne alla Casa
Bianca” è la storia d’amore di Eleanor Roosevelt, moglie del presidente
Franklin Delano Roosevelt, e la giornalista Lorena Hickock, ‘Hick’ per tutti. E
invece no. Negli anni della loro passione era un segreto di Pulcinella, anche
il Presidente ne era a conoscenza. Ma ci sono soprattutto le lettere tra le due
donne che ne sono una prova, anche se Hick ne distrusse moltissime per non
danneggiare la reputazione di Eleanor.
Amy Bloom,
psicologa e scrittrice, inizia a raccontare la storia d’amore- per bocca di
Hick- dal 1945 quando la guerra sta per finire, Franklin è appena morto
(accanto a lui non la moglie ma l’ennesima amante), la grande passione tra
Eleanor e Hick è finita ma, come osserva Hick parlando con il Presidente poco
prima che questi si trasferisca a Warm Springs dove morirà per emorragia
cerebrale, “I fuochi si spengono. Ma questo non vuol dire che non ci piaccia
star seduti davanti al caminetto.” “Undici anni fa vivemmo il nostro periodo
d’oro”, ricorda Hick, e i ricordi si inseguono, non rispettano i tempi, Amy
Bloom deve inquadrare per noi due personaggi che non hanno proprio niente in
comune.
Lorena Hickock cresciuta in una famiglia poverissima nel South Dakota,
violentata dal padre quando era ancora una bambina (un’esperienza che farebbe
diventare lesbica qualunque donna), mandata a servizio, riacciuffata dal padre,
capitata in un circo, approdata finalmente al giornalismo dove si sarebbe fatta
conoscere con alcuni articoli sul rapimento di Baby Lindbergh prima di essere
incaricata di scrivere di Eleanor Roosevelt. Non ne aveva scritto, poi, non
avrebbe potuto. Le avevano trovato un lavoro di giornalista investigativo, in
giro per il paese per sondare il livello di vita. Non è affatto bella, Lorena,
grossa e tozza. Non è neppure elegante. Neppure Eleanor era convenzionalmente
bella. Aveva però grandi occhi luminosi, aveva empatia e fascino. Ed era molto
generosa. Eleanor voleva sapere come vivesse la gente comune- durante la guerra
si mangiava malissimo alla Casa Bianca, ma Eleanor si era impuntata: non
dovevano avere niente di più né di meglio di quello che le tessere annonarie
davano a tutti i cittadini. A Eleanor pesavano tutti quei figli, ingovernabili
e capricciosi. E sapeva benissimo che il marito la tradiva.
Il presidente
Franklin D. Roosevelt è il terzo protagonista del romanzo, accanto alla moglie
e l’amica speciale di questa. Amy Bloom ne traccia un ritratto da stampa
scandalistica che ci riporta alla mente il sexgate in cui fu coinvolto Bill
Clinton e le dicerie (più che fondate) su John F. Kennedy (a proposito, Hick non
si fa scrupoli di definire Joe Kennedy ‘un pezzo di merda’, anche se poi dice
di essersi ricreduta sui figli). Franklin era un uomo affascinante, lo era
diventato ancora di più da quando, a 39 anni, la poliomelite (o la sindrome
Guillain Barré che indebolisce il sistema muscolare) lo rese disabile. Le donne
lo adoravano. Lui si lasciava adorare.
E le rimpiazzava se si era stancato o se
non potevano più stargli accanto, come accadde alla figura più tragica del
libro, la sua segretaria Missy LeHand che fu mandata a casa della sorella dopo
che un ictus l’aveva lasciata parzialmente paralizzata.
Amy Bloom alza il
sipario su un legame amoroso che all’epoca doveva essere scandaloso, ne scrive
con una penna leggera, con humour e brillantezza. Riesce a far rivivere
personaggi importanti presentandoli da un lato insolito, ne inventa altri (un
cugino gay di Eleanor), accenna alle condizioni di vita dopo la Depressione e
all’impegno sociale di Eleanor, descrive i funerali di Franklin D. Roosevelt
(il nostro pensiero corre a quelli di Kennedy). Se sospettiamo un pizzico di
pettegolezzo, ebbene, è come un pizzico di sale o di pepe su una bella storia.
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