vento del Nord
cento sfumature di giallo
Arnaldur Indriðason, “Quel che sa
la notte”
Ed. Guanda,
pagg. 317, trad. A. Storti, Euro 18,60
Sembra una triplice freddura, dire che la
trama di un romanzo è un ‘caso freddo’ in Islanda. Quello del nuovo romanzo di
Arnaldur Indriðason è veramente
freddissimo, addirittura surgelato: adesso che i turisti hanno scoperto
l’Islanda, adesso che i ghiacciai si stanno sciogliendo, è proprio un gruppo di
turisti tedeschi che vede il volto di un uomo nella trasparenza del ghiaccio. I
trent’anni passati dalla sua scomparsa non hanno inciso sul suo aspetto, ci ha
pensato la tomba di ghiaccio a tenere in fresco e inalterato Sigurvin, che
viene- naturalmente- identificato subito.
Konrað, il commissario che si era occupato
del caso, è ormai in pensione, ma è ovvio che venga consultato e che, in
maniera non ufficiale, partecipi alle indagini. Anche perché- come avviene
sempre per i casi irrisolti, la scomparsa di Sigurvin aveva continuato ad
essere un rovello per lui, collegato anche ad un increscioso episodio in cui
Konrað aveva perso le staffe con un indiziato e, di conseguenza, era stato
allontanato dalla polizia per un anno. L’uomo che era stato sospettato del
crimine e che aveva sempre proclamato la sua innocenza, chiede di parlare con
Konrað: sta morendo di cancro, ribadisce la sua estraneità all’omicidio- che
senso avrebbe per lui mentire adesso? Spuntano fuori nuove testimonianze e
nuovi dettagli- un bambino (nove anni all’epoca dei fatti) aveva visto un
fuoristrada nei pressi dei piedi del ghiacciaio, i nuovi proprietari della casa
dove un tempo aveva abitato Sigurvin avevano ritrovato un sacchetto pieno di banconote,
incidenti che forse poi non erano incidenti in cui erano morte delle persone
che, forse, in qualche maniera, erano collegate a Sigurvin, suicidi che forse
erano omicidi camuffati da omicidi. Lentamente, pezzo dopo pezzo, sempre
inseguito dai suoi demoni personali, Konrað riuscirà a dipanare le fila della
matassa e a risolvere il caso. E la fine ha una sua giustizia.
Un personaggio nuovo sulla scena, questo
Konrað che inaugura una nuova serie dello scrittore islandese Arnaldur Indriðason di
cui abbiamo amato i precedenti romanzi. Se Erlendur, il protagonista degli
altri libri, era tormentato dal ricordo del fratellino scomparso durante una
tempesta e aveva fatto della ricerca delle persone scomparse la sua principale
ossessione, Konrað non può cancellare la sua esperienza di vita accanto ad un
padre alcolizzato, violento, truffatore, morto accoltellato- un altro caso non
risolto. C’era stato un periodo, nella vita di Konrað, in cui aveva ricalcato
le orme del padre. E chissà se non avrebbe fatto la stessa fine se non avesse
incontrato Erna, la donna della sua vita, la moglie che è morta troppo presto.
In più- e questo è un dettaglio che avrà la sua importanza nella trama- Konrað
è nato con un braccio meno sviluppato dell’altro, il che lo aveva reso vittima
di bullismo a scuola.
E tuttavia, non è tanto il protagonista a
rendere diverso il ‘giallo’ di Arnaldur Indriðason. E non è neppure la trama, per
quanto ben congegnata. E’ l’Islanda, con il suo paesaggio grandioso e cupo, con
il suo clima che gela il corpo e i sentimenti, con i troppo pochi giorni
chiari, con la solitudine che imprigiona la sua gente, che spinge gli islandesi
a bere, bere senza misura. Quasi tutti i personaggi di Indriðason hanno
un problema con l’alcol. O lo hanno avuto. La felicità, se esiste, dura poco,
il tempo di un’eclissi di luna che Konrað e la moglie guardano insieme prima
che lei muoia. E intanto questa stessa natura dell’Islanda si sta sciogliendo e
Arnaldur Indriðason lancia un grido di allarme.
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La recensione sarà pubblicata anche su www.stradanove.it
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