mercoledì 18 settembre 2019

Amy Bloom, “Due donne alla Casa Bianca” ed. 2019


                                         Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                                   love story
   biografia romanzata

Amy Bloom, “Due donne alla Casa Bianca”
Ed. Fazi, trad. G. Cuva, pagg. 196, Euro 18,00

      Verrebbe da dire, ‘un romanzo costruito su pettegolezzi’, leggendo che “Due donne alla Casa Bianca” è la storia d’amore di Eleanor Roosevelt, moglie del presidente Franklin Delano Roosevelt, e la giornalista Lorena Hickock, ‘Hick’ per tutti. E invece no. Negli anni della loro passione era un segreto di Pulcinella, anche il Presidente ne era a conoscenza. Ma ci sono soprattutto le lettere tra le due donne che ne sono una prova, anche se Hick ne distrusse moltissime per non danneggiare la reputazione di Eleanor.
    Amy Bloom, psicologa e scrittrice, inizia a raccontare la storia d’amore- per bocca di Hick- dal 1945 quando la guerra sta per finire, Franklin è appena morto (accanto a lui non la moglie ma l’ennesima amante), la grande passione tra Eleanor e Hick è finita ma, come osserva Hick parlando con il Presidente poco prima che questi si trasferisca a Warm Springs dove morirà per emorragia cerebrale, “I fuochi si spengono. Ma questo non vuol dire che non ci piaccia star seduti davanti al caminetto.” “Undici anni fa vivemmo il nostro periodo d’oro”, ricorda Hick, e i ricordi si inseguono, non rispettano i tempi, Amy Bloom deve inquadrare per noi due personaggi che non hanno proprio niente in comune.
Lorena Hickock cresciuta in una famiglia poverissima nel South Dakota, violentata dal padre quando era ancora una bambina (un’esperienza che farebbe diventare lesbica qualunque donna), mandata a servizio, riacciuffata dal padre, capitata in un circo, approdata finalmente al giornalismo dove si sarebbe fatta conoscere con alcuni articoli sul rapimento di Baby Lindbergh prima di essere incaricata di scrivere di Eleanor Roosevelt. Non ne aveva scritto, poi, non avrebbe potuto. Le avevano trovato un lavoro di giornalista investigativo, in giro per il paese per sondare il livello di vita. Non è affatto bella, Lorena, grossa e tozza. Non è neppure elegante. Neppure Eleanor era convenzionalmente bella. Aveva però grandi occhi luminosi, aveva empatia e fascino. Ed era molto generosa. Eleanor voleva sapere come vivesse la gente comune- durante la guerra si mangiava malissimo alla Casa Bianca, ma Eleanor si era impuntata: non dovevano avere niente di più né di meglio di quello che le tessere annonarie davano a tutti i cittadini. A Eleanor pesavano tutti quei figli, ingovernabili e capricciosi. E sapeva benissimo che il marito la tradiva.

    Il presidente Franklin D. Roosevelt è il terzo protagonista del romanzo, accanto alla moglie e l’amica speciale di questa. Amy Bloom ne traccia un ritratto da stampa scandalistica che ci riporta alla mente il sexgate in cui fu coinvolto Bill Clinton e le dicerie (più che fondate) su John F. Kennedy (a proposito, Hick non si fa scrupoli di definire Joe Kennedy ‘un pezzo di merda’, anche se poi dice di essersi ricreduta sui figli). Franklin era un uomo affascinante, lo era diventato ancora di più da quando, a 39 anni, la poliomelite (o la sindrome Guillain Barré che indebolisce il sistema muscolare) lo rese disabile. Le donne lo adoravano. Lui si lasciava adorare.
E le rimpiazzava se si era stancato o se non potevano più stargli accanto, come accadde alla figura più tragica del libro, la sua segretaria Missy LeHand che fu mandata a casa della sorella dopo che un ictus l’aveva lasciata parzialmente paralizzata.
     Amy Bloom alza il sipario su un legame amoroso che all’epoca doveva essere scandaloso, ne scrive con una penna leggera, con humour e brillantezza. Riesce a far rivivere personaggi importanti presentandoli da un lato insolito, ne inventa altri (un cugino gay di Eleanor), accenna alle condizioni di vita dopo la Depressione e all’impegno sociale di Eleanor, descrive i funerali di Franklin D. Roosevelt (il nostro pensiero corre a quelli di Kennedy). Se sospettiamo un pizzico di pettegolezzo, ebbene, è come un pizzico di sale o di pepe su una bella storia.

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