Voci da mondi diversi. Area germanica
cento sfumature di giallo
Harald Gilbers, “La lista nera”
Ed.
Emons, trad. A. Ricci, pagg. 440, Euro 16,00
Un prologo datato maggio 1946. Un uomo
terrorizzato in fuga. Quattro di ‘loro’ sono già morti. Un angelo stilizzato è
stato inciso sulla sua porta: sarà lui la prossima vittima?
La scena si sposta a Berlino, dicembre
1946. Gli scrittoi degli uffici della Croce Rossa sono sommersi da
incartamenti: un tedesco su quattro risulta disperso, dieci milioni di soldati
della Wehrmacht sono prigionieri in Russia, quattordici milioni di persone sono
fuggite verso ovest dagli ex territori orientali tedeschi. Le schede di
identificazione e le domande di ricerca si ammassano negli uffici. Un lavoro
immane. E svolto in condizioni estremamente disagevoli. Fa freddo a Berlino. Il
morso del freddo si fa sentire ancora di più se non c’è alcun tipo di
riscaldamento nelle stanze in cui gli impiegati lavorano, tenendo addosso
cappotto, cappello, guanti. Tra di loro, Richard Oppenheimer, l’ ex commissario
di polizia ebreo estromesso dalle forze dell’ordine durante il regime nazista,
ancora in vita grazie alla moglie ariana, già protagonista di una trilogia di
romanzi dello scrittore tedesco Harald Gilbers. E adesso c’è di nuovo bisogno
di lui, anche se non in veste ufficiale, per indagare su un caso: è stato
ritrovato il corpo di un uomo non giovane, nudo, con le braccia ricoperte da
nomi scritti con l’inchiostro, in bocca un pezzo di carta bruciacchiato con
altri nomi.
Che ci saranno altri morti, è facile da
intuire. Così come è facile capire che il desiderio di vendetta è la molla che
spinge l’assassino a dare la caccia alle sue vittime, a prenderle prigioniere,
a far fiutare loro l’odore della paura, a piegare la loro volontà, a ridurle
come animali, pronte a tutto pur di aver salva la vita. Intuiamo anche che
l’immane tragedia che la Germania non si è ancora lasciata alle spalle ha a che
fare con le motivazioni dell’anomalo serial killer che si firma con il disegno
stilizzato dell’angelo della morte, Azrael. E la doppia caccia- quella
dell’angelo vendicatore che sembra considerare suo dovere eliminare dal mondo il
Male incarnato negli uomini che sta cercando e quella di Oppenheimer che lo
insegue, in una corsa contro il tempo per fermarlo e impedire altre morti- si
fa sempre più incalzante, rischia di essere paralizzata dal gelo che
intorpidisce gli arti e che rende difficile l’inseguimento (l’unico mezzo che
Oppenheimer ha a disposizione è una bicicletta), termina in uno scenario che
sembra essere un paesaggio dell’anima, su un’imbarcazione bloccata nel mezzo di
un lago ghiacciato prima di essere avvolta nelle fiamme dell’incendio appiccato
dall’uomo braccato- Some say the world
will end in fire,/Some say in ice, sono i versi di Robert Frost che ci
vengono in mente mentre noi lettori tremiamo di freddo e di ansia per la sorte
di Oppenheimer e sì, anche per quella dell’assassino.
E’ questa la singolarità del romanzo “La lista
nera” di Harald Gilbers. Un’ambiguità che condivide con altra narrativa post
bellica, che ci rende incapaci di prendere una posizione decisa: si deve
mettere sullo stesso piano con il Male in assoluto, il Male fatto per punire il
Male? La giustiza-fai-da-te è comprensibile, soprattutto se si è testimoni di
quanto siano larghe le maglie della giustizia ufficiale, ma è accettabile? Per
questo Richard Oppenheimer è un personaggio vincente, perché lui stesso è la
personificazione dell’ambiguità- l’ebreo scampato allo sterminio, l’ispettore
che agisce in veste ufficiosa e meglio di chiunque altro può immedesimarsi
nell’assassino pur dovendo fare di tutto per salvare le sue altre potenziali
vittime.
C’è
molto su cui riflettere nel romanzo di Gilbers. C’è un ripensamento collettivo
sull’epoca nazista che ha portato alla sciagurata guerra di cui i tedeschi
stanno pagando le conseguenze in un’espiazione più o meno consapevole. C’è
Berlino in primo piano, Berlino ferita a morte, Berlino in macerie e alla fame,
nella morsa del gelo di quello che Oppenheimer definisce un inverno di guerra
anche se la guerra è finita da un anno e mezzo- si fanno code per comprare
qualcosa da mangiare, chi può ricorre al mercato nero, ci si sveglia con il
ghiaccio sulle coperte, i bambini rimasti orfani vivono (e muoiono) in strada o
negli insufficienti ripari offerti da facciate pericolanti rimaste in piedi sul
vuoto.
Un libro che è un modo diverso per
rivivere la Storia.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
lo scrittore sarà presente al Festival della Letteratura di Mantova
seguirà l'intervista con lo scrittore
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