Voci da mondi diversi. Cina
saggio
testimonianze
il libro ritrovato
Xinran, “Le figlie perdute della Cina”
Ed. Longanesi, trad. Valentina
Quercetti, pagg. 244, Euro 17,60
Titolo originale: Message from an Unknown Chinese Mother
All’improvviso, finalmente,
compresi. Ero inorridita. Possibile che l’avessero abbandonata alla stazione di
Xi’an? Ma era chiaro che sua moglie stava aspettando un altro bambino, e se
avessero avuto già una figlia non avrebbero potuto nascondersi in alcun luogo.
L’Ufficio per la pianificazione delle nascite non avrebbe dato loro tregua e li
avrebbe perseguitati con severità. Quei genitori avevano abbandonato davvero la
loro figlioletta nel cuore della notte in un luogo estraneo? Quasi non osavo
pensarlo…
Centoventimila orfani cinesi adottati all’estero alla fine del 2007,
quasi tutte bambine. Non si hanno dati per le neonate soppresse alla nascita: è
come se non si fossero mai affacciate su questo mondo. E non è neppure esatto
parlare di ‘orfani’, perché la parola presuppone che i genitori siano deceduti.
Le bambine adottate sono le bambine fortunate che sono state abbandonate-
davanti alla porta di un orfanotrofio, o di un ospedale dove sono state
soccorse e salvate. A volte sono state lasciate nei gabinetti pubblici, o
vicino a raccoglitori di immondizie, e allora è stato veramente per una qualche
forza vitale nei loro corpicini se sono riuscite a sopravvivere.
Partendo da questi dati
sconvolgenti la giornalista e scrittrice Xinran ha svolto delle ricerche, ha
ascoltato confidenze e confessioni, cercando di capire e di spiegare nel suo
libro “Le figlie perdute della Cina” il perché di questo femminicidio che dura
tutt’ora, nel secolo XXI, quando è diffusa la convinzione di vivere in un mondo
civilizzato. Come se il vertiginoso progresso tecnologico potesse di per sé
sconfiggere la barbarie.
Nella nota introduttiva Xinran cita le due
cause principali del fenomeno, una che affonda nel passato e una recente che si
è innestata sull’altra. Senza riandare al sistema di distribuzione della terra
iniziato 2000 anni avanti Cristo, tra
il 600 e il 900 dopo Cristo fu
stabilito che le donne non dovessero ricevere nessuna porzione di terra: i
maschietti erano la fonte della ricchezza famigliare. Quando poi, nel 1979, per
rallentare la crescita demografica della Cina, fu formulata la legge che
permetteva un solo figlio per ogni coppia, il destino delle bambine fu segnato.
Se il primo figlio che veniva al mondo era una femmina, era eliminata- è così
facile uccidere un neonato. La scrittrice ricorda di essere capitata in visita
ad una famiglia mentre una donna stava partorendo. Ricorda l’atmosfera di
spasmodica attesa dell’evento, il silenzio che era seguito, come se non fosse
successo nulla. Lei aveva visto dei piedini sporgere dal secchio dell’acqua
sporca.
Nello stesso tempo in cui Xinran svolgeva
la sua indagine, conduceva pure un programma radiofonico diretto alle donne.
Non solo era molto conosciuta, ma aveva anche un suo modo garbato, empatico,
istintivo, di attirare le confidenze: Xinran sapeva ascoltare. E sapeva
piangere insieme a chi le raccontava la sua esperienza. Ogni capitolo è una
storia, ogni capitolo aggiunge qualcosa. Parlano le mamme (“le mamme delle bambine hanno tutte lo strazio nel cuore!”), ricordano
la sofferenza, si soffermano su dettagli di visetti e manine di cui hanno
goduto per così poco tempo, si chiedono che vita facciano le figlie, se siano
state adottate, se i loro nuovi genitori sapranno renderle felici. Si domandano
soprattutto che cosa penseranno le figlie di loro, le mamme che le hanno
abbandonate. Parla una levatrice, specificando la differenza del compenso se il
bimbo che aveva aiutato a nascere era un maschio o una femmina (e allora il
prezzo comprendeva anche l’eliminazione). Parla una donna che ha lavorato in un
orfanotrofio (con le adozioni internazionali è scoppiato il boom degli
orfanotrofi). Parla un padre in fuga per far partorire la moglie dove nessuno
li conosca: hanno già abbandonato quattro figlie sui marciapiedi di
stazioncine. Xinran ha negli occhi la bimba che ha visto lei- un anno e mezzo,
aveva risposto al suo saluto, Xinran non si era resa conto che fosse rimasta
sola, là, lungo il binario del treno.
Le testimonianze raccolte da Xinran
servono da sfogo accorato e, soprattutto, per far sapere alle bambine cinesi
adottate all’estero che le loro mamme le hanno amate, le amano ancora, non
passa giorno senza che pensino a loro. Che alcune di queste mamme hanno tentato
il suicidio, che alcune sono riuscite a morire, perché non sopportavano il peso
della colpa, lo strazio nel cuore per
averle dovute abbandonare.
Avevo già letto dei romanzi con storie
delle ‘figlie perdute’ della Cina, ma il libro di Xinran, con lo stile
narrativo svelto e vivace che alterna il suo punto di vista con le voci
parlanti delle persone intervistate, ha un’impronta così reale che l’impatto
doloroso è più forte. Come donna mi sono chiesta quale sarebbe stato il mio
destino alla mia nascita, se fossi venuta al mondo in Cina. Come madre di tre
figlie mi sono domandata quale sarebbe stata la sorte delle mie bambine. E se
sarei stata capace di sopportarla, o avrei cercato di avvelenarmi ingerendo del
detersivo come la lavapiatti infelice del libro di Xinran.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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