Voci da mondi diversi. Penisola iberica
il libro ritrovato
Valter
Hugo Mãe, L’apocalisse dei lavoratori
Ed. Cavallo di Ferro, trad. Antonietta
Tessaro, pagg. 171, Euro 15,00
Titolo originale: o apocalipse dos trabalhadores
Apocalisse: ‘togliere il velo’, ‘rivelazione’,
in greco. L’apocalisse dei lavoratori dello
scrittore portoghese Valter Hugo Mãe toglie veramente il velo che lascia solo
intravedere la vita misera dei lavoratori, fatta di dura fatica e piccole
speranze, umiliazioni e soprusi e brevi sprazzi di felicità di cui bisogna
sapersi accontentare, con atavica rassegnazione.
Due domestiche, un pensionato, un giovane
immigrato ucraino: sono questi i personaggi principali di cui il lettore spia
la vita. Una delle due donne, Maria da Graça, serve da unione tra di loro. Sulla quarantina, sposata con Augusto
che è spesso via per mare, Maria da Graça ha dei sogni ricorrenti che sembrano
incubi: è alle porte del Paradiso, in mezzo ad una folla di gente che vuole
entrare e ad un’altra folla che vende souvenir della vita terrena, davanti ad
un severissimo san Pietro con cui lei si attarda a discutere. Maria da Graça
sogna di essere morta ammazzata dal signor Ferreira, il vecchio pensionato
sporcaccione che esige da lei altro che la pulizia della casa. E però è un uomo
colto che le parla di musica, pittura, letteratura. Maria da Graça ha un’amica,
Quitéria, che va a servizio come lei e con la quale si confida. Perché alla fin
fine a Maria da Graça fanno piacere le attenzioni del ‘maledetto’ signor Ferreira
e prova vero dolore quando questi si suicida gettandosi dalla finestra. E’
andata così che lui non ha ucciso lei ma se stesso.
Quitéria ha meno reticenze dell’amica. A
Quitéria piacciono gli uomini giovani. Gli immigrati dell’Est sono così belli,
alti e biondi. All’inizio la sua relazione con il ventitreenne Andriy è solo
fatta di sesso muto: come potrebbero parlare se lui non sa che poche parole di
portoghese? Poi diventa altro, sia per lui sia per lei. Forse per lui Quitéria
è un surrogato della madre, forse Quitéria prova anche un sentimento materno di
protezione verso questo ragazzo che piange perché non ha più notizie dei
genitori. E Quitéria spenderà tutti i suoi risparmi per due biglietti d’aereo
per andare con Andriy in Ucraina.
E’ la voce degli umili della terra, quella
che sentiamo ne L’apocalisse dei
lavoratori. Una voce che parla di lavoro, di fame, di morte, di dolore
dell’esilio, di nostalgia, di isolamento culturale perché non si ha studiato o
più semplicemente perché non si sa la lingua del posto dove il mercato
dell’occupazione li ha portati. Qui e là, in Portogallo e in Ucraina. Nel
Portogallo che per gli europei dell’Est è il ricco paese dove persino la
rivoluzione si fa con i fiori (non era noto come ‘la rivoluzione dei garofani’
il colpo di stato che aveva instaurato il regime democratico?) e nell’Ucraina
dove milioni di persone morirono di fame durante la carestia degli anni trenta,
causata dalla collettivizzazione forzata voluta da Stalin. E la minaccia della
polizia, insieme alla morte, serpeggia per tutto il libro. Nella cittadina di
Bragança, dove vivono Maria da Graça e Quitéria, la polizia sembra sospettare
che Maria da Graça sia responsabile della morte del pensionato; nella piccola
Korosten il padre di Andriy ha il terrore che la milizia venga a cercarlo.
Dietro i personaggi portoghesi, oltre alla morte del signor Ferreira, ci sono
le storie di morte del padre dello stesso signor Ferreira e del ragazzino che
cade dal tetto che sta riparando, della vecchia a cui le due domestiche fanno
la veglia funebre per cinquanta euro (fare le prefiche è il loro secondo
lavoro, su cui scherzano, tra il gioco e la paura di oscure presenze). Maria da
Graça versa ogni giorno della varechina nella zuppa del marito, mentre in
Ucraina c’è un ricordo di morte nel passato di spia del padre di Andriy…
Il signor Ferreira parlava a Maria da
Graça di Mozart, di Goya, di Proust. Il Requiem di Mozart è la colonna sonora
che meglio accompagna il romanzo, le tinte forti e cupe di Goya sono quelle che
più si addicono al libro di Valter Hugo Mãe, i personaggi sono ben lontani da
quelli de All’ombra delle fanciulle in
fiore ma c’è un’eco dell’innovazione stilistica di Proust nella narrazione
fluida, vicina al racconto orale, che non ha interruzioni tra dialogo, sogno,
pensiero. Non ci sono né maiuscole né virgolettature
di apertura e chiusura di discorso, solo punti e virgole, come se tutto fosse
in sottotono.
Nell’accezione più popolare l’apocalisse è
l’annuncio di un evento disastroso e catastrofico: anche questo significato è
appropriato per questo libro dal forte impatto dello scrittore che ha vinto,
nel 2006, il premio letterario José Saramago.
la recensione è stata pubblicata sulla rivista letteraria Stilos
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