cento sfumature di giallo
voci da mondi diversi. Cina
il libro ritrovato
"Visto per Shanghai", recensione e intervista con l'autore, Qiu Xiaolong
A due anni di distanza dal primo
romanzo dello scrittore cinese Qiu Xiaolong, la Marsilio pubblica “Visto
per Shanghai” (pagg. 357, Euro 16,50), la seconda indagine dell’ispettore Chen
Cao. Una figura di ispettore impossibile da dimenticare: sfuggito alla
rieducazione nelle campagne perché figlio unico, Chen si è laureato in
Letteratura Inglese dopo la Rivoluzione
Culturale ed è lui stesso un poeta nonché amante della buona
cucina (orientale). Accanto a lui ritroviamo in questo romanzo il poliziotto Yu
e suo padre, un poliziotto in pensione sempre disposto ad aiutare nelle
indagini, e, siccome il caso riguarda l’immigrazione clandestina in America,
c’è anche un nuovo “doppio” di Chen, un’affascinante investigatrice dell’FBI. Di
singolare, nei romanzi di Qiu Xialong, non c’è solo il personaggio
dell’ispettore Chen: è l’impianto stesso della trama a renderli diversi dalla
narrativa di genere. “Visto per Shanghai” si apre con un cadavere ritrovato nel
parco di Shanghai, ma è questo l’unico morto dell’intero libro in cui la
tensione è sostenuta in un’altra maniera, più sottile, complessa e
coinvolgente. Perché gli avvenimenti e l’indagine di Chen sono solo un pretesto
per tracciare un quadro della Cina di oggi e di ieri, tra citazioni di poesie, descrizioni
di usanze, rievocazione di eventi, proverbi cinesi che parlano di una saggezza
millenaria e degustazioni di squisitezze esotiche che lasciano via libera alle
nostre fantasie culinarie (che saranno mai le orecchie d’albero nere che
galleggiano nella zuppa d’anatra?). L’ispettrice americana Catherine Rohn è
arrivata in Cina per scortare negli Stati Uniti la moglie di un “pentito”
disposto a fare i nomi dei capi delle Triadi coinvolti nel traffico dei clandestini
in America- purché venga concesso il visto alla moglie Wen. Ma questa è
scomparsa. C’è qualche relazione fra l’ex Guardia Rossa Wen, una delle giovani
istruite inviate nelle campagne per la rieducazione negli anni ‘70, e il
cadavere dello sconosciuto trovato nel parco con indosso un pigiama di seta di
Valentino? guanxi, i contatti giusti, e lo yiqi,
cioè il sistema dello scambio di favori, l’armonia dello ying e dello yang e la
corruzione dilagante a tutti i livelli. C’è uno scontro finale con le Triadi,
lanci di bottiglie molotov e di asce volanti che per fortuna mancano il
bersaglio, e il successo dell’impresa farà avanzare nella carriera Chen che,
consapevole del significato politico della promozione, si domanda senza false
illusioni, “Cos’è che ci tiene/ sotto
incantesimo,/ la danza o il danzatore?”. Stilos ha intervistato lo
scrittore Qiu Xiaolong che vive in America, dove insegna letteratura cinese alla
Washington University.
Mentre Chen flirta elegantemente con Catherine, accompagnandola in
giro per Shanghai e nella lontana provincia del Fujian da dove la donna è
scomparsa, affiorano nei loro discorsi problemi e modi di vivere della Cina- il
controllo delle nascite che può essere tremendamente crudele per una coppia che
desidera altri figli, il commercio illegale ma tollerato delle marche
contraffatte, la scarsità degli alloggi, l’importanza di avere dei
Quando si è trasferito negli Stati Uniti? Dopo Tien-an-Men, come altri
intellettuali cinesi?
Sono arrivato negli
Stati Uniti come studente in visita alla fine del 1988, prima della tragedia di
Tien-an-Men. Avevo intenzione di restare solo per un anno, ma, dopo
Tien-an-Men, venne fatto il mio nome
alla Voce d’America come scrittore che sosteneva gli studenti cinesi e ci fu
una visita da parte della polizia nella mia casa di Shanghai. Sono stato perciò
obbligato a cambiare i miei piani e
fermarmi in America, ho dovuto studiare per prendere una laurea e dopo per il
Ph.D. alla Washington University. E’ stato un passo dopo l’altro e infine ho
iniziato a scrivere in inglese.
Quando è scoppiata la Rivoluzione Culturale
io frequentavo ancora la scuola elementare. Ma mio padre, che era il piccolo
proprietario di un’impresa prima del 1949, adesso era uno “sporco capitalista”
e fu soggetto alla “critica rivoluzionaria di massa”. Le Guardie Rosse
saccheggiarono il nostro appartamento in una delle cosiddette campagne per
“spazzare via i Quattro Vecchi”- che erano le vecchie idee, la vecchia cultura,
le vecchie usanze, le vecchie abitudini e, per le Guardie Rosse, anche i vecchi
libri. Poi venne il movimento che spediva la gioventù istruita nelle campagne
per essere rieducati dai contadini poveri e illetterati. Io ero uno dei giovani
istruiti, anche se in realtà non avevo neppure il diploma della scuola media,
ma, come per l’ispettore capo Chen, mi fu permesso di restare in città per i
miei “problemi di salute”: avevo una bronchite che sfruttavo come tanti altri
giovani che, guarda caso, accusavano improvvisamente problemi di salute. E
allora ho iniziato a studiare inglese.
C’è qualcosa di lei, della sua vita e dei suoi interessi, nel
personaggio dell’ispettore Chen?
Certamente, anche se non è facile
individuare quali siano le somiglianze: nei miei libri cerco di seguire la
teoria dell’impersonale di Eliot sulla scrittura creativa. Detto questo, penso
di poter indicare quello che ho in comune con Chen: la passione per il cibo,
quella per la poesia e l’esperienza di studiare da solo l’inglese come ho detto
prima. Ma non sono mai stato un membro del Partito e neppure un poliziotto.
Mi è piaciuto molto l’uso che fa dei proverbi nei suoi romanzi: fa
parte della cultura cinese?
I cinesi amano parlare
con i proverbi. Nei miei romanzi ho cercato di tradurre i proverbi
letteralmente piuttosto che trovare gli equivalenti inglesi. Come dice George
Orwell, i proverbi possono essere dei clichè in una lingua, ma una volta che
vengono tradotti in un’altra lingua, trovo che possano essere freschi e interessanti.
Per me è stato un esperimento e sono contento che le siano piaciuti.
C’è un libro che è spesso citato, “Il sogno della camera rossa”- di che
libro si tratta?
E’ il romanzo classico
cinese più famoso, scritto da Cao
Xuqin , uno scrittore della dinastia Qing. Detto in due
parole, è la storia di una grande famiglia aristocratica che va in rovina, con
una serie di amanti sfortunati intrappolati nelle vicissitudini dei tempi. E’
un libro complesso e i lettori possono affrontarlo da parecchie prospettive.
L’ispettore Chen sembra essere leggermente imbarazzato quando si tratta
di gestire i suoi sentimenti. Sembra sempre un poco goffo quando corteggia una
donna: è un tratto del suo carattere o ha a che fare con l’educazione in Cina?
Bella domanda. Penso sia
entrambe le cose. Certamente l’educazione in quegli anni in Cina non
incoraggiava dei Don Giovanni. Inoltre Chen ha subito l’influenza del
neo-confucianesimo del padre.
L’ispettore Chen parla di Diritti Umani sia per quanto riguarda
l’immigrazione illegale sia per i problemi del controllo delle nascite: pensa
che si possano mettere sullo stesso piano? Qual è la politica attuale riguardo
entrambe le questioni?
Chen parla in difesa del
governo cinese. Entrambe le questioni sono certamente dei problemi, ma non da
trattarsi sullo stesso piano. Attualmente può darsi che il numero degli
immigranti illegali sia diminuito grazie all’economia in via di sviluppo della
Cina e anche per le misure efficaci che sono state prese per impedire questo
fenomeno. Anche il controllo del governo sulle nascite si è allentato. In
alcune famiglie, a causa di un tasso negativo di natalità, la legge sul figlio
unico non è più così severa.
La corruzione in Cina: è aumentata dopo la fine del comunismo?
Mettiamola in questa
maniera: i cinesi una volta credevano nel confucianesimo e poi nel maoismo o
nel marxismo, ma adesso? Come citato nel libro, una volta “xiangqiankan” era
uno slogan che significava “guarda al futuro”, ma i cinesi ci scherzano su e
l’hanno trasformato in “guarda i soldi”. Il materialismo dominante non aiuta
certamente e il sistema monopartitico rende difficile stroncare la corruzione
del Partito.
Nel romanzo c’è un personaggio americano: è un indizio che ci sarà un
romanzo ambientato negli Stati Uniti? Avrà un seguito la storia di Catherine
con Chen?
Non esattamente, per
quello che riguarda un romanzo “americano”, ma sì, ci sarà una storia in cui si
incontrano di nuovo.
Quali sono stati, secondo lei, gli effetti positivi del governo di Mao?
Ironicamente, uno degli
effetti positivi del governo di Mao potrebbe essere la lezione della
Rivoluzione Culturale. Dieci anni di disastro nazionale possono aver
significato per la maggioranza delle persone la perdita totale delle illusioni
riguardo alle dottrine di Mao. E’ come un punto di non ritorno.
Trova difficile scrivere della Cina vivendo negli Stati Uniti?
Non è poi così difficile.
Oggi posso leggere qualunque cosa riguardo alla Cina su internet. Con la TV satellitare posso guardare
molti canali televisivi cinesi, e naturalmente faccio ricerche in biblioteca. E
poi ritorno una o due volte all’anno in Cina.
Com’è, per lei, scrivere in una lingua che non è la sua?
Non è facile, ma è anche
divertente. E’ quasi come un diverso meccanismo, o una diversa mentalità,
quando si scrive in un’altra lingua. Alcune immagini, che non verrebbero mai
fuori in una lingua, appaiono con naturalezza in un’altra.
Sono pubblicati in Cina i suoi romanzi?
Sì, il primo, “La
misteriosa morte della compagna Guan”, è stato tradotto (non da me) e
pubblicato in Cina. Nella versione cinese, però, Shanghai, la città che fa da
sfondo alla mia storia, è diventata la “Città H”. Ci sono anche parecchi
cambiamenti e tagli nella versione cinese. Detto questo, vorrei però aggiungere
che la pubblicazione in Cina è stata per me una bella sorpresa.
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