Il nuovo romanzo della scrittrice premio Nobel 1991
Nadine Gordimer, "L' aggancio"
Di lui ha visto per prima cosa le
gambe che escono da sotto una macchina. Quando è strisciato fuori ha notato i
capelli scuri e gli occhi neri dai riflessi blu. Gli amici di lei lo
chiameranno "il principe d' Oriente", perché è arabo, ha una laurea in economia presa in qualche
paese sconosciuto ma è un immigrato clandestino in Sudafrica. Lei, Julie, è
bianca, ricca, l' atteggiamento spregiudicato e libertario di chi può permettersi
di snobbare i soldi perchè ha le spalle al sicuro. Un incontro casuale, nell'
autofficina, perché la macchina di Julie ha un guasto. Una storia che inizia un
po' per gioco, un po' per affermare che siamo tutti uguali. Sembra un capriccio
della ragazza che è abituata ad avere tutto. Lui ci sta, si lascia desiderare,
si lascia attrarre in questa relazione, chissà, gli può tornare comodo. E,
invece, Julie fa sul serio e, quando a lui viene ordinato di lasciare il paese,
lei insiste per sposarlo e seguirlo nel villaggio che confina col deserto, dove
le donne si coprono il capo, non c'è acqua corrente e neppure la luce
elettrica. Non è una storia nuova, questa di un amore che supera le differenze
di razza, di educazione, di cultura e di religione e l' incomprensione
linguistica. E' nuova l' angolazione da cui Nadine Gordimer ci presenta la
storia, diversa ed attuale. Esplorazione non solo del sentimento d' amore - il
fascino del diverso da cui lei si sente attratta e il sentimento più ambiguo di
lui, tra orgoglio della conquista e fredda valutazione dei vantaggi di questa
unione - ma anche delle diverse aspettative ed aspirazioni. Lui cerca di
fuggire dall' ambiente retrogrado e senza prospettive del suo villaggio e della
sua famiglia. Lei, invece, ritrova, proprio in quel villaggio e in quella
famiglia, una vita più semplice senza sovrastrutture. Lui, che ha sempre
pensato che lei sarebbe ripartita, parte da solo verso gli Stati Uniti. Lei
resta. Al di sotto della storia di un incontro, c' è una tematica più
complessa, quella dell' immigrazione clandestina, della discriminazione
razziale, della difficoltà di chi lotta per mantenere almeno la propria dignità
di uomo, avendo già rinunciato alla propria lingua, alla propria cultura e
spesso anche al proprio nome. Lo stile della Gordimer è quello tradizionale,
dal tono distaccato e un poco enfatico del narratore onniscente che racconta e
suggerisce, ma ancora una volta la scrittrice tiene fede al suo ruolo di
"guerrigliera dell' immaginazione", lanciando un' accusa all'
egocentrismo della nostra civiltà, capace di apprezzare turisticamente l'
esotismo del "diverso" ma innalzando barriere per impedire agli
"altri" l' ingresso nel nostro mondo.
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