venerdì 3 marzo 2023

Colm Tóibín, “Il Mago” ed. 2023

                    Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda

     biografia romanzata


Colm Tóibín, “Il Mago”

Ed. Einaudi, trad. Giovanna Granato, pagg. 512, Euro 24,00

     Erano stati i figli a dargli quel soprannome, il Mago. Perché amava fare dei giochetti di prestigio con loro quando erano piccoli e perché aveva scritto la novella “Mario e il Mago”, una storia tragica che finisce con l’assassinio dell’illusionista, una chiara allusione ad un dittatore ciarlatano che fu adattata prima per il teatro con la sceneggiatura di Luchino Visconti e poi per il grande schermo.

    Colm Tóibín, che già ci ha dato la biografia di un altro grande scrittore, Henry James, è l’autore di questa biografia romanzata di Thomas Mann, premio Nobel per la Letteratura nel 1929. E la biografia di un uomo nato nel 1875 e morto nel 1955 sarà per forza di cose un grande affresco, la storia di un uomo e la Storia non solo della Germania, ma di tutta l’Europa. Il declino della famiglia di un uomo- il padre di Thomas Mann era senatore e titolare di una ditta di export-import di granaglie a Lubecca- diventa emblematico del declino della Germania che trascina l’intera Europa con sé.

Thomas Mann con la moglie Katia

     “Il Mago” si annuncia come un libro affascinante e per molti versi lo è. C’è sempre un filo di arroganza da parte dello scrittore che si immedesima nella persona di cui scrive, parlando con la sua voce e impossessandosi dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, ma, se accettiamo che quella che stiamo leggendo è una biografia romanzata e ci immergiamo nell’atmosfera in cui visse lo scrittore, l’impressione è quella di esserci calati in un romanzo dello stesso Mann e che lui sia il protagonista del suo romanzo. Perché è vero che ogni scrittore scrive di un se stesso trasfigurato e nel matrimonio del padre e della madre dello scrittore noi ritroviamo la coppia dei genitori del protagonista de “I Buddenbrook”, il libro che rese immediatamente famoso Thomas Mann e che attirò l’attenzione dei lettori su Lubecca, la città anseatica che ben esprimeva il divario tra la natura commerciale e quella artistica, quasi che le navi stesse che attraccavano al porto fossero nello stesso tempo miniera di ricchezze e desiderio di altri mondi.

Casa di Mann a Lubecca

    La madre brasiliana, quanto più possibile lontana dal carattere teutonico della famiglia del marito, il padre, il fratello Heinrich (diventerà famoso per il romanzo “L’angelo azzurro”, prenderà posizioni politiche diverse da Thomas), le sorelle morte giovani e tragicamente, gli altri fratelli e poi l’incontro con la ragazza che diventerà sua moglie, i loro sei figli- diventano tutti i protagonisti di questo romanzo e noi lettori impariamo a conoscerli bene, meglio di quanto riusciamo a conoscere Thomas Mann che resta sempre un personaggio un poco sfuggente. Forse non è un caso che riveli così tanto di sé nelle sue opere, in Aschenbach che si innamora del giovanetto Tadzio a Venezia o nel musicista che fa il patto con il diavolo nel “Doctor Faustus”, o in Hans Castorp ne “La Montagna Incantata” o in quel primo romanzo breve che aveva suscitato lo sdegno del suocero perché il tema era l’incesto tra due gemelli- e sua moglie Katia aveva un gemello, Klaus, a cui era legatissima. Quello del desiderio incestuoso e dell’attrazione verso i ragazzi giovani è un tema ricorrente in questa autobiografia, l’autore fa riferimento ai diari dello scrittore e noi ci sentiamo quasi dei voyeur chiedendoci se sia lecito spiare nella vita e nelle pulsioni più segrete di qualcuno che temeva proprio questo, che altri mettessero mano su quelle pagine destinate solo agli occhi di chi le aveva scritte.

Morte a Venezia

    Mann aveva visto subito il pericolo del futuro quando Hitler era apparso sulla scena. E tuttavia- anche dall’esilio in America in cui con Tóibín lo seguiamo- indugiò prima di prendere posizione. Temeva forse che i suoi romanzi non avrebbero più venduto in Germania? In America, dapprima a Princeton e poi a Los Angeles, lo aspettavano tempi difficili. Fu difficile per lui e Katia ambientarsi, imparare l’inglese che non fu mai per lui una seconda lingua- la sua patria era il tedesco-, e poi c’erano i problemi dei figli, di quello scapestrato di Klaus, il secondogenito geniale, omosessuale e morfinomane, della sfrontata primogenita Erika che aveva sposato il poeta inglese Auden, omosessuale pure lui, per avere la cittadinanza inglese. E poi la diffidenza, il sospetto intorno a loro, tedeschi in America che venivano diffidati dal pronunciarsi a favore dell’entrata in guerra dell’America.

    Ritornare in Germania dopo la guerra- non per restarci, quello mai, gli sarebbe stato impossibile vivere tra coloro che avevano in qualche modo supportato la folle dittatura di Hitler- volle dire vedere la distruzione, le macerie ovunque, volle dire non riuscire a capacitarsi di come avesse potuto la Germania di Bach e di Rilke precipitare così in basso, volle dire essere testimoni di come un intero paese- il suo- fosse finito, proprio come i Buddenbrook nel suo romanzo di mezzo secolo prima.

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