Voci da mondi diversi. Iran
love story
Fattaneh Haj Seyed Javadi, “La scelta di Sudabeh”
Ed. Brioschi, trad. A.
Vanzan, pagg. $62, Euro 18,00
Non è Sudabeh la protagonista del libro
che porta il suo nome nel titolo, è sua zia Mahbubeh, una donna ormai anziana a
cui si rivolge la madre di Sudabeh perché racconti alla figlia la storia della
sua vita. E chissà che questa ne possa trarre un insegnamento, che la faccia
desistere dal proposito di sposare un uomo lontano da lei non solo per
estrazione sociale, ma anche per cultura.
È un Iran molto diverso da quello di oggi, quello cui ci parla Mahbubeh, un Iran di prima della Rivoluzione, del tempo in cui regnava la dinastia Pahlavi. E la vita dell'alta società di Teheran riflette in scala minore quella della corte. La famiglia di Mahbubeh è molto ricca, abita in una grande e splendida casa dove tutto, dai tappeti ai mobili, dalle suppellettili ai tessuti, è segno di buon gusto e raffinatezza. Mahbubeh, come la madre e le sorelle, non deve alzare un dito in casa. Uno stuolo di servitori, giardiniere, cuoca, cocchiere, la dada che si prende cura dei bambini, si occupa di tutto. La quindicenne Mahbubeh si innamora ed è la storia di questo amore che Mahbubeh racconta in tutti i dettagli che non ha dimenticato.
L'amore
dei quindici anni è uguale ovunque e in ogni tempo. È il restare
fulminati da uno sguardo, da dei riccioli neri, dal guizzare di un muscolo
sottopelle. A quindici anni ci si innamora senza sapere nulla dell'altro, senza
neppure averne sentito la voce e, quando la si sente, è come se parlasse un
cavaliere di luce.
Il padre le aveva proposto due ottimi partiti ma Mahbubeh non li aveva neppure
presi in considerazione. Lei voleva solo Rahim, il garzone del falegname. A
merito del padre va detto che questi, accettando il consiglio di un saggio
fratello, dopo aver fatto fuoco e fiamme aveva deciso di non opporsi, di non
contrastare Mahbubeh con il rischio che questa facesse un colpo di testa e
fuggisse di casa. Avrebbe regalato un negozio a Rahim e una casa alla figlia,
le avrebbe anche dato una certa somma di denaro ogni mese. Lei però non avrebbe
più potuto rimettere piede nella casa paterna.
La storia d'amore di Mahbubeh è la prova (se mai ci fosse bisogno di
prove) che 'due cuori e una capanna' non sono sufficienti. E la dura lezione
che Mahbubeh imparerà è che l'infatuazione non è amore, che è facile
confondere l’una con l’altro, e le conseguenze sono drammatiche.
La vicenda di Mahbubeh, tenera e poi tragica e poi dolce-amara, raccontata in prima persona, è una storia banale. Sarebbe uguale a tante altre se non ci fosse l'arricchimento dell'ambientazione iraniana con tutti i dettagli socio-culturali ma anche quelli colorati di abiti e stagioni. Entriamo nella dimora di famiglia di Mahbubeh e poi nella casa, ancora più piccola a confronto dell'altra, dove abita con il marito e la suocera, la seguiamo all'hammam, osserviamo la preparazione dei cibi quotidiani e di quelli di rito per le festività, accettiamo che, come stabilisce il Corano, un marito possa avere fino a quattro mogli e condividiamo la gelosia repressa di Mahbubeh.
Anche
se sappiamo bene come andrà a finire la storia dei due giovani sposi, la
leggiamo di un fiato perché la protagonista ci fa rivivere non solo le sue
esperienze ma le sue riflessioni, i suoi ripensamenti, il suo pentimento, la
nostalgia, il rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e non è stato. Mahbubeh
ha cercato di spigolare la felicità nella sua vita 'dopo', nella consapevolezza
di essere responsabile lei stessa di tutto quello che è accaduto a lei e a chi
le è vicino.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
Nessun commento:
Posta un commento