vento del Nord
cento sfumature di giallo
Arnaldur Indriðason, “La ragazza del
ponte”
Ed.
Guanda, trad. A. Storti, Euro 19,00,
formato kindle 9,99
È ancora Konráð, il protagonista del
romanzo “La ragazza del ponte” di Arnaldur Indriðason. Ormai in pensione, ha in
comune con Erlendur, il protagonista dell’altra serie di romanzi dello
scrittore islandese, il pensiero fisso di una perdita nel suo passato, di un
caso non risolto. Per Erlendur era il fratellino, scomparso durante una
tempesta sulla brughiera, per Konráð è il padre, accoltellato da ignoti in una
fredda notte. Un padre violento e ubriacone che si interessava di sedute
spiritiche- anzi, truffava le persone che si rivolgevano a lui ed al suo
compare nella speranza di essere messe in contatto con i loro cari morti. E, poco
prima della sua morte, Konráð aveva anche
saputo da sua madre il vero motivo per cui questa l’aveva lasciato, portando
con sé la figlia e abbandonando Konráð con lui: per salvare la bambina. E non
c’è bisogno di spiegare altro.
Due scene del passato all’inizio: un
ragazzo, passando sul ponte sul Tjőrnin, vede galleggiare una bambola sull’acqua.
Scende sulla riva e cerca di prendere la bambola, pensando di lasciarla poi sulla
spalletta del ponte, nel caso che la sua proprietaria venga a cercarla. C’è ben
altro che la bambola nel lago- il corpo di una bambina. Forse era caduta in
acqua nel tentativo di afferrare la bambola che le era caduta?
Ad una festicciola di bambini, Eygló si sente a disagio,
gironzola per la casa e incontra una bambina che sembra essere infelice quanto
lei. La cosa strana è che non lascia impronte sulla moquette e neppure si riflette
nello schermo del televisore.
Nella terza scena, nel presente, Konráð si
reca da una coppia di nonni, preoccupati perché la nipotina, che ha sempre
vissuto con loro dopo la morte della loro figlia, è scomparsa. Sarà ritrovata
morta nello squallido e sporco appartamento del suo ragazzo che faceva uso di droga.
Sembra un caso di overdose. Dov’è il ragazzo? Era sola, Danni, quando è morta?
Ho già avuto modo di dire, parlando degli
altri romanzi di Arnaldur Indriðason, che non è facile scrivere un poliziesco
ambientato in Islanda, per il fatto che- come mi aveva detto lo scrittore
durante una intervista- avvengono pochi delitti in Islanda. Ecco perché sono
spesso dei “cold cases” al centro dei libri di Arnaldur Indriðason. Ne ”La
ragazza del ponte” le indagini sono due ed è veramente impossibile capire quale
possa essere il legame tra di loro. Saremmo propensi a pensare che Konráð si
interessa alla bambina annegata tanti anni fa perché è incuriosito dal vago
collegamento che gli sottolinea Eygló (figlia del compagno di suo padre durante
le sedute spiritiche, anche lui morto in dubbie circostanze) e perché è nel suo
carattere non voler abbandonare casi irrisolti.
L’indagine
sulla bambina ci porta a cercare una tomba nel cimitero e a rintracciare quello
che un tempo era il ragazzo che l’aveva trascinata a riva, la seconda indagine
ha scene di forte crudeltà come ci si può aspettare in un ambiente degradato di
drogati.
Forse
Danni non è morta per sbaglio, aveva intenzione di rivelare in rete qualcosa di
importante- che cosa? Anche il suo ragazzo rischia di morire e per ben due
volte, per mano diversa.
Lo scrittore è bravissimo a tirare le fila,
a far quadrare i conti. La bambina annegata, la ragazza che si drogava in
rivolta contro i nonni, Eygló e le sue visioni ultra-terrene, persino la
sorella di Konráð che lui conosceva poco- tutto ha una spiegazione, tutto è
collegato, suscitando in noi una reazione di orrore e di pietà. Non posso dire
di più.
Ci manca, tuttavia, ne “La ragazza del ponte”,
l’ambientazione islandese che rendeva così tipici e affascinanti i romanzi
precedenti. Ci sono pochi scorci di Islanda e la trama è lenta.
Una osservazione. Quanto alcool si beve in
Islanda! Sarà il clima, sarà la mancanza di luce, ma l’atmosfera è così buia e
triste che deve, per forza, spingere a cercare consolazione nel
bere.
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