giovedì 9 gennaio 2020

Liliana Treves Alcalay, “La luce dell’ambra” ed. 2019

                                                       Casa Nostra. Qui Italia
        Diaspora ebraica
      la Storia nel romanzo

Liliana Treves Alcalay, “La luce dell’ambra”
Ed. Giuntina, pagg.298, Euro 18,00

   Istanbul 1992. Micol, appartenente ad un’antica famiglia sefardita residente a Milano, si è recata in visita ai nonni- conta sull’aiuto di nonno Victor, ex docente di storia medievale, per portare a termine la sua tesi dal titolo Inquisizione e Marranesimo. Religione sotterranea di segreti, misteri e silenzi.
    Lisbona 1597. La famiglia di Manuel Rael (il cognome era Israel prima della forzata conversione avvenuta nel 1492, a Toledo, dopo il primo decreto della regina Isabella) non è serena. Manuel, commerciante di tessuti, è partito per Venezia, ma di lui non si hanno notizie da un po’ di tempo. La figlia maggiore, Ambra dai capelli color tiziano, è promessa sposa ad un cugino che lei accusa di vigliaccheria. È pur vero che tutti i marrani, gli ebrei convertiti, vivono costantemente nella paura, praticano la religione cattolica con una esibizione accentuata perché nessuno possa mettere in dubbio la loro nuova fede- nella casa dei Rael ci sono ovunque crocifissi e inginocchiatoi, sulla loro tavola appare una salsiccia ingannatrice che non è fatta con carne di maiale. E poi, di nascosto, ci si sforza di mantenere le tradizioni ebraiche- il digiuno quando è prescritto (si cucina e si sporcano i piatti perché nessuno se ne accorga), la candela del sabato (nascosta in un orcio), altri piccoli atti rituali che non debbono essere dimenticati. Soprattutto, due lettere dell’alfabeto ebraico, le iniziali delle parole B’ezrat HaShem, Con l’aiuto del Signore, vengono incise, dipinte, o scritte, su ogni manufatto, camuffate sotto fregi o decori, perché siano come una firma, un messaggio segreto, un sostegno consolatorio che solo un altro cripto giudeo può interpretare. È questa ‘firma’ che il cugino di Ambra si rifiuta di continuare a fare per paura dell’Inquisizione. E Ambra non vuole sposare un uomo che manca di coraggio.

     C’è un tenue legame tra il filone del 1992 e quello del 1597. Un quadro che il nonno Victor ha appeso nella stanza di Micol, un quadro che si dice parli e che rappresenta un’antenata, una fanciulla a cui Micol assomiglia moltissimo e che ha un ciondolo d’ambra appeso al collo, una storia d’amore sbagliata per Micol e una, pure sbagliata e apportatrice di tragedia, vissuta quattrocento anni prima, finché il passato si rovescia dentro il presente con un tocco di realismo magico e i silenzi vengono infranti, i segreti e i misteri vengono svelati.
     La narrativa del passato è la più riuscita e la più interessante, per la ricchezza dei dettagli, per una certa qual abilità con cui la scrittrice (studiosa dei canti tradizionali della Diaspora oltre che concertista) dosa la Storia dei marrani, quella segreta e quella ‘in vista’, con un pizzico di avventura, di mistero e di storia d’amore.

     Il romanzo di Liliana Treves Alcalay non ha particolari pregi stilistici, ma riporta alla luce un’epoca di terribile intolleranza religiosa, un tempo in cui la Chiesa cattolica, tramite l’istituzione dell’Inquisizione, si rese colpevole di crimini, crudeltà e abusi nei confronti di eretici, pagani, cristiani apostati- chiunque non aderisse alla religione cattolica. Il filone narrativo che si svolge nel 1597 tra Lisbona e Belmonte, un paesino ai confini tra Portogallo e Spagna, è permeato dall’atmosfera di paura. Paura dei giudaizzanti di lasciar trasparire che, nel profondo, credevano ancora e soltanto del Dio dei loro padri, paura di tradirsi e di essere quindi traditi. Sono pagine di una Storia di cui non possiamo non notare la ciclicità- le delazioni, il rogo dei libri, una terminologia come ‘la purezza del sangue’-, di un antisemitismo che purtroppo ha continue recrudescenze (ne sono una conferma le notizie di cronaca di questi giorni). E che ci fa ricordare che il fanatismo non è solo degli altri.

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