vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Viktor Arnar
Ingólfsson, “L’enigma di Flatey”
Ed. Iperborea, trad. Alessandro Storti, pagg. 289, Euro
16,50
Titolo originale: Flateyjargáta
Avanzando lentamente, pensò che a prima vista quella figura
assomigliava davvero a un angelo rosso, come aveva detto il piccolo Svenni. Ma
quando gli si avvicinò vide che si trattava di un corpo umano seminudo e
insanguinato, inginocchiato sulla tomba. Le braccia e la testa penzolavano
sulla lapide bianca. Sul dorso nudo c’era qualcosa che in lontananza ricordava
proprio un paio di alette. Il sangue era colato sul corpo insieme all’acqua
piovana per poi seccarsi e tingerlo di rosso. Cappotto, giacca e camicia bianca
gli erano stati tirati giù fino ai fianchi.
Mercoledì 1 giugno 1960. Una barca a
motore con a bordo tre generazioni della stessa famiglia- nonno, figlio e
nipote- attracca nella minuscola isola di Ketilsey, nel Breiðafiörður, sul lato orientale dell’Islanda. Vanno a
caccia di foche. Il piccolo Nonni si allontana di corsa per un bisogno urgente,
non gli importa se verrà rimproverato perché il puzzo allontana le foche.
Intanto quello che scopre manda un fetore peggiore della sua cacca: c’è un uomo
morto e, dalle condizioni del cadavere, deve essere lì da un pezzo.
Si entra immediatamente in un’atmosfera magica, appena si inizia a
leggere “L’enigma di Flatey” dell’islandese Viktor Arnar Ingólfsson. Magica non
perché abbia qualcosa del realismo magico alla García Márquez, ma perché ci
trasporta in un mondo ai confini del mondo dove tutto sembra essersi fermato e
niente, tranne le preoccupazioni della vita quotidiana, pare avere importanza.
E’ vero che la popolazione invecchia, che sempre più giovani abbandonano l’isola
di Flatey, che uno dei ragazzi del posto ascolta musica rock sognando luoghi lontani.
Ma l’obiettivo più lontano a cui possono pensare i suoi genitori è traslocare a
Stykkishólmur, un paesotto sulla costa sud del Breiðafiörður abitato da una
manciata di abitanti in più rispetto a Flatey. La vita trascorre immutabile
dalle origini del mondo, a Flatey. Si dà la caccia alle foche, si raccolgono
piume di edredone, si mangia pesce o carne di pulcinella o pasticci che
sembrano disgustosi al giovane Kjartan, il rappresentante del prefetto inviato
sull’isola per organizzare il trasporto del cadavere a Reykjavíc. Le notizie
che arrivano dal grande mondo sono scolorite a confronto dei racconti delle
saghe islandesi che tutti- chi più chi meno bene- conoscono. Ecco: la morte
dello sconosciuto, che viene presto identificato come il danese Gaston Lund,
deve aver a che fare proprio con le antiche saghe contenute nel Libro di Flatey, il patrimonio più
prezioso dell’isola di cui, purtroppo, l’originale è conservato in Danimarca da
quando l’Islanda è diventata possesso danese nel 1814 (solo nel 1971 il Libro di Flatey è tornato in
madrepatria, accolto da una grossa folla al porto di Reykjavíc). Perché in
tasca di Lund viene trovato un foglio con una serie di 39 lettere che dovrebbe
trovarsi, invece, nella copia del libro conservata nella biblioteca di Flatey.
Le lettere dell’alfabeto, viste così, non hanno nessun significato e però sono
la chiave per risolvere l’enigma di Flatey, una sorta di gioco inventato in
passato su cui più di uno studioso (e ce n’è un altro sull’isola) si è
scervellato.
E ritorniamo a parlare della magia di questo libro in cui il lettore
segue il filone delle indagini (ci sarà poi un altro cadavere trovato su una
tomba) che scavano nella vita degli abitanti dell’isola e, parallelamente,
viene quasi messo alla prova con gli indovinelli basati sul testo delle saghe
contenute nel Libro di Flatey. Alla
fine di ogni capitolo viene riportato un passo del Libro con il trancio di storia che fornisce la soluzione del
quesito- e sappiamo che devono essere 39 domande perché con le 39 risposte
esatte si forma la risposta alla quarantesima domanda. Questo secondo testo
dentro il romanzo contiene una serie di vicende tremendamente cruente (in
paragone l’Omero mediterraneo racconta favole per bambini) che trovano un raggelante
riscontro in alcuni dei fatti del presente.
Riesce difficile decidere quale delle due narrative di questo intrigante
romanzo sia la più affascinante- se quella di un genere letterario moderno
contenuta nello spazio di otto giorni o quella di un genere antichissimo che si
colloca in uno spazio atemporale. Facile, invece, scegliere il protagonista
assoluto de “L’enigma di Flatey”: l’Islanda, con i suoi paesaggi ruvidi come la
gente che la abita.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
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