Voci da mondi diversi. Giappone
Junichiro
Tanizaki, “Le domestiche”
Ed. Guanda, trad. G. Coci, pagg.
282, Euro 15,30
I romanzi e i film inglesi ci hanno
abituato a pensare ai piani alti e ai piani bassi, upstairs e downstairs, per
descrivere le vite parallele dei ricchi o nobili e dei loro servitori. Ci viene
in mente “Gosford Park” con la regia di Robert Altman, oppure, per entrare nel
tema giapponese, “Quel che resta del giorno” tratto dal romanzo di Kazuo
Ishiguro, premio Nobel 2017 per la Letteratura. Ne “Le domestiche” di Junichiro
Tanizaki si dovrebbe piuttosto parlare di vita dietro gli shoji, le pareti
scorrevoli delle case giapponesi fatte di stanze sullo stesso piano e misurate
in tatami (le stuoie che ricoprono i pavimenti), per differenziare le esistenze
dei ‘padroni’ e delle persone di servizio.
E’ un romanzo che ci riserba parecchie
sorprese, “Le domestiche” di Tanizaki. Perché è un romanzo che sembra ristretto
e limitato all’inizio e poi si trasforma in qualcosa di più ampio, con
significati nascosti che il lettore deve cogliere mentre procede la lettura. La
storia- o le tante storie minute- inizia negli anni trenta e si conclude più di
un ventennio dopo, un tempo infinitesimale nella vita dei singoli ma lungo e
portatore di grandi cambiamenti nei costumi, nei pensieri, nei comportamenti
dell’intero paese.
In primo piano ‘sembra’ ci siano le domestiche a servizio
dello scrittore Raikichi e della moglie Sanko, una serie di ragazze descritte
con dovizia di particolari. Di loro sappiamo la provenienza, l’aspetto fisico
(di due di loro si esalta la bellezza e l’eleganza di portamento), quale sia la
loro famiglia d’origine che non è, per lo più, povera (anzi, è un onore per
loro mandare le figlie a servire in casa di un noto scrittore). Apprendiamo anche dell’abitudine di cambiare
il nome delle ragazze- non è un atteggiamento alla Robinson Crusoe che impone
il nome di Venerdì al nativo della sua isola, ma una forma di rispetto, quasi
che il vero nome fosse una proprietà esclusiva dei genitori. Di una ragazza
veniamo a sapere che aveva avuto delle crisi di epilessia e come era stata
curata. Di un’altra conosciamo il dettaglio che vomitava ogni volta che aveva
paura. Di ognuna conosciamo le preferenze alimentari e seguiamo, negli anni,
dapprima la vita sentimentale e poi quella coniugale. E’ chiaro che la famiglia
Chikura instaura con le domestiche un rapporto confidenziale e di fiducia, che
si occupa di loro con la benevolenza del ‘buon signore’ che si preoccupa della
felicità e del benessere dei suoi ‘sottoposti’.
E’ vero che le ragazze ‘sembrano’ essere
le protagoniste. E tuttavia ruotano intorno allo scrittore. Pur mantenendo le
debite distanze, avvertiamo un legame sottile che ha un filo di ambiguità mai
approfondito, accennato con grande eleganza. Raichiki (non più giovane) ama
farsi accompagnare nei ristoranti dalle sue preferite, le più belle, quelle che
gli fanno fare migliore figura. Si ritira a scrivere in una delle sue case, a
Tokyo o a Kyoto o in una località di mare, con una delle domestiche che gli fa
da segretaria. Ad una di loro insegna a scrivere gli ideogrammi. Sappiamo che
ama i massaggi di un’altra- e lo sappiamo non direttamente, dobbiamo capirlo
quando leggiamo che Raichiki amava la pianta dei piedi di questa ragazza. E la
moglie Sanko? Resta nell’ombra, è in tutto e per tutto in sintonia con il
marito. L’occhio attento dei Chikura segue anche le storie d’amore,
incoraggiante o perplesso. Dell’amore lesbico di due ragazze dapprima si
bisbiglia, poi si parla apertamente- è il segno del cambiare dei tempi.
Non c’è traccia, nel romanzo di Tanizaki,
dei grandi avvenimenti storici. Non si parla della guerra, né della bomba su
Hiroshima, né della fine del vecchio concetto dell’imperatore come una
divinità. I Chikura non soffrono mai di ristrettezze alimentari. Il tempo che
cambia è sottolineato, ancora una volta, dai dettagli in quella che è la vita
delle domestiche- ora sono chiamate collaboratrici famigliari, ora è più
difficile trovarne, preferiscono il lavoro negli uffici o nelle fabbriche, ora
il loro nome non viene più cambiato.
Junichiro Tanizaki è vissuto a cavallo dell’800
e del ‘900, eppure i suoi romanzi sono senza tempo, come tutti i capolavori. Da
leggere.
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