vento del Nord
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Anders Roslund & Börge Hellström, Tre secondi
Ed. Einaudi, trad. Anna Airoldi, pagg.
652, Euro 21,00
Incomincia così, con quello che parrebbe un
‘banale’ omicidio nel mondo della droga, il nuovo thriller della coppia svedese
Anders Roslund e Börge Hellström. E invece è un omicidio tutt’altro che banale.
Come riflette l’anziano commissario Ewert Grens, qui ci sono ‘un mulo, un
cadavere e un polacco…Ergo droga. Criminalità. Europa dell’Est…Ergo crimine
organizzato…Ergo mafia.’ Soltanto che, quando, trentacinque anni prima, Grens
era entrato in polizia e sperava ancora di cambiare il mondo, mafia voleva dire
Italia del sud. O le grandi città americane. Adesso la mafia era ovunque. Grens
aveva avuto a che fare di recente con la mafia messicana, quella egiziana,
quella russa e quella polacca. Sempre con gli stessi ingredienti, droga, soldi,
morte.
Ewert
Grens ha la fama di non mollare mai l’osso, di proseguire caparbiamente le
indagini anche quando sembrano non approdare a nulla, come avviene ora, per
l’omicidio di Västmannagatan 79, un indirizzo che ci perseguita fino alla fine
del libro. Perché in quei fatti di Västmannagatan 79 due dei protagonisti
stanno facendo lo stesso lavoro: sia il morto sia l’uomo che ha cercato di
evitare la sua morte sono infiltrati della polizia. Uniche differenze: il morto
era danese e l’altro, Piet Hoffman, è svedese di origini polacche. Il danese
aveva un nome in codice maschile, secondo l’usanza in Danimarca; il nome in
codice di Piet era Paula: in Svezia, stessa iniziale del nome vero ma un nome
femminile per gli infiltrati. Piet Hoffman è riuscito ad entrare nella Wojtek,
una società polacca di sicurezza- una copertura per un imponente traffico di
droga. Adesso l’ambizione della Wojtek è di accaparrarsi il mercato delle
carceri svedesi: 56 penitenziari, 4000 consumatori forti, si inizia con prezzi
stracciati per eliminare i rivali, poi si triplicano i prezzi rispetto a quelli
esterni, otto o nove milioni di corone al giorno. Piet Hoffman deve farsi
arrestare: sarà l’uomo della Wojtek dentro le carceri. Nella sede del governo svedese
Piet, nelle vesti di Paula, accetta il rischio: per la Wojtek venderà droga, alla
polizia svedese fornirà i dati per sconfiggere la Wojtek.
Sulla copertina del romanzo Tre secondi appare l’ombra di un uomo
nel rosso delle fiamme. Quello che accade ad un infiltrato, se le cose vanno
male, è di venire ‘bruciato’, nonostante tutte le garanzie di un pronto
intervento per salvarlo che possano avergli fatto. E tuttavia nella trama del
libro quell’incendio vorace non sarà soltanto metaforico…Così come i tre
secondi del titolo, che segnano l’esiguo margine di tempo che Piet ha, alla
fine, per il piano che ha preparato (‘il colpo partì. Gli restavano tre
secondi’), sono anche, in qualche maniera che ha a che fare con il come si
avverta lo scorrere del tempo, la durata di una storia che dura più a lungo in
realtà, ma ha un ritmo così serrato da farci ‘bruciare’ le pagine.
Roslund e Hellström giocano sui forti
contrasti: l’urgenza e la velocità dell’azione e il tempo quasi immobile della
prigione; la pace dell’aldilà nel cimitero vicino alle carceri e l’inferno tra
le mura di queste; poliziotto integerrimo Grens, che vorrebbe impedire la morte
e che è macerato dal senso di colpa per aver involontariamente causato la morte
della moglie; la doppia identità e la doppia personalità di Piet/Paula,
infiltrato e criminale e anche marito innamorato e padre affettuoso. A volte è
impossibile conciliare gli estremi, e allora sopraggiunge la crisi. Quando Piet
abbonda con la dose di Tachipirina ai bambini, perché deve scaricarli all’asilo
per essere libero di fare quello che deve fare. E si chiede a che punto sia
arrivato. Quando Grens ordina al tiratore scelto di sparare- lo fa per salvare
delle vite, ma si sente un assassino, come quelli a cui dà la caccia.
E
alla fin fine, questo nerissimo, angosciante, claustrofobico thriller diventa
un libro sul tradimento e sulla solitudine estrema dell’essere umano che non
può fidarsi di nessuno. Alla fin fine tutti tradiscono e vengono traditi, Piet,
sua moglie Zofia, Grens stesso. Il peggio del peggio è, poi, quando il
tradimento viene da chi dovrebbe rappresentare un modello di onestà e
correttezza.
Solo un criminale parla e si comporta da
criminale- è l’osservazione che viene ripetuta nel libro, a proposito della
perfetta finzione di Piet nel suo ruolo di spacciatore colto in flagrante dalla
polizia. Solo qualcuno che ha conosciuto l’esperienza della prigione può
scriverne in maniera così reale e dettagliata: nella coppia dei due scrittori,
uno è stato un giornalista che si è occupato di crimini e di problemi sociali, l’altro
ha un passato lontano di criminalità e si è impegnato nel recupero di
tossicodipendenti. Insieme sono bravissimi. Accade, a volte, che i romanzi
seriali tendano a scadere, a diventare ripetitivi, a rivelare mancanza di
invenzione. Non così per i romanzi di Rosslund e Hellström. Negli anni passati
la casa editrice Cairo aveva già pubblicato due libri con l’ispettore Grens, La bestia e Punizione, entrambi notevoli.
Tre secondi è ottimo, migliore ancora degli altri due- per la magistrale
costruzione, per l’approfondimento psicologico dei protagonisti, per la
capacità di spostare continuamente la messa a fuoco dell’obbiettivo: dai
personaggi all’interno del carcere, da qui alla nuova Europa in cui la caduta
delle frontiere ha favorito il dilagare del crimine. E sempre, come nei romanzi
precedenti, c’è una domanda più ampia che sottende gli avvenimenti della trama-
in Punizione riguardava il sistema
giudiziario americano, in Tre secondi
il quesito è fino a che punto sia lecita la connivenza tra le forze dell’ordine
e i criminali.
la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos
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