martedì 29 maggio 2018

Anders Roslund & Börge Hellström, Tre secondi ed. 2010


                                                                    vento del Nord
       cento sfumature di giallo
       il libro ritrovato

Anders Roslund & Börge Hellström, Tre secondi
Ed. Einaudi, trad. Anna Airoldi, pagg. 652, Euro 21,00

    Stoccolma. Cinque uomini in un appartamento. In cucina uno è piegato su un secchio. Sta vomitando. Deve vomitare le capsule avvolte nel lattice che contengono ognuna dieci grammi di anfetamine e che ha inghiottito in Polonia: è un ‘mulo’, un trasportatore umano. Nel soggiorno un compratore si accinge a verificare la purezza della droga che deve pagare. Un altro uomo, l’unico che parli sia svedese sia polacco, gli fa delle domande per accertarsi che sia veramente chi dice di essere. Qualcosa lo insospettisce. Senza che lui riesca a fermarlo uno degli altri due uomini presenti ammazza il compratore che, terrorizzato, si è lasciato sfuggire di essere un poliziotto- parola riconoscibile in qualunque lingua.
    Incomincia così, con quello che parrebbe un ‘banale’ omicidio nel mondo della droga, il nuovo thriller della coppia svedese Anders Roslund e Börge Hellström. E invece è un omicidio tutt’altro che banale. Come riflette l’anziano commissario Ewert Grens, qui ci sono ‘un mulo, un cadavere e un polacco…Ergo droga. Criminalità. Europa dell’Est…Ergo crimine organizzato…Ergo mafia.’ Soltanto che, quando, trentacinque anni prima, Grens era entrato in polizia e sperava ancora di cambiare il mondo, mafia voleva dire Italia del sud. O le grandi città americane. Adesso la mafia era ovunque. Grens aveva avuto a che fare di recente con la mafia messicana, quella egiziana, quella russa e quella polacca. Sempre con gli stessi ingredienti, droga, soldi, morte.
Ewert Grens ha la fama di non mollare mai l’osso, di proseguire caparbiamente le indagini anche quando sembrano non approdare a nulla, come avviene ora, per l’omicidio di Västmannagatan 79, un indirizzo che ci perseguita fino alla fine del libro. Perché in quei fatti di Västmannagatan 79 due dei protagonisti stanno facendo lo stesso lavoro: sia il morto sia l’uomo che ha cercato di evitare la sua morte sono infiltrati della polizia. Uniche differenze: il morto era danese e l’altro, Piet Hoffman, è svedese di origini polacche. Il danese aveva un nome in codice maschile, secondo l’usanza in Danimarca; il nome in codice di Piet era Paula: in Svezia, stessa iniziale del nome vero ma un nome femminile per gli infiltrati. Piet Hoffman è riuscito ad entrare nella Wojtek, una società polacca di sicurezza- una copertura per un imponente traffico di droga. Adesso l’ambizione della Wojtek è di accaparrarsi il mercato delle carceri svedesi: 56 penitenziari, 4000 consumatori forti, si inizia con prezzi stracciati per eliminare i rivali, poi si triplicano i prezzi rispetto a quelli esterni, otto o nove milioni di corone al giorno. Piet Hoffman deve farsi arrestare: sarà l’uomo della Wojtek dentro le carceri. Nella sede del governo svedese Piet, nelle vesti di Paula, accetta il rischio: per la Wojtek venderà droga, alla polizia svedese fornirà i dati per sconfiggere la Wojtek.

     Sulla copertina del romanzo Tre secondi appare l’ombra di un uomo nel rosso delle fiamme. Quello che accade ad un infiltrato, se le cose vanno male, è di venire ‘bruciato’, nonostante tutte le garanzie di un pronto intervento per salvarlo che possano avergli fatto. E tuttavia nella trama del libro quell’incendio vorace non sarà soltanto metaforico…Così come i tre secondi del titolo, che segnano l’esiguo margine di tempo che Piet ha, alla fine, per il piano che ha preparato (‘il colpo partì. Gli restavano tre secondi’), sono anche, in qualche maniera che ha a che fare con il come si avverta lo scorrere del tempo, la durata di una storia che dura più a lungo in realtà, ma ha un ritmo così serrato da farci ‘bruciare’ le pagine.
     Roslund e Hellström giocano sui forti contrasti: l’urgenza e la velocità dell’azione e il tempo quasi immobile della prigione; la pace dell’aldilà nel cimitero vicino alle carceri e l’inferno tra le mura di queste; poliziotto integerrimo Grens, che vorrebbe impedire la morte e che è macerato dal senso di colpa per aver involontariamente causato la morte della moglie; la doppia identità e la doppia personalità di Piet/Paula, infiltrato e criminale e anche marito innamorato e padre affettuoso. A volte è impossibile conciliare gli estremi, e allora sopraggiunge la crisi. Quando Piet abbonda con la dose di Tachipirina ai bambini, perché deve scaricarli all’asilo per essere libero di fare quello che deve fare. E si chiede a che punto sia arrivato. Quando Grens ordina al tiratore scelto di sparare- lo fa per salvare delle vite, ma si sente un assassino, come quelli a cui dà la caccia.

E alla fin fine, questo nerissimo, angosciante, claustrofobico thriller diventa un libro sul tradimento e sulla solitudine estrema dell’essere umano che non può fidarsi di nessuno. Alla fin fine tutti tradiscono e vengono traditi, Piet, sua moglie Zofia, Grens stesso. Il peggio del peggio è, poi, quando il tradimento viene da chi dovrebbe rappresentare un modello di onestà e correttezza.
      Solo un criminale parla e si comporta da criminale- è l’osservazione che viene ripetuta nel libro, a proposito della perfetta finzione di Piet nel suo ruolo di spacciatore colto in flagrante dalla polizia. Solo qualcuno che ha conosciuto l’esperienza della prigione può scriverne in maniera così reale e dettagliata: nella coppia dei due scrittori, uno è stato un giornalista che si è occupato di crimini e di problemi sociali, l’altro ha un passato lontano di criminalità e si è impegnato nel recupero di tossicodipendenti. Insieme sono bravissimi. Accade, a volte, che i romanzi seriali tendano a scadere, a diventare ripetitivi, a rivelare mancanza di invenzione. Non così per i romanzi di Rosslund e Hellström. Negli anni passati la casa editrice Cairo aveva già pubblicato due libri con l’ispettore Grens, La bestia e Punizione, entrambi notevoli. Tre secondi è ottimo, migliore ancora degli altri due- per la magistrale costruzione, per l’approfondimento psicologico dei protagonisti, per la capacità di spostare continuamente la messa a fuoco dell’obbiettivo: dai personaggi all’interno del carcere, da qui alla nuova Europa in cui la caduta delle frontiere ha favorito il dilagare del crimine. E sempre, come nei romanzi precedenti, c’è una domanda più ampia che sottende gli avvenimenti della trama- in Punizione riguardava il sistema giudiziario americano, in Tre secondi il quesito è fino a che punto sia lecita la connivenza tra le forze dell’ordine e i criminali.

la recensione è stata pubblicata sulla rivista Stilos








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