il libro ritrovato
Steven Millhauser, “Martin Dressler”
Quando il Grande Cosmo raggiunse la
vetta del trentesimo piano, quando il suo scheletro d’acciaio cominciò a
sparire sotto lo scudo di pietra bugnata, su giornali e riviste comparvero i
primi annunci pubblicitari che mostravano l’edificio con il telo sollevato ad
altezze diverse; e intorno alla struttura seminascosta si leggevano scritte del
tipo IL GRANDE COSMO: CULTURA E COMMERCIO PER UNA VITA COMODA.
E’ proprio del genio la capacità
di sognare, di immaginare in grande, al di là dei confini umani. E ha qualcosa
del genio il protagonista del romanzo di Steven Millhauser, “Martin Dressler”,
vincitore del Premio Pulitzer 1997. Un nome per titolo, secondo la tradizione
del grande romanzo inglese, a significare che questa è una storia vera- o
possiamo credere che lo sia. Un sognatore, Martin Dressler, che impersona il
meglio del sogno americano, quello del self-made man spinto non solo dal
desiderio di ricchezza, ma da un’ambizione personale di dare il meglio di sé
procurando il meglio per gli altri. Martin Dressler è figlio di un tabaccaio e-
ancora ragazzino- incomincia col suggerire un miglioramento alla piccola rivendita
di sigari nell’atrio dell’albergo Vanderlyn. Perché ha occhio, ha intuito per
tutto quello che potrebbe riuscire gradito a dei possibili clienti. A
quattordici anni viene assunto come fattorino dell’albergo, poi passa alla
reception, diventa segretario del direttore e infine il grande salto: con
l’aiuto di un cliente del Vanderlyn rileva dei locali e si lancia nell’impresa
della ristorazione. Martin ha ventun’anni quando apre il primo di una catena di
ristoranti: l’idea è quella di un ambiente confortevole, prezzi ragionevoli,
buon cibo. Offrendo lo stesso modello di ristorante in varie zone della città,
si dà l’idea di sicurezza, non ci sono incognite su quello che verrà servito al
cliente. Questo è il principio su cui si baseranno i vari McDonald’s- ma l’anno
in cui apre il ristorante di Martin è il 1894, in una New York che pulsa
di vita, sembra un cantiere a cielo aperto, non ha ancora il famoso skyline di
grattacieli ma ha inaugurato da poco il ponte di Brooklyn.
In dieci anni Martin
sale sempre più in alto- letteralmente. Dopo i ristoranti, gli alberghi. Il
Dressler, diciotto piani, il Nuovo Dressler, ventiquattro piani e sei sotto il
livello della strada, il Grande Cosmo, trenta piani e tredici sotterranei. Ogni
albergo qualcosa di più, qualcosa di grandioso e di visionario. Un albergo come
un mondo a sé, che offra negozi e svaghi, e piacere per gli occhi nella ricerca
del dettaglio. Che l’ospite trovi tutto quello di cui ha voglia e bisogno e che
non senta più il desiderio di uscire. Ma il Grande Cosmo, inaugurato nel 1905,
è anche il grande fiasco: perché è troppo, troppo di tutto, troppo eclettismo
negli stili, troppo grandioso, troppo enorme, troppo stravagante, troppo poco
albergo, troppo ambizioso nel voler essere una metropoli nella metropoli.
Martin è grandioso anche nella caduta- cede tutto per mantenere in vita il
sogno in cui ha creduto. Si ritroverà a terra, ricomincerà da capo, forse
aprirà un negozio di sigari- doveva essere punito per aver volato troppo in
alto?
Millhauser è straordinario nell’erigere edifici fantastici con le parole,
risolvendo problemi ingegneristici e architettonici, rendendo il tutto
perfettamente credibile e facendo apparire più grande lo scompenso tra la mente
e il cuore del suo personaggio, teso nell’inseguimento del suo progetto di vita
e incapace di capire i suoi sentimenti.
la recensione è stata pubblicata su www.alice.it
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