mercoledì 26 aprile 2017

Steven Millhauser, “Martin Dressler” ed. 2004

                                     Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
                                                          il libro ritrovato


Steven Millhauser, “Martin Dressler”
 Ed. Fanucci, trad. Susanna Basso, pagg. 269, Euro 15,00

Quando il Grande Cosmo raggiunse la vetta del trentesimo piano, quando il suo scheletro d’acciaio cominciò a sparire sotto lo scudo di pietra bugnata, su giornali e riviste comparvero i primi annunci pubblicitari che mostravano l’edificio con il telo sollevato ad altezze diverse; e intorno alla struttura seminascosta si leggevano scritte del tipo IL GRANDE COSMO: CULTURA E COMMERCIO PER UNA VITA COMODA.

    E’ proprio del genio la capacità di sognare, di immaginare in grande, al di là dei confini umani. E ha qualcosa del genio il protagonista del romanzo di Steven Millhauser, “Martin Dressler”, vincitore del Premio Pulitzer 1997. Un nome per titolo, secondo la tradizione del grande romanzo inglese, a significare che questa è una storia vera- o possiamo credere che lo sia. Un sognatore, Martin Dressler, che impersona il meglio del sogno americano, quello del self-made man spinto non solo dal desiderio di ricchezza, ma da un’ambizione personale di dare il meglio di sé procurando il meglio per gli altri. Martin Dressler è figlio di un tabaccaio e- ancora ragazzino- incomincia col suggerire un miglioramento alla piccola rivendita di sigari nell’atrio dell’albergo Vanderlyn. Perché ha occhio, ha intuito per tutto quello che potrebbe riuscire gradito a dei possibili clienti. A quattordici anni viene assunto come fattorino dell’albergo, poi passa alla reception, diventa segretario del direttore e infine il grande salto: con l’aiuto di un cliente del Vanderlyn rileva dei locali e si lancia nell’impresa della ristorazione. Martin ha ventun’anni quando apre il primo di una catena di ristoranti: l’idea è quella di un ambiente confortevole, prezzi ragionevoli, buon cibo. Offrendo lo stesso modello di ristorante in varie zone della città, si dà l’idea di sicurezza, non ci sono incognite su quello che verrà servito al cliente. Questo è il principio su cui si baseranno i vari McDonald’s- ma l’anno in cui apre il ristorante di Martin è il 1894, in una New York che pulsa di vita, sembra un cantiere a cielo aperto, non ha ancora il famoso skyline di grattacieli ma ha inaugurato da poco il ponte di Brooklyn.
In dieci anni Martin sale sempre più in alto- letteralmente. Dopo i ristoranti, gli alberghi. Il Dressler, diciotto piani, il Nuovo Dressler, ventiquattro piani e sei sotto il livello della strada, il Grande Cosmo, trenta piani e tredici sotterranei. Ogni albergo qualcosa di più, qualcosa di grandioso e di visionario. Un albergo come un mondo a sé, che offra negozi e svaghi, e piacere per gli occhi nella ricerca del dettaglio. Che l’ospite trovi tutto quello di cui ha voglia e bisogno e che non senta più il desiderio di uscire. Ma il Grande Cosmo, inaugurato nel 1905, è anche il grande fiasco: perché è troppo, troppo di tutto, troppo eclettismo negli stili, troppo grandioso, troppo enorme, troppo stravagante, troppo poco albergo, troppo ambizioso nel voler essere una metropoli nella metropoli. Martin è grandioso anche nella caduta- cede tutto per mantenere in vita il sogno in cui ha creduto. Si ritroverà a terra, ricomincerà da capo, forse aprirà un negozio di sigari- doveva essere punito per aver volato troppo in alto? 
Millhauser è straordinario nell’erigere edifici fantastici con le parole, risolvendo problemi ingegneristici e architettonici, rendendo il tutto perfettamente credibile e facendo apparire più grande lo scompenso tra la mente e il cuore del suo personaggio, teso nell’inseguimento del suo progetto di vita e incapace di capire i suoi sentimenti.

la recensione è stata pubblicata su www.alice.it




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