Voci da mondi diversi. Francia
noir
FRESCO DI LETTURA
Hervé Le Corre, “Dopo la guerra”
Ed. e/o, trad. Testasecca-A.
Bracci, pagg 515, Euro 15,30
Non è Parigi, la città in cui è
ambientato l’ottimo ‘noir’ di Le Corre (attenzione, la definizione di genere va
stretta a questo romanzo). Parigi è Parigi, tutto il meglio e tutto il peggio
può succedere a Parigi. Qui siamo a Bordeaux, vale a dire che, se tutto quello
di cui leggiamo può succedere nella tranquilla cittadina di Bordeaux- be’, è la
fine, non c’è rimedio per la malvagità umana. Nove omicidi in dieci mesi.
Troppi per Bordeaux, per l’appunto. E se, mentre procediamo nella lettura
incalzati dagli avvenimenti, pensiamo che “Vendetta” poteva essere il titolo
che meglio si addiceva al romanzo, dobbiamo ricrederci prima della fine, quando
ci rendiamo conto che tutto ciò che è successo, tutti gli accanimenti e le
morti non sono solo frutto di un desiderio semplice di vendetta, ma sono una
conseguenza della guerra. Perché la guerra non trasforma l’uomo ma lo mette in
una situazione in cui è obbligato a scegliere quale sentiero voglia percorrere.
E- lo dice Shakespeare- ‘il sentiero delle primule porta all’inferno’. La
strada più facile, quella che salva la vita nella situazione contingente, è
anche quella che danna l’anima.
Anni ‘50. Albert Darlac, ispettore di
polizia. André Vaillant (il suo vero nome è Jean Delbos), sopravvissuto ad
Auschwitz. Daniel Delbos, adottato da una coppia amica dei suoi genitori dopo
che questi sono stati deportati, arruolato volontario per combattere in
Algeria. Sono questi i tre personaggi principali di “Dopo la guerra”, dei tre
filoni narrativi che si alternano, con sbalzi temporali (quando André scrive
ossessivamente i suoi ricordi, dando corpo su carta al mostro che rode la sua
mente) e con cambiamenti di luogo d’azione (la storia di Daniel che assaggia la
guerra in Algeria è come un romanzo di formazione, un romanzo dentro il romanzo).
André Vaillant ha lasciato passare gli anni prima di ritornare a Bordeaux. Per
rivedere il figlio e per vendicarsi di Darlac. Lo aveva considerato un amico,
compagno di bisbocce nelle notti che duravano fino all’alba quando, ritornando
dalla moglie Olga e dal bambino, André prometteva di cambiare vita. Lui e Olga
avevano cambiato vita, eccome. Darlac aveva promesso che li avrebbe avvisati
per tempo se ci fosse stata una retata. Invece c’era lui stesso dietro alla
delazione. Olga era finita subito nelle camere a gas, André era sopravvissuto,
un morto vivente con ricordi senza parole, il bambino Daniel era rimasto
acquattato sul tetto, dove lo aveva fatto salire André, finché era arrivato il
vicino di casa.
E’ importante che il tempo del romanzo di
Le Corre sia lo strascico di una guerra e l’inizio di un’altra. Perché
l’impressione è che la guerra sia una costante dell’umanità e non un fattore
straordinario, perché in questa maniera André e suo figlio diventano l’uno la
controparte dell’altro- se André è la vittima del conflitto mondiale, Daniel
potrebbe rivestire i panni del carnefice nella guerra di Algeria (non c’è nulla
di nuovo nelle atrocità che i militari francesi compiono sugli algerini che, mutatis mutandis, rivestono il ruolo dei
partigiani francesi quando i nemici erano i tedeschi), ampliando la portata
della vendetta per ciò che la sua famiglia ha sofferto.
E infine perché il
vertice di questo triangolo di personaggi, Darlac, proprio ‘grazie’ alle due
guerre ha modo di ampliare il suo campo di Male e a influenzare in modo nefasto
il corso della vita di André e di Daniel. Il romanzo di Hervé Le Corre è una
storia soprattutto di vendetta nell’arco di tempo ‘dopo la guerra’. Quello che
viene fuori, però, nel racconto di questa caccia in cui i ruoli di cacciatore e
preda cambiano di continuo, è come il pus che schizza fuori da un bubbone-
opportunismo e tradimenti, delazioni e razzie, spoliazioni indebite,
arricchimenti a prezzo di montagne di cadaveri, voltafaccia e risciacquata dei
panni sporchi alla fine dell’Occupazione. E che sia un tutore dell’ordine
l’emblema del Male è quello che colora di nero tutto il romanzo, non lascia uno
spiraglio di luce, ci soffoca.
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