Voci da mondi diversi. Asia
fresco di lettura
Shih-Li Kow, “La
somma delle nostre follie”
Ed. Metropoli d’Asia, trad. M.Martignoni, pagg. 262, Euro
12,33
Verrebbe da dire che questo romanzo non
ha né capo né coda. Il punto di inizio potrebbe anche essere un altro e il
libro potrebbe continuare oltre la fine. Il titolo, poi, “La somma delle nostre
follie” è di per sé una traccia. E però nel romanzo c’è un centro, il
villaggio di Lubok Sayong nel Perak, in Malesia, il nodo di tutte le storie.
Perché è di questo che si tratta: “La somma delle follie” è una somma di storie
collegate come possono esserlo avendo un luogo comune come punto di riferimento
e due diversi narratori, o punti di vista che si alternano. L’anziano Auyong è
un cinese che dirige un conservificio e la giovane Mary Anne è un’orfana
arrivata da Kuala Lumpur dopo un incidente d’auto che ha causato la morte della
coppia che l’aveva appena adottata. Sono entrambi due estranei a Lubok Sayong,
li separa l’esperienza di una vita. Non sappiamo molto di quella di Auyong,
sappiamo quello che è diventato- un uomo gentile, compassionevole e paziente,
capace di tacere e comprendere, di trovarsi nel posto in cui qualcuno ha
bisogno di lui. Come l’undicenne Mary Anne, ricoverata in ospedale dopo
l’incidente, con il rimorso di non aver aperto bocca prima, chiedendo una
patatina, quando si era accorta che il suo nuovo padre si stava addormentando
sul volante. Mary Anne finisce a Lubok Sayong perché era la volontà espressa
dalla madre adottiva, sorellastra di Mami Beeve, proprietaria di una casa così
caratteristica che verrà acquistata e trasportata su un’isola dove una coppia
intraprendente (il marito è italiano) ha aperto un centro di villeggiatura e di
benessere e di una seconda casa, la Grande Casa che il padre di Mami aveva
fatto costruire con quattro torri, una per ogni moglie e che ora accoglie i
turisti che si avventurano a Lubok Sayong.
La possibilità di storie è infinita, possiamo ben capirlo e non voglio
gustarvi il piacere di scoprirle. Perché questo è un piccolo mistero che solo
la bravura della scrittrice può spiegare: siamo stregati dalla lettura, non c’è
niente che giustifichi la nostra curiosità di andare avanti a leggere, eppure
siamo curiosi, desiderosi di sapere altro. Anche perché queste storie sono un
miscuglio di realtà e fantasia, di naturalistico e di immaginario. C’è un
bambino scuro che esce da un buco nel giardino, Mary Anne lo vede- si bisbiglia
che sia il figlio abortito di Violet, quarta e giovanissima moglie del padre di
Mami. Ma circola anche un’altra storia su questo figlio di Violet e la
bellissima Violet stessa farà la sua inattesa apparizione alla fine. Noi
verremo a sapere la verità, lei, Violet, no.
C’è poi un pesce lasciato libero
da Mami durante l’alluvione- questo non l’ho detto, se volete, potete
considerare l’alluvione (una delle tante alluvioni del sud est asiatico) come
l’inizio del romanzo- e che salta fuori dal lago inghiottendo un malcapitato
ospite della Grande Casa (e ci saranno giornalisti e turisti curiosi che
affolleranno Lubok Sayong). C’è una donna che alleva sanguisughe e, durante
l’alluvione, va in giro interamente coperta dalle sue ‘bambine’, c’è l’amica
del cuore di Mary Anne che le fa scoprire i romanzi rosa, c’è un incredibile
trans, Miss Boonsidik, che conquista le nostre simpatie e che interviene in
difesa dei ‘ladyboy’, i ragazzi gay sottoposti a un regime severissimo di
rieducazione mascolinizzante nel collegio di Lubok Sayong, c’è anche ironia
politica su una donna ministro in visita nella cittadina. E altro ancora.
Non ce ne siamo neppure accorti, eppure,
con brio e leggerezza, Shih-Li Kow ha tracciato per noi un colorito quadro
della Malesia che avanza nella modernità con un occhio alla tradizione.
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