Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro ritrovato
John Williams,
“Butcher’s Crossing”
Ed. Fazi, trad. Stefano Tummolini, pagg.
357, Euro 17,50
E’ il 1873. In Europa i coetanei del
poco più che ventenne Will Andrews sono soliti partire per il grand tour che li porta a conoscere le
vestigia delle grandi civiltà del passato. Lui, studente bostoniano, parte invece
per il ‘far West’, è diretto in Kansas, nel cuore dell’America, in cerca di
natura selvaggia, di libertà e bellezza. Cerca ‘l’origine e la salvezza del suo
mondo’ che è sicuro di trovare in un luogo che sia agli antipodi di Boston, la
città della cultura dove di certo è venuto a conoscenza degli scritti dei
trascendentalisti, di Emerson e Thoreau che predicano un ritorno alla natura.
“Butcher’s Crossing”, lo
splendido romanzo di John Williams (di cui abbiamo già letto l’altrettanto
splendido “Stoner”), è la storia dell’anno in cui Will Andrews vede infrangersi
un mito, in cui ‘cresce’ ed alla fine è un adulto del tutto diverso, anche
fisicamente, dallo studente che è arrivato in quell’agglomerato di case che non
hanno neppure i vetri alle finestre, con i soldi in tasca per pagarsi il suo
sogno- la caccia al bisonte. Gli animalisti sono di là da venire e il maestoso
bisonte è, per il giovane Will, l’essenza della natura incontaminata, affrontarlo
è una prova di virilità per il cacciatore, un rito di passaggio per lui. I
soldi servono a quello. Will paga per seguire Miller, il cacciatore più famoso,
senza badare a insinuazioni sul suo carattere. Paga per il carro, per i buoi
che lo trainano, per l’uomo che starà a cassetta e che ha un moncherino al
posto di una mano persa per congelamento, paga per il cinico scuoiatore, per i
cavalli che questi, Miller e lui monteranno. Will non bada neppure a chi lo avverte
che ormai la stagione giusta è passata, è già settembre. Si fida di Miller che
lo assicura che in un mese e mezzo saranno di ritorno carichi di pelli. E
ricchi. Il sogno di Will si incontra con il sogno di Miller che, una decina di
anni prima, è capitato per caso in una valle nascosta in Colorado e ha visto
una mandria sterminata di bisonti. Will non può immaginare che il sogno di
Miller sia un’ossessione, che diventerà una ‘monomania’ come quella del
capitano Achab che insegue la balena bianca, sordo a ogni ragionevole richiesta
di invertire la rotta della Pequod.
In “Butcher’s Crossing” la narrazione è
scandita come in un’opera classica: c’è un prologo- il viaggio-, una parte
centrale- l’azione, la caccia-, e l’epilogo, che non è solo la fine dell’avventura
di Will ma di un’intera epoca. Il viaggio, durante il quale incomincia il
cambiamento fisico dell’inesperto
Will che quasi non riesce neppure più a sedersi per il dolore alle natiche:
“sentiva il corpo indurirsi e farsi sempre più magro. A volte aveva
l’impressione di spostarsi dentro un altro corpo”. La caccia, iniziata con
baldanza e stupore ed entusiasmo e già intaccata dopo l’uccisione della prima
bestia, il vecchio capobranco che si affloscia perdendo la sua dignità e la sua
identità, quando Will “aveva avvertito anche la distruzione di qualcosa dentro
di sé”. Ma, anche quando hanno scuoiato un numero di pelli superiore a quello
che possono trasportare, quando si avverte una differenza nell’aria e sarebbe
saggio tornare, Miller, chiuso nella sua ossessione, continua a sparare.
L’armonia della natura idealizzata da Will è spezzata, tutto è raffica di
spari, la caccia è un massacro. E la natura si rivolta contro chi ha osato
sfidarla, imprigionando gli stolti. L’epilogo è il ritorno che, però, non è
tranquillo. Il dramma continua, dopo quello del lungo inverno. Succede loro
come a Rip van Winkle: sono irriconoscibili loro ed è irriconoscibile il paese
che sembra essere deserto, abbandonato da tutti. Persino le pelli di bisonte,
che erano così preziose mesi prima, sono accumulate lì, nell’incuria: il vento
ha girato, è finita l’era dei bisonti. Che spreco, che inutilità, tutte quelle
bestie- quante? cinquemila?- uccise per nulla. Allora il nome di quel posto,
l’incrocio del macellaio, si carica di significati- pensiamo agli animali
uccisi, pensiamo anche che ‘crossing’ è attraversare un confine, passare una
linea d’ombra, e per Will crescere è stato passare attraverso una carneficina.
Il romanzo di John Williams è stato
scritto nel 1960: ritrovarlo ora è come dissotterrare un tesoro durante uno
scavo archeologico. E, pensando a tutti gli avvenimenti intercorsi sulla scena
mondiale, ci si domanda se il tema della caccia- ai giganti della natura, la
balena, i bisonti-, che ci pare prettamente americano, non rispecchi una
qualche loro caratteristica, di aggressività e di necessità di imporsi
vittoriosi.
la recensione è stata pubblicata da www.stradanove.net
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