Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro ritrovato
John Williams,
“Stoner”
Ed. Fazi, trad. Stefano Tummolini,
pagg.322, Euro 17,50
“Stoner” non è un bel libro. “Stoner” è
un libro splendido. Se avete dei dubbi, leggendo che è la storia di un uomo che
non si è mai allontanato più di un centinaio di chilometri dal luogo dove è
nato e che ha insegnato per quarant’anni nella stessa università dove ha
studiato, dissipateli immediatamente. Una volta tanto lo strillo di copertina
preso da Le Figaro, “Questa è grande
arte”, dice la verità. Perché con uno stile limpido e pulito John Williams
(nato nel 1922 in Texas da una famiglia di contadini, diventato lui stesso
insegnante universitario e morto nel 1994) ci parla di un uomo che impariamo a
rispettare e ad amare, che ci fa soffrire della sua dignitosa sofferenza e da
cui ci accomiatiamo, alla fine, rimpiangendolo, per quello che ancora avrebbe
potuto darci, ammirandolo una volta di più per il suo quieto stoicismo, per la
lucidità spietata con cui guarda al suo passato, riconoscendosi come un
fallito.
Eppure, mi riesce impossibile considerare
un fallito William Stoner- lungo tutto il romanzo sarà sempre chiamato
semplicemente ‘Stoner’, e pensiamo alla durezza della pietra, stone in inglese. La moglie ogni tanto
lo chiama con un improbabilmente affettuoso ‘Willy’, l’amante lo chiamerà Bill.
Era nato nel 1891 in una fattoria nel Missouri. Il padre era un agricoltore,
fino alla morte avrebbe avuto il nero della terra sotto le unghie. William
Stoner si era iscritto alla facoltà di agraria su consiglio dell’ispettore della
contea. Era un sacrificio economico per i genitori, era un sacrificio anche
rinunciare al suo aiuto nei campi, ma era stato loro detto che si sarebbero
avvantaggiati dei suoi studi. Soltanto che, dopo aver frequentato le lezioni di
letteratura inglese che erano un pro-forma per il suo corso di studi, Stoner
aveva cambiato indirizzo, incantato suo malgrado dal mondo delle parole svelato
da un burbero insegnante.
Possiamo immaginarlo, questo contadinotto mal vestito e sgobbone, solitario
e goffo che vive in un’altra dimensione leggendo le opere dei grandi scrittori.
Un ragazzo così insicuro di sé non può fare delle amicizie- in tutta la sua
vita avrà solo due amici, e uno dei due muore in guerra, subito dopo essersi
arruolato. Era quello che aveva detto che l’università è una casa di riposo
“per vecchi e malati, per gli infelici, o gli inetti di ogni genere”. Aveva
ragione, riconosciamolo. Stoner è protetto in quel mondo recintato dalla
cultura, dove neppure si avvertono gli echi della competizione capitalista. C’è
un’altra sorta di competizione in un gioco in cui non ci sono vincite di soldi
ma di potere dell’intelletto. Quando Stoner si rifiuta di promuovere uno
studente handicappato, sostenuto da un collega pure lui handicappato, perché
una menomazione non deve giustificare l’impreparazione, la sua carriera viene
stroncata dal suddetto collega. Non si parla di una carriera che frutta un
vantaggio economico, ma di una retrocessione ad insegnare in corsi per
matricole dove ci si abbrutisce nel cercare di rendere meno rozzi gli studenti.
Frustrato il lavoro di ricerca, gli approfondimenti, i voli della mente. Stoner
subisce. Forse è questo l’unico difetto che vediamo in Stoner. Stoner è
passivo. E se ben poco può fare per rimediare all’infelicità del suo matrimonio
con una donna vittima dell’ignoranza sessuale delle ragazze per bene
dell’epoca, potrebbe imporsi, però, per ‘salvare’ la figlia dalle grinfie
gelose della moglie. Potrebbe lottare per difendere il suo amore, quando- e ne
siamo così felici per lui- lo incontra in una delle studentesse che seguivano
le sue lezioni. Ma Stoner non è un lottatore. Stoner non parte per nessuna
delle due guerre, e non perché sia un vigliacco, ma perché la violenza non
appartiene al suo mondo.
La storia di Stoner è quella di un uomo
buono. E c’è sempre un buon grado di passività in un uomo buono, per quello
gliela perdoniamo. E’ un uomo integro e corretto, nei confronti di tutti.
Quando- e lui è già vicino alla morte che guarda in faccia senza paura- la
moglie si riavvicina a lui con affetto, tiriamo un sospiro di sollievo. Non
morirà solo, qualcun altro oltre a noi lettori si è accorto del suo valore e
gli vuole bene.
Un libro imperdibile. Da leggere e rileggere,
certi che ogni rilettura sarà un arricchimento.
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