Voci da mondi diversi. Cuba
cento sfumature di giallo
il libro ritrovato
Intervista a Leonardo Padura Fuentes, autore de "La nebbia del passato"
E’ un vecchio ‘amico’, Leonardo
Padura Fuentes, lo scrittore nato all’Avana nel 1955. E’ sempre un piacere
incontrarlo ogni volta che viene pubblicato un suo romanzo in Italia, perché
nessuno come lui è capace di guardare la realtà del suo paese con occhio
attento, da innamorato disincantato che tuttavia non perde la fede nel suo
amore. Abbiamo parlato con lui del suo ultimo libro, “La nebbia del passato”, e
dei cambiamenti che stanno avvenendo a Cuba.
Il Conde si sente “incommensurabilmente” triste: è sua, di lei Leonardo
Padura Fuentes, la tristezza del Conde?
Sì e no. Fin dal primo romanzo Conde è
sempre stato l’occhio che ho usato per vedere la realtà cubana, e i sentimenti,
la maniera di intendere la realtà cubana del Conde hanno molto a che fare con
me, anche se Conde non è il mio alter ego: Conde non sono io. Credo che una
delle caratteristiche del personaggio- e anche uno dei motivi per cui ha
funzionato in quanto personaggio letterario- sia stata che sono riuscito a
dargli un suo carattere. Una delle componenti del suo carattere è la
melanconia, la tristezza che sempre lo accompagna. In questo romanzo Conde è
vicino ai 50 anni, ha passato la tappa della crisi più dura a Cuba e si sente
triste perché sa che il presente e il futuro possono essere molto scuri. Anche
io ho questa sensazione, e tuttavia devo riconoscere che, tra il 2005 e
oggi, qualcosa è cambiato e ho un poco
di speranza che alcune cose possano essere diverse, soprattutto per il bene di
persone come Conde e i suoi amici. Adesso sono più ottimista, mi pare che a
Cuba ci sia una visione più realista dell’economia e della società e che quindi
in futuro le cosa possano migliorare.
Mi sembra ci sia un altro riferimento autobiografico: il Conde dice di
essere un fantasma del passato: è la sua generazione, Padura Fuentes, che è
fatta di fantasmi del passato?
La mia generazione è quella che è cresciuta
dentro la rivoluzione e il nostro passato e il nostro presente hanno seguito lo
sviluppo della rivoluzione. Siamo cresciuti con la fiducia nel futuro e, come
capita a Conde, quando siamo arrivati al momento in cui doveva iniziare il
futuro- quando avevamo trenta, quaranta anni- tutto è crollato. Quello fu il
momento in cui potemmo capire la realtà di Cuba e di quello che era stato il
socialismo in Europa.
E ci sentimmo delusi. Questo sentimento ci ha lasciato
con una mistica del passato, una visione romantica del passato, e anche con la
certezza che tutto quello che avevamo fatto e creduto alla fine si era
trasformato in nulla. Fu come se ci togliessero la terra da sotto i piedi. Ed è
da questo che deriva la nostra sensazione di non esistere, di essere dei
fantasmi, e che sempre abbiamo dovuto iniziare di nuovo, ma ogni volta eravamo
un poco più vecchi e con più cicatrici.
Sempre pensando a Lei come scrittore, ci fa sorridere quello che dice
il Conde, la raccomandazione di non conoscere mai di persona uno scrittore, se
ti è piaciuto il suo libro. Perché?
Gli scrittori sono due cose: una persona
che scrive e una persona che vive per scrivere. Quello che scrive ha la
possibilità di produrre piacere, se è un bravo scrittore, ma la persona che
vive per scrivere è qualcuno che soffre in questo processo di creazione, che ha
i problemi dell’essere umano, che a volte è spiacevole come persona. Può essere
vanitoso, oppure può essere una persona eccellente, ma credo che, se lo
conosciamo nel libro e ci piace, non è necessario conoscere la persona che sta
dietro il libro, e ci sono molti scrittori che sono impresentabili. E ha a che
vedere con il lavoro dello scrittore, perché scrivere è un lavoro che- almeno
per me è così- è molto stancante, perché in genere si deve tirare fuori il
peggio che si ha dentro per poter scrivere. Questo sguardo a volte sordido
sulla realtà, questo mettersi all’interno di un personaggio e tirare fuori il
peggio- questo è qualcosa che influenza uno come persona. Per questo direi che,
se il libro è bello, è meglio accontentarsi del libro senza voler conoscere lo
scrittore. E anche se il libro non è bello, è meglio così.
“La nebbia del passato”- sono le parole del bolero per la storia
d’amore, ma possiamo anche intenderle come un riferimento alla nebbia di un
passato storico?
Sì, anche. Questa canzone mi perseguitava
da molti anni e originalmente era un tango argentino, ma c’è una versione di un
cantante cubano che lo ha trasformato in un bolero. Il nome di questo cantante
era Bola de Nieve- era un uomo molto nero che diceva che lui non cantava ma che
aveva la voce di un uomo che diceva una canzone. Aveva una maniera così
drammatica di cantare che mi pareva stesse raccontando una storia che gli era
capitata. Da qui è venuto il romanzo.
Quando ho deciso di scriverlo, ho sentito
che il passato è parte di questa storia e questo passato non è quello di cui
parlavo prima, ma un passato molto oscuro per noi, avvolto nella nebbia. E
tuttavia è un passato molto attraente, quello dell’epoca dello splendore
dell’Avana, delle notti dell’Avana. E il romanzo vuole essere uno sguardo su
due mondi, sul passato e il presente che capitano nello stesso luogo e non si
riconoscono quasi. Le rivoluzioni cambiano le società e tra l’immagine di un
passato e quella del presente fluttua una nebbia in cui le figure non si vedono
chiaramente.
E tuttavia non è forse un processo inarrestabile, quello per cui tutto
il passato è avvolto nella nebbia? perché anche Alcides Montes e la sua
biblioteca sono avvolti dalla nebbia del passato…
C’è come la ricerca del principio di tutto,
e la storia di Cuba è connessa con la sua cultura. Cuba è stata una nazione
prima di essere un paese. Cuba riesce ad essere un paese solo nel 1902 ed è una
nazione dal principio dell’800. Eravamo cubani ma continuavamo ad appartenere
all’impero spagnolo. Quello che segnò la differenza tra un creolo e un
peninsulare- come venivano chiamati gli spagnoli- fu la cultura; uno degli
elementi più importanti fu questa grande bibliografia del secolo XIX cubano.
Questa ricchezza culturale si creò a Cuba grazie alla ricchezza economica:
allora era una parte molto ricca della Spagna. La coscienza del cubano
incomincia qui. Intanto questa ricerca del passato significa sempre incontrare
le ragioni del presente. Quando Conde guarda l’Avana e pensa che non è la sua
città, che si sente un estraneo, è perché si stanno rompendo dei valori storici
che furono quelli che diedero la continuità all’identità cubana. E Conde si
oppone, a modo suo, a questa rottura e cerca di recuperare questa identità che
sta andando in frantumi. Come lo fa? Decide che ci sono dei libri che non si
possono vendere: è un modo romantico, allucinato, ma è il suo.
C’è una cantante, ci sono tante cantanti dietro Violeta del Rìo?
Violeta è il riassunto di molte cantanti:
l’Avana degli anni ‘50 era la città della musica.. Credo che mai, in nessuna
città del mondo, ci sia stata tanta musica come laggiù negli anni ‘50 e questa
era un’epoca molto complicata a Cuba: c’era la lotta rivoluzionaria e una
repressione, c’erano sabotaggi rivoluzionari e molta tensione. Ma si continuava
a sentire musica: Ho sempre visto rappresentato questo spirito della musica in
queste donne che cantavano, donne che erano come la rappresentazione dei sogni
nella realtà. Violeta è la sintesi di questo ambiente. Ma è anche il sogno, o è
come un angelo, perché Violeta è vista solo attraverso i ricordi degli altri.
Quello che è rimasto di lei è questo mistero, la parte angelica di lei. Non credo
che una Violeta reale potesse essere questa persona così perfetta, ma è quello
che è rimasto di lei attraverso gli occhi di chi l’ha conosciuta: Violeta è il
sogno del passato.
E c’è una vera biblioteca dietro quella biblioteca straordinaria del
romanzo, il sogno di ogni bibliofilo?
In Cuba ci furono grandi
biblioteche private, perché la vecchia borghesia cubana dell’800 era una
borghesia molto colta. Quasi tutti i membri avevano studiato in università
europee e portavano questa cultura a Cuba. Cuba era un paese molto europeo e
per questo fu a fatica che la cultura americana contaminò la forma di vita cubana.
Persino il baseball si affermò a Cuba perché era una forma di reazione contro la Spagna. Queste biblioteche,
come i palazzi dell’Avana, i teatri e le collezioni d’arte, sono la sintesi di
questa necessità di consumare culture, di essere vicino alle culture. A Cuba
cantarono tutti i grandi cantanti d’opera, ballarono le grandi ballerine, per
Cuba passarono i poeti spagnoli del ‘27 e questa densità culturale ci fu solo
in tre paesi dell’America latina: Cuba, Messico e Argentina. E le biblioteche
come quella del libro sono reali, anche se sono a poco a poco scomparse.
Leggiamo degli inizi di un’epoca di cambiamenti a Cuba: c’è molto
entusiasmo, c’è molta attesa di novità con il governo di Raul? E che cosa prova
la gente, adesso, per Fidel?
La gente ha speranza, si è visto che si
possono operare dei cambiamenti che anche prima erano possibili e non si erano
fatti perché una persona aveva deciso di no. Fidel fu il romantico e oggi Raul
sembra essere il pragmatico, e Cuba aveva bisogno di pragmatismo. Credo che
siano solo i primi cambiamenti, di tipo, per così dire, cosmetico, cambiamenti
primari.
Ma se produrranno cambiamenti nell’economia- perché Cuba era arrivata
al punto che era un paese che NON produceva, che viveva solo del turismo e dei
tecnici e dei medici che mandava all’estero. Il governo dice che si sta
cercando di far produrre il paese come nel passato che vediamo attraverso la
nebbia- quando Cuba produceva zucchero, carne, tabacco. Questo processo avviene
in un mondo diverso che vive un momento di crisi i cui risultati potrebbero
essere fatali per il mondo in senso economico, politico ed ecologico. E Cuba ha
bisogno di riadeguarsi per appartenere a questo mondo e poter sopravvivere.
Fidel è un uomo dell’utopia del secolo XX e Cuba in questo momento necessita
l’uomo pragmatico del secolo XXI.
Raul Castro |
E che cosa si dice di Fidel, adesso che non è più in carica?
Non si parla di Fidel e già questo è
significativo. Mi pare che Fidel sia nella nebbia del passato e la gente vuole
guardare al futuro. La propaganda ufficiale continua a pubblicare libri su
Fidel, ma in realtà la gente non ne parla. La gente parla solo di quello che
può fare Raul, di quello che sta facendo Raul. La gente ha bisogno di guardare
il futuro. C’è una stanchezza storica, come dice il Conde. Vogliamo essere
normali e non storici.
Chissà che cosa pensa il Conde del nuovo governo: tornerà presto in un
romanzo a farcelo sapere? Aspetta per vedere che cosa succede?
Spero di iniziare l’anno prossimo a scrivere un nuovo romanzo con Conde,
perché ora sto cercando di terminare un romanzo in cui non c’è lui come
protagonista, un romanzo che ha a che fare con tutto questo, un libro
sull’utopia e sulla morte dell’utopia. I suoi personaggi sono Trotskji, il suo
assassino Mercader e un giovane scrittore cubano. Ci sono riflessioni sul
perché si ruppe l’utopia del secolo XX, perché la società degli uguali fu un
fallimento e perché scomparve il comunismo. E sì, Conde aspetta di vedere che
cosa succede…
l'intervista è stata pubblicata su www.stradanove.net
Nessun commento:
Posta un commento