INCONTRO CON MO YAN, autore di "Grande seno, fianchi
larghi"
Il Festival della Letteratura di Mantova è l'
appuntamento per tutti gli amanti della lettura. Il modo migliore per finire le
vacanze, ha detto qualcuno. Luogo di incontri con gli scrittori, di scoperte,
di confronti di idee. Sabato 7 settembre, noi di Stradanove siamo andati a
sentire dialogare lo scrittore cinese Mo Yan, autore di "Grande seno,
fianchi larghi", con Bruno Gambarotta. Anche nel parlare di sé e dell'
inizio della sua attività letteraria Mo
Yan si esprime con la vivacità, la benevola ironia, lo humour e l' immediatezza
che abbiamo trovato in ogni pagina del suo straordinario romanzo. Una
personalità e uno scrittore d' eccezione.
Mo Yan non è il suo nome: come
mai, esattamente al contrario di autori come García Marquez o William Faulkner,
usa i nomi reali dei luoghi in cui è ambientato il suo romanzo e ha inventato,
invece, un nome per sé?
Da piccolo amavo parlare molto e la mia
mamma mi diceva "ma non puoi evitare di parlare , non puoi fare finta di
essere muto?". E così, quando ho incominciato a scrivere, l' ho fatto con
il nome Mo Yan, che vuol dire "non parlo". Gaomi esiste veramente,
però ho cambiato la realtà. In "Sorgo Rosso" avevo usato nomi di
personaggi veri e poi, tornando a casa, mio padre mi aveva detto che in tanti
si erano lamentati per quello che avevo scritto, magari perchè avevo detto che
uno era stato ammazzato e invece era ancora vivo, e lui aveva dovuto scusarsi
per conto mio. In questo romanzo tutti i nomi sono di fantasia.
Il suo è il romanzo di un mondo, è l' immagine della Cina stessa. Il
critico Lukacs ha detto che per conoscere la Francia di Luigi Filippo è meglio
leggere Balzac che non le opere degli storici. Si può dire che per conoscere la
Cina è meglio leggere Mo Yan che quello che scrivono gli analisti della
società.
La storia si può dividere in due: c'è
la storia raccontata dalle autorità e la storia raccontata dalle persone. La
prima parla sempre male della parte che ha sconfitto; la seconda è una storia
più oggettiva. La storia che racconto nel mio libro è quella che ha vissuto la
gente.
Dal suo romanzo si deduce l'
importanza della carriera militare in Cina. Mi ha fatto ripensare a quello che
era il seminario in Italia cent' anni fa, l' unica maniera per studiare per i
ragazzi di bassa estrazione sociale. Anche lei, Mo Yan, è stato militare di
carriera: la carriera militare è l' unico modo per uscire dal proprio ambiente?
Quando ero piccolo la Cina era molto
povera. Il ricordo che ho di quegli anni è quello del pensiero costante di
riempirsi la pancia, di trovare qualcosa da mettersi in bocca. C' erano alberi
a cui era stata tolta la corteccia per mangiarla. Uno dei giochi era mangiare
dei pezzettini di carbone. All' epoca uno dei miraggi era entrare nell'
esercito: era la garanzia di cibo e abbigliamento caldo. Era il sogno di tutti
i giovani. Nell' esercito cinese non ci sono solo i militari classici, ma anche
dei personaggi artistici: gruppi di ballo, di teatro, l' opera tradizionale
cinese e inoltre acrobati e molti scrittori. Non credo che nell' esercito
italiano ci siano tante figure così diverse. Nell' Esercito di Liberazione c' è
un' università artistica, anche se è ovvio che la maggior parte fa la scuola
della guerra. Ma uno dei motivi per cui esistono gli scrittori-militari è che
l' esercito prevede queste figure. Adesso non sono più nell' esercito.
Avevo un alto rango, ma nella scuola degli
artisti, a differenza della scuola di guerra, non c' erano gradi. Ma sì, lo
stipendio era quello di un colonnello.
La guerra Cina-Giappone è stato uno degli
eventi storici più importanti della storia cinese, una causa di disastri nelle
famiglie soprattutto nelle campagne. La mia nonna aveva una tale paura dei
giapponesi che non riusciva a trattenere la pipì quando sentiva dire che
stavano arrivando i giapponesi.
Avrò avuto 8 anni, erano passati vent' anni
dalla guerra, ma, quando volevamo fare uno scherzo alla nonna, le dicevamo che
stavano arrivando i giapponesi e lei aveva ancora la stessa reazione. Per
questo descrivo questa guerra come un avvenimento che ha avuto un forte impatto
sugli anziani. Quella di Sorgo Rosso è stata una battaglia avvenuta veramente.
Il mio romanzo copre 100 anni di storia della Cina e la guerra Cina-Giappone è
stata una parte importante di quegli anni.
Entrambi i romanzi hanno come
protagonista principale il "briccone divino", un personaggio ribelle.
E' così importante questa figura?
Queste sono storie popolari dei racconti
della gente. Nella tradizione popolare non si distingue il buono e il cattivo.
Nei racconti ufficiali degli anni '60 e '70 è evidente chi è il buono e chi è
il cattivo, non ci sono mai dubbi. Il cattivo è storpio, o guercio, o ha
proprio un brutto aspetto. Viceversa l' eroe del partito comunista è un bell'
eroe giovane e forte. Di fatto, quando parlavo con mio nonno e gli chiedevo,
"ma nel partito nazionalista erano tutti brutti?", lui mi diceva,
"be', in realtà sono i comunisti ad essere brutti perché sono poveri e
malnutriti." Nel mio libro quello che ho voluto comunicare è che siamo
tutti uomini, non c'è bello, brutto, buono, cattivo. Anche il brigante di Sorgo
Rosso, nel momento che arriva il giapponese è un eroe perché salva la patria.
Realismo è mostrare persone che cambiano in situazioni diverse.
Questo è un problema connesso al grande
numero di persone che vivono in Cina. I sociologi avevano già capito negli anni
'50-'60 la gravità del problema, ma a quell' epoca non era possibile pensare
che non si aumentasse di numero. Alla fine degli anni '70 e negli anni '80 il governo ha deciso che erano
necessarie delle soluzioni per il problema demografico.
Negli anni '70 si
diceva: 1 figlio è poco, 2 è il numero giusto. Poi, negli anni '80, nelle città
si è applicata la legge del figlio unico, mentre nelle campagne la legge è
stata più elastica: se nasceva prima una femmina, si poteva avere anche un
secondo figlio. In Cina non esiste un sistema sociale, perciò gli anziani sono mantenuti dai figli e nelle
campagne la voglia di un figlio maschio è per produrre un reddito maggiore. Era
necessario adottare metodi brutali perché questa legge venisse osservata,
perché è difficile chiedere ad una donna di non avere figli. Però se in Cina si
arrivasse ai 2 miliardi di popolazione, sarebbe un peso sociale non solo per la
Cina ma per tutto il mondo.
Quanti figli ha lei?
Una figlia.
C' è ancora l' ossessione per
il figlio maschio?
Sì, nelle campagne. Per le persone con
maggiore cultura, come posso essere io, non è un problema. Sì, una figlia è
poco, ma è così e, se avessi un secondo figlio, forse non sarei qui, forse
sarei stato licenziato. Però adesso mi sento in colpa, forse era meglio farsi
licenziare e avere un secondo figlio.
Leggendo della straordinaria
forza delle donne nel suo romanzo, accanto alla debolezza maschile, mi sono
domandato se questa sia una costante nel
mondo delle campagne, voglio dire, la capacità femminile di reggere la
famiglia, perché è qualcosa che ho osservato anche nell' ambiente contadino in
cui sono cresciuto io.
Se in campagna, in Cina, non c' è una
buona madre, la famiglia non si arricchisce. L' uomo lavora fuori, nei campi e
la gestione economica della famiglia è legata alla donna. Le donne, in
situazioni di difficoltà, sono più forti degli uomini.
Com' è nato lo scrittore Mo
Yan?
Da piccolo avevo sempre fame e avevo un
vicino di casa che era un intellettuale e mi raccontava di aver conosciuto uno
scrittore che mangiava ravioli 3 volte al giorno. Ora, i ravioli erano il
pranzo della festa, una volta all' anno, perciò ho pensato, "se mi metto a
scrivere, anche io posso mangiare ravioli 3 volte al giorno". E' così che
ho deciso di diventare uno scrittore.
Ci può parlare delle tappe
della sua vita?
Quando ero bambino mi sentivo molto solo,
anche se avevo molti fratelli e sorelle. Mamma e papà erano sempre fuori a
lavorare. Sono stato espulso dalla scuola perché parlavo troppo e a 12 anni ho
incominciato a fare il pastore. Stavo
fuori tutto il giorno, non vedevo nessuno, parlavo con le mucche o con un
albero. Avevo deciso che volevo fare lo scrittore per mangiare ravioli, ma non
sapevo neppure scrivere. Ho trovato un dizionario nelle immondizie a fianco
della scuola ed è dal dizionario che ho imparato a scrivere. Sapevo che entrare
nei militari voleva dire stare meglio e il primo lavoro che ho avuto entrando
nell'esercito è stato fare la guardia. Tre ore di turno, 2 volte al giorno.
Pensavo molto, mi distraevo, ma restavo immobile. Pensavo ai romanzi e ho
incominciato a scrivere di nascosto, con lo pseudonimo di Mo Yan. Poi sono
andato alla scuola degli artisti dell' esercito, alla facoltà di letteratura.
I miei libri in Cina piacciono.
Soprattutto negli anni '80 Sorgo Rosso è stato qualcosa di elettrizzante per i
cinesi. Anche gli altri miei libri sono stati molto letti. Ho scritto cose
molto diverse che hanno suscitato discussioni. Questo libro è stato censurato:
ha vinto il Premio Letteratura, una cifra molto grossa, suscitando la gelosia
di altri scrittori che lo hanno denunciato, portando l' attenzione del governo
su cose discutibili. Il fatto che sia stato censurato lo ha reso ancora più
interessante: censurare un libro è una grandissima promozione. Peccato che la
vendita clandestina non fa guadagnare niente allo scrittore.
Allora anche uno scrittore
cinese vive dei diritti d' autore?
Sì, è così, più un libro si vende e più lo scrittore guadagna.
Mo Yan, "Grande Seno,
Fianchi Larghi"
Ed. Einaudi, pagg. 899, Euro
22,00
Nessun commento:
Posta un commento