prima guerra mondiale
il libro ritrovato
Andrea Molesini, “Non tutti i bastardi sono di Vienna”
Ed. Sellerio, pagg. 361, Euro
14,00
“La verità è che tutti i soldati meritano
un monumento, una canzone funebre. Ci dovrebbe essere un giorno dedicato alla
memoria di ciascuno di loro, solo perché sono stati soldati, perché erano lì a
fare quello che si chiedeva loro di fare. Ma i giorni sono pochi, troppi i
morti.”
Un ragazzo di diciassette anni. Il nonno e la nonna. La zia Maria.
Giulia, ventitreenne, fuggita da Venezia per uno scandalo. La cuoca Teresa e sua
figlia Loretta. Il custode Renato. E la casa, una villa signorile nella
campagna veneta al di là del Piave. Il 24 ottobre 1917 l’esercito italiano
veniva sconfitto a Caporetto e la vicenda del bel romanzo di Andrea Molesini,
“Non tutti i bastardi sono di Vienna”, ha inizio nei giorni subito dopo la
ritirata. Quando il capitano austriaco Korpium si presenta a Villa Spada e
requisisce la casa. E’ la voce del vincitore, la sua, che non ammette repliche:
“Siamo diciotto fra ufficiali e attendenti, ci sistemiamo qui”. E ancora: “Se
credete di non poterci accogliere…dovrete sloggiare dalla casa”.
Svegliarsi con il nemico in casa. Pranzare
con il nemico. Essere ospiti del nemico nella propria casa: esiste una maniera
più dura per diventare grandi, tutto di un colpo? La vita non è stata lieve per
il giovane Paolo, rimasto orfano di entrambi i genitori. E per fortuna ha i due
nonni, ognuno dei quali un personaggio rimarchevole: nonno Guglielmo che finge
di essere uno scrittore battendo sui tasti della Underwood che ha ribattezzato
Belzebù e nonna Nancy, per metà inglese, altera e inflessibile, con una schiera
di ammiratori nonostante l’età. E ha anche la zia Maria, fiera come i cavalli
per cui ha una vera passione,e Giulia, che lo risveglia all’amore. Ma c’è
ancora molto in serbo per Paolo, in quello che è l’ultimo anno di guerra.
Perché si ritrova coinvolto in quella guerra in prima persona- d’altra parte
hanno già richiamato ‘i ragazzi del ‘99’, fra poco toccherebbe a lui, e aiutare
nel passare informazioni agli inglesi è pericoloso, sì, ma non certo quanto
combattere in prima linea.
C’è un crescendo di violenza- la violenza
della guerra che offre un’autogiustificazione- nel romanzo di Molesini. Il
primo tremendo episodio, che giunge dopo le schermaglie da minuetto
dell’occupazione di Villa Spada, è quello dello stupro delle ragazze in chiesa.
Il solito bottino di guerra, come se le donne fossero una merce di cui
disporre. Donna Maria vorrebbe la fucilazione dei colpevoli, il capitano
Korpium li manda sul Grappa (“c’è l’inferno su quella montagna”). Seguiranno
altri drammi, piccoli e grandi, pubblici e privati- bisogna consegnare la
campana, la voce del paese e non solo della chiesa, due traditori vengono
giustiziati, tedeschi e ungheresi danno il cambio agli austriaci nella villa, i
gatti finiscono in pentola (ma Teresa è una cuoca così brava che sembra di
mangiare coniglio), Giulia dai capelli rossi stuzzica Paolo, si concede
(probabilmente) al custode facendo ingelosire Loretta (e come possa essere
letale la gelosia di una donna lo vedremo alla fine), un pilota inglese sorvola
troppo spesso Villa Spada per ‘leggere’ i messaggi cifrati della nonna
(persiane aperte o chiuse, biancheria stesa. Lui verrà preso, e con lui saranno
arrestati il custode, il nonno e Paolo). E intanto le truppe passano dal paese,
avanzano, si ritirano, si resiste sul Piave (chi ricorda ancora la canzone che,
fino agli anni ‘50, si insegnava ai bambini delle elementari e che diceva “il
Piave mormorò, non passa lo straniero!”?). Fino alla battaglia campale che fa
trasformare la chiesa in un ospedale, con il sagrato e il prato antistante la
villa ricoperto di corpi straziati, donna Maria
e Teresa che si impegnano come crocerossine: sono le pagine più
memorabili del libro, in una scena che fa pensare a “Guerra e pace” e che grida
col sangue l’insensatezza della guerra.
E’
un romanzo di guerra, “Non tutti i bastardi sono di Vienna”, un romanzo che
mette in luce come la guerra stravolga la vita di ognuno, ed è anche, o forse
prima di tutto, un bellissimo romanzo di formazione: se, come ben sappiamo, si
diventa grandi quando si passa attraverso un’esperienza di morte, il percorso
di Paolo subisce un’accelerazione con la guerra. Quando, dopo aver visto tanta
gente morire intorno a lui, diventa lui stesso strumento di morte.
Il romanzo di Andrea Morosini può trovare
posto sullo scaffale dei libri accanto ad “Addio alle armi”- so benissimo che suonerà blasfemo. E tuttavia
penso che “Non tutti i bastardi sono di Vienna” possa reggere un paragone con
il romanzo di Hemingway: a suo vantaggio ha una visione della guerra
“dall’interno”, molto più sofferta di quella in cui la guerra è una sfida
contro se stessi, una galleria di personaggi così varia e così ‘nostra’ (e
penso anche al parroco, oltre all’ineffabile Teresa con le sue maledizioni in
dialetto), la descrizione di una casa che cede sotto i colpi del nemico che ha
bisogno di legna da ardere e ruba tutto quello che può, e manca- infine- della
lacrimosa storia d’amore che è il punto debole di “Addio alle armi”. Un libro
assolutamente da leggere.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Andrea Molesini, vincitore del Campiello 2011
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