Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro ritrovato
Louise Erdrich, “Passo
nell’ombra”
Ed. Feltrinelli, trad. Vincenzo Mantovani, pagg. 206, Euro
16,00
Titolo originale: Shadow
Tag
Quando sono
uscita di casa, oggi pomeriggio, mi hai chiesto se stavo andando dal droghiere
e ho detto di no. Ma non ti ho dato una spiegazione. Mi sono limitata a
sorridere e sono uscita dalla porta. Perché dovrei dirti dove vado? E’ quello
che si fa in una relazione tra persone civili. La nostra non lo è: sei stato tu
a violare le regole. Certo, appena dico questo mi torna tutto in mente. Io ho
violato altre regole e tu hai violato altre regole. Abbiamo cercato di
appianare le nostre divergenze a proposito di quelle violazioni e della maggior
parte di esse. Le cose peggiori che abbiamo fatto riguardavano i bambini.
Lei si chiama Irene. Più
precisamente, perché il nome ha una sua importanza nella storia: Irene America.
Lui si chiama Gilbert Florian LaRose. Lei, che non ha completato gli studi
prima di sposarsi, lavora ad una tesi su George Catlin, il pittore degli
indiani d’America. Lui, Gil, ha tredici anni più di lei ed è un pittore famoso:
prima di conoscerla dipingeva paesaggi, poi Irene è diventata la sua
musa/modella, tutti i suoi quadri hanno il cognome di lei, America, e un numero
progressivo per titolo. Hanno tre figli: Florian, un genio della matematica,
l’undicenne Riel e il tenero Stoney che si stringe al suo leone di pezza. Il
matrimonio di Gil e Irene è in crisi, Irene vorrebbe il divorzio, lui è
contrario. Finirà in tragedia.
quadro di George Catlin |
Questo è, in breve, il riassunto di “Passo
nell’ombra”, ma c’è un dettaglio che mi sembra importante aggiungere alla breve
biografia della scrittrice che appare in quarto di copertina, perché ci
permette di comprendere meglio questo bel romanzo. Gli antenati di Louise Erdrich
erano indiani nativi d’America, lei stessa appartiene al gruppo tribale
Chippewa ed è riconosciuta come una delle scrittrici più significative del
Rinascimento Indiano-Americano. Irene e Gil hanno sangue indiano, vivono in
Minnesota- terra di bisonti e di indiani, un tempo-, i loro tre figli hanno
tutti qualcosa, la carnagione, il taglio degli occhi o i capelli, che rimanda alla loro eredità.
Dei tre, la bambina, Riel, è ossessionata dalla cultura indiana: vorrebbe
imparare la lingua, soprattutto è affascinata dall’antica saggezza indiana, da
quelle conoscenze pratiche che potevano permettere ad un indiano di
sopravvivere ovunque e con poco (non deve cercare di sopravvivere anche lei,
presa nella turbolenza famigliare?). E la violenza che i conquistatori hanno
usato sugli indigeni affiora in maniera ambigua dai quadri di Gil: a volte sono
quadri quasi osceni, con un significato apertamente sessuale. Che cosa spinge
Gil a mettere in mostra, a mettere in vendita su tela, il corpo della moglie?
“Tu desideri possedermi. E il mio
errore: ti amavo e ti ho fatto credere che potessi farlo.” Questo è ciò che
scrive Irene sul suo diario, quello con la copertina blu che chiude nella
cassetta di sicurezza di una banca. Perché tiene anche un altro diario, con la
copertina rossa, ed è quello che scrive ‘per’ Gil, perché ha capito che lui lo
legge, ansioso di sapere se lei lo tradisca. Ha pensato, allora, che il diario
rosso può essere uno strumento per manipolarlo, per portarlo dove vuole lei, al
divorzio, ma con i bambini affidati a lei e non a lui.
Leggiamo
le pagine dei due diarî e
della vita quotidiana di una famiglia in cui è iniziato un processo
distruttivo, mentre il tema dell’ombra pare affiorare ovunque- ombra come
pallido simulacro di quello che si è, come appendice dell’altro ma anche come
doppio, doppelgänger. Doppi diarî, doppia immagine di Irene nei
ritratti, e il pittore di indiani Catlin della tesi di Irene non è forse il
doppio del pittore che Irene ha sposato? L’amore stesso può avere il suo doppio
nell’odio, l’amore può essere indissolubilmente legato al suo opposto come ad
un’ombra, e quello che succede a chi vuole sbarazzarsi della propria ombra è
stato raccontato da Chamisso nella storia prodigiosa di Peter Schlemihl. Non
può che finire in tragedia il tentativo di separazione di Irene e Gil, uniti in
un legame che li faceva provare sentimenti estremi.
La narrazione sembra essere a tratti frammentaria, ma c’è un motivo.
Scopriremo alla fine chi ha messo insieme i pezzi di due vite in questo romanzo
che esplora in maniera originale (con più che un pizzico di esotismo nelle
radici indiane) il tema trito della fine di un amore.
la recensione è stata pubblicata su www.wuz.it
Louise Erdrich |
Nessun commento:
Posta un commento