Voci da mondi diversi. Stati uniti d'America
romanzo gotico
saga
Michael McDowell, “Blackwater 1. La piena”
Ed.
Neri Pozza Beat, trad. E. Cantoni, pagg. 250, Euro 9,90
Confesso subito di essere stata diffidente
nei confronti di questo libro, “Blackwater”, il primo di sei che usciranno a
scadenza quindicinale. Sapevo che era un miscuglio di generi- horror, gotico,
feuilleton, romantico, realistico. Sapevo (altro motivo in più per essere
diffidente) che sarebbe uscito a puntate, come nella sua prima edizione del
1983, e, quando un romanzo esce a puntate, risponde al consiglio che Wilkie
Collins aveva dato, più di un secolo fa, all’amico Charles Dickens: falli ridere, falli piangere, falli
aspettare. Temevo quindi il sensazionalismo.
Ho letto “La piena”, il primo volume, in un giorno- direi proprio che Michael McDowell è riuscito in pieno a stregarmi. E tutti i possibili difetti anticipati diventano parte della magia del romanzo.
Perdido, in Alabama. 1919. Il fiume ha esondato, gli abitanti hanno dovuto lasciare le loro case. La famiglia dei Caskey, una delle più ricche della cittadina, è al centro della trama. Posseggono segherie, sono commercianti di legname. Il capofamiglia è la vedova Mary Love, una donna di ferro, la matriarca che dirige le sorti di tutti e di tutto, della figlia che si avvia a diventare una zitella e del figlio maschio, Oscar, che è incapace di sottrarsi ai suoi ordini. Perfino il debole cognato (ha una moglie alcolizzata e una bambina) ha timore di lei. Mentre le acque fangose del Perdido sommergono ancora le abitazioni, Oscar e il servitore di colore salvano una giovane donna che vedono, sola, attraverso la finestra dell’albergo. Lei sale sulla loro barca, il servitore nero tornerà poi a prendere le sue due valigie. Ne riuscirà a prendere solo una, guarda caso la valigia scomparsa conteneva i documenti della ragazza dai capelli rossi come il fango. Non c’è niente che provi che il suo nome sia Elinor Dammert, che venga da Wade, che abbia studiato allo Huntingdon College, che abbia un diploma da insegnante. Chiedere informazioni su una povera donna che ha perso tutto? Assolutamente no. Come ha fatto a sopravvivere per dei giorni senza neppure essersi bagnata nella stanza d’albergo?
Quando si legge un libro come “Blackwater”
si deve essere pronti a sospendere l’incredulità, a non farsi domande sulla
strana fanciulla che sembra essere la regina delle acque, che sembra cambiare
forma, che fa attecchire davanti alla casa dei Caskey delle querce d’acqua che
crescono a velocità vertiginosa. E poi succedono parecchie cose strane, anche
delle morti opportune. C’è chi soccombe al fascino di Elinor (il cognato di
Mary Love che la ospita in casa sua, la sua bambina, Oscar, soprattutto Oscar
che se ne innamora), c’è chi ne diffida e la odia (Mary Love, anche perché
Elinor le ruba il figlio), c’è chi non sa per chi schierarsi (la sorella di
Oscar, la servitù di colore). Succedono cose strane, accettiamole. Echi della Belle Dame sans Merci di Keats, di Ligeia di E. A. Poe, di tutte le donne
incantatrici come Circe risuonano nelle pagine de “La piena”.
Il finale obbedisce al ‘fateli aspettare’- è un colpo basso, ci lascia pieni di curiosità a
contare i giorni prima dell’uscita del seguito. Sperando che non deluda.
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