vento del Nord
seconda guerra mondiale
Peter Englund, “La svolta”
Ed.
Marsilio, trad. Andrea Mazza, pagg. 611, Euro 24,00
1939-1945. Sei anni di guerra. La seconda
guerra mondiale, dopo quella che sarebbe dovuta essere l’ultima guerra.
“Mondiale”: mai come leggendo “La svolta” dello storico e giornalista svedese
Peter Englund ci siamo resi conto di quanto letterale fosse quel ‘mondiale’ che
aggiungiamo sempre al termine ‘guerra’. Perché ne “La svolta” trentanove
personaggi- tutti veri, alcuni famosi, i più sconosciuti- combattono o ‘vivono’
la guerra su uno scenario letteralmente mondiale, come mostrano le due mappe
con le due metà del mondo ad inizio e fine libro in cui un riquadro con un nome
e una freccia indica ‘dove’ si trovavano quei trentanove uomini e donne che
impareremo a conoscere in queste pagine,
ritornando spesso a guardare le piccole foto che li ritraggono, sempre a inizio
libro, per imprimerceli nella memoria.
Trentanove vite in un mese, novembre, in un anno, il 1942- trenta giorni che ‘cambiarono il destino del mondo’, come dice il sottotitolo, e la chiave di tutto era forse nel rovesciamento della situazione a Stalingrado, mentre Hitler ordinava di continuare a combattere, nonostante le truppe tedesche fossero state accerchiate ed era chiaro che non c’era più niente da fare.
Non sono tutti combattenti i personaggi di cui leggiamo le testimonianze, negli stralci di diari, nelle lettere, nelle poesie, nei resoconti di guerra. Nella nostra metà del mondo c’è il soldato semplice di fanteria a Stalingrado (19 anni!) e la studentessa universitaria ebrea che vive a Parigi, lo scrittore francese Camus e un bombardiere inglese, un maggiore dei paracadutisti italiano che combatte in Africa, una profuga polacca e un ebreo deportato a Treblinka che si salva spacciandosi prima per barbiere e poi per dentista (dentista dei morti, con un raccapricciante compito macabro).
Se questo scenario ci è più familiare, quello dell’altra metà del mondo lo è di meno e ancora una volta ci è utile la mappa per trovare dove si svolse la battaglia di Guadalcanal e dove combatterono il giapponese tenente di fanteria e il sottotenente inglese di solo 22 anni, dove la schiava del sesso coreana lavorava in un bordello per soldati giapponesi in Birmania (nell’appendice sui destini successivi alla guerra apprendiamo che si sposò, non ebbe figli, soffrì di vergogna per tutta la vita e suo marito si suicidò), dove il medico militare inglese, prigioniero di guerra a Giava, si prodigò a salvare molte vite, anche quando finì a lavorare alla ‘ferrovia della morte’ in Thailandia (diecimila persone presenziarono al suo funerale nel 1993). Non manca neppure lo scenario artico per completare il quadro, con le angoscianti battaglie che implicarono sottomarini e siluri e affondamenti e naufragi (Poon Lim, 24 anni, attendente a bordo di un mercantile britannico, rimase per più di tre mesi su una zattera prima di essere tratto in salvo).
Quello di Englund è un libro unico nel suo
genere, proprio perché ci fa vivere la guerra come fatti e come sentimenti,
nella reazione di persone che potrebbero essere qualcuno che conosciamo o noi
stessi, nei quesiti etici che prima o poi tutti finiscono per chiedersi, dando
ognuno una risposta diversa.
In
una poesia uno di loro scrive, Ho sparato
a milioni di nemici,/ saccheggiato ogni campo, distrutto chiese,/ devastato
anime,/ fatto versare lacrime e sangue a ogni madre./ Ho fatto tutto questo.-
Non ho fatto nulla./ Del resto ero un
soldato.
Un
altro, invece, sotto shock dopo aver ucciso per la prima volta, scrive: Sopravvivere in quell’inferno non sarebbe
stato facile, ma rimanere umani era cento volte più difficile.
E poi c’è il vecchio beduino incontrato nel
deserto dall’italiano Caccia Dominioni (rientrato in Italia si unì alla Resistenza).
Alla domanda di che cosa pensi di quello che sta accadendo, risponde con una
parola: takfir, espiazione. E su Caccia
Dominioni si abbatte tutto il peso di quella parola che significa masse di
innocenti sacrificate ‘alla volontà, all’ambizione, all’interesse di pochi, in
questa guerra, in tutte le guerre, come una maledizione’.
C’è qualcosa di universale, nel libro di
Peter Englund, nell’epopea dei trentanove personaggi in un novembre di un anno
lontano che potrebbe essere il novembre appena trascorso, con una guerra che
solo in apparenza non è mondiale.
Dovremmo imparare dalla lezione della Storia ma non è così.
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