Voci da mondi diversi. Europa dell'Est
romanzo di formazione
seconda guerra mondiale
Magda Szabó, “Via Katalin”
Ed. Einaudi, trad.
Bruno Ventavoli, pagg. 198, Formato Kindle Euro 6,99
All’improvviso
si accorsero che l’invecchiare aveva disgregato quel passato che gli anni
dell’infanzia e della giovinezza consideravano così compatto e solido: il Tutto
era caduto a pezzi e, anche se non mancava nulla, perché quei frammenti
contenevano ogni cosa successa fino a quel giorno, niente era più come prima.
Niente è più come prima. Non lo sono loro, i
ragazzi di un tempo, Irén, Blanka,
Henriett e Bálint. Non lo è via Katalin, dove abitavano: ‘allora’ le case si
allineavano lungo il lato sinistro della strada, a ridosso della collina, e si
riusciva a vedere il Danubio tra gli alberi al di là della carreggiata, adesso
hanno costruito nuove case anche sul lato opposto. È importante che il titolo
del romanzo di Magda Szabó sia il nome della strada, e non quello di una casa,
come avviene spesso per i romanzi inglesi- abbiamo subito la percezione che la
trama del romanzo coinvolgerà più persone e che, qualunque cosa avvenga,
riguarderà tutti loro e che, se qualcuno morirà, sarà anche la strada a morire.
Tre case, dunque, non una. Adiacenti una
all’altra, con i giardini divisi da staccionate attraverso cui i bambini
potevano passare con facilità. La casa degli Elekes (lui uno studioso, preside
e insegnante, lei disordinata e inaffidabile, la figlia Irén brillante
a scuola, la minore, Blanka, bella e bionda, un poco ‘lenta’), quella del
dentista Held che ha una sola figlia, Henriett, e quella del Maggiore Bíró
(vedovo, padre di Bálint, amato da tutte le ragazze). La maggior parte della
vicenda è raccontata in un alternarsi di una voce in prima persona- quella di Irén- e di
quella di una terza persona onnisciente. Ma, mentre il tempo torna indietro e
poi si srotola inesorabile verso i momenti più drammatici per arrivare ad un
‘dopo’ di una tristezza infinita, noi pensiamo all’immagine di Blanka come ci è
apparsa all’inizio, sempre bella ma un poco pazza, che chiama ‘Henriett’ tutti
gli animali randagi che raccoglie, che urla al mare ‘via Katalin’ e nessuno
capisce perché pianga. Henriett che, dopo che i suoi genitori erano stati
portati via, nel 1944, era rimasta nascosta in casa del Maggiore per essere
uccisa dal Soldato di guardia alla casa della sua famiglia che era stata
requisita. Chi aveva inchiodato le assi che separavano i giardini, impedendo la
fuga di Henriett che aveva voluto soltanto dare un’ultima occhiata alla sua
casa? Ma la differenza tra i morti e i
vivi è solo qualitativa e Henriett, fragile quanto lo sono Blanka e lo
stesso Bálint adorato da tutte, non lascia mai Via Katalin, neppure da morta,
non può allontanarsi dai suoi amici, si aggira in mezzo a loro e si stupisce
quando non sembrano riconoscerla (in tempi molto più recenti Alice Sebold ha
usato questo espediente in “Amabili resti”).
Se vogliamo leggere “Via Katalin” come uno
splendido romanzo di formazione, le dolorose tappe verso l’età adulta delle tre
ragazze e di Bálint incominciano con una guerra di cui quasi non si rendono
conto finché gli Held non tornano più a casa (si erano mai resi conto, i loro
vicini, che gli Held fossero ebrei?). E poi Henriett muore, proprio la sera in
cui Irén e Bálint avrebbero dovuto scambiarsi gli anelli di fidanzamento. E
poi Bálint, per una falsa delazione, viene mandato via dall’ospedale dove
lavora come medico. E Blanka deve andarsene di casa, in lacrime e con una
valigia: suo padre non vuole più vederla. Può sopravvivere l’amore in mezzo a
queste tragedie? L’amicizia, l’amore, la famiglia, il lavoro, tutto ha perso il
suo smalto, tutto si è sfaldato, ha perso consistenza- come Henriett.
Un libro bellissimo, come tutti quelli di
Magda Szabó.
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