Voci da mondi diversi. Russia
guerra
Constantine
Pleshakov, “L’ultima flotta dello zar”
Ed. Corbaccio, trad. F. Roncacci, pagg. 398
Sono cinque le grandi battaglie navali
che hanno segnato la Storia- quella di Lepanto, di Trafalgar, dello Jutland,
delle Midway e di Tsushima. Di quest’ultima (non ultima cronologicamente)
sappiamo poco in Europa Occidentale: anni fa il poeta scozzese Douglas Dunn
scrisse un lungo poema dal titolo “The Donkey’s Ears” (le Orecchie dell’Asino,
con riferimento alle due punte gemelle dell’isola di Tsushima) su questa
battaglia, chiamandola ‘la Trafalgar dell’Est’. Perché ebbe luogo nello stretto
di Corea coinvolgendo Russia e Giappone, mettendo fine alle pretese
espansionistiche della Russia sulla Corea e consegnando invece al Giappone
l’egemonia sull’Asia continentale orientale che sarebbe durata fino al 1945. Ne
“L’ultima flotta dello zar” (il titolo originale, “The tsar’s last Armada”,
richiama alla memoria le vicende della memorabile sconfitta dell’Invincibile
Armata spagnola nel 1588) Constantine Pleshakov racconta la Storia di quegli
anni, il 1904 e il 1905, che culminarono con la prima sconfitta di una potenza
europea da parte di una nazione asiatica e che videro germogliare in Russia i
semi della rivoluzione operaia e contadina contro il sacrificio di uomini
richiesto dalle imprese marinare in Oriente.
la Suvorov, nave dell'ammiraglio russo |
Pleshakov inizia da lontano- è lunga la
rotta da San Pietroburgo al mar del Giappone. Inizia presentandoci ‘gli attori’
della Storia, lo zar Nicola II che aveva finalmente avuto, nell’agosto del
1904, il tanto desiderato figlio maschio dopo le prime quattro bambine, l’ambiente
della sua corte e soprattutto l’ammiraglio Zinovij Petrovič Rožestvenskij, un
personaggio affascinante, un gigante, degno avversario della sua controparte
giapponese, l’ammiraglio Togo Heihachino. Sono nomi a noi sconosciuti, ma,
mentre quello di Togo rifulgerà di gloria dopo la vittoria, su quello di Rožestvenskij
si addenseranno delle ombre. Gli verrà addossata la responsabilità della
sconfitta, verrà messo in dubbio che fosse veramente incosciente dopo essere
stato gravemente ferito, che avesse precedentemente dato ordini chiari per
scongiurare la resa. Eppure Rožestvenskij uscì a testa alta dal processo, senza
mai mostrare cedimenti, prendendosi anche colpe che non aveva. Per ritirarsi
poi a vita privata.
Zinovij Petrovič Rožestvenskij |
La flotta russa salpò da Tallin, allora
Reval, sul mar Baltico il 28 settembre 1904. La rotta prevedeva passare dal canale
della Manica e poi scendere verso sud costeggiando l’Africa doppiando il Capo
di Buona Speranza prima di risalire verso nord-est. Le navi furono però
obbligate ad una lunghissima sosta di due mesi in Madagscar prima di proseguire
verso l’Oceano Indiano (ed era già marzo 1905) per entrare a maggio nell’Oceano
Pacifico. Mesi lunghi, lunghissimi, a trattare porti di scalo con gli alleati
francesi, a domare marinai che approfittavano di ogni sbarco per gozzovigliare,
a cercare rifornimenti di carbone, a riparare avarie, a combattere contro le
malattie fisiche e psichiche della ciurma. E intanto era arrivata la notizia
della caduta di Port Arthur e dell’annientamento della Prima flotta del
Pacifico: era da quasi un anno che i giapponesi aspettavano Cane Pazzo, come era
soprannominato Rožestvenskij, e il suo rivale Togo aveva avuto tutto il tempo
di riparare le sue navi mentre il rivale fremeva a Nosy Bé in Madagscar prima
di decidere di proseguire senza attendere la Terza Squadra del Pacifico.
Togo Heihachino |
I tre possibili stretti per arrivare nel
Mar del Giappone, a Vladivostock, erano tutti pericolosi, si prestavano tutti
ad agguati. Cane Pazzo decise di tentare quello di Tsushima. Alle 13,49 del 14
maggio 1905 la Suvorov, la corazzata dell’ammiraglio Rožestvenskij sparava il
primo colpo contro la Mikasa di Togo. Alle 14,30 la Suvorov era già esclusa
dalla battaglia, Rožestvenskij era stato gravemente ferito e si era riusciti a
trasportarlo sulla torpediniera Bujnij. Il 15 maggio la resa: delle 38 navi
dell’Armada russa soltanto tre avrebbero raggiunto Vladivostock.
Documentato, incalzante, appassionante, un
libro che colma una lacuna, una lettura per chi ama la Storia, per chi ama il
mare, per chi ama le grandi sfide.
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