Voci da mondi diversi: Gran Bretagna e Irlanda
distopia
John Lanchester, Il muro”
Ed. Sellerio, trad. Federica Aceto,
pagg. 285, Euro 16,00
E poi ci fu il Cambiamento. Quello che gli Altri chiamano, con una
parola swahili, Kuishia, la Fine. Non ci viene mai detto chiaramente, nel
romanzo “Il muro” di John Lanchseter, che cosa fu o che cosa causò il
Cambiamento. Anche perché Kavanagh, il protagonista e io narrante, non lo sa.
Non c’è possibilità di comunicazione tra le due generazioni, di quelli che sono
nati prima e quelli che sono nati dopo il Cambiamento. Il problema è il senso
di colpa, che è poi una colpa generazionale. “I vecchi si sentono responsabili
di aver mandato a puttane il mondo in modo irrecuperabile, e poi di aver permesso
che noi nascessimo in un mondo del genere”.
C’è un muro di silenzio tra
genitori e figli, così come c’è un muro, anzi ‘il’ Muro che corre lungo le
coste della Gran Bretagna per difenderla dall’invasione degli Altri. Che
arrivano di continuo dal mare, per lo più dal Sud. Ogni tanto questi assalti
riescono, molti degli Altri muoiono uccisi dai Difensori, alcuni riescono a
fuggire ma non hanno speranza: tutti gli abitanti della Gran Bretagna sono
microchippati, gli Altri, quando vengono presi, hanno la possibilità di
diventare Aiutanti- a metà strada tra schiavi e collaboratori domestici di
‘prima’, solo i più benestanti se li possono permettere.
Kavanagh ha appena iniziato i due anni obbligatori di servizio come
Difensore sul Muro. Deve affrontare, lassù sul Muro, il freddo- una morsa implacabile-,
il vento, l’acqua, la vista senza fine del nastro di cemento, in turni di
dodici ore che passano con una lentezza esasperante. Ti ci abitui- ti dicono. Non
puoi rilassarti o distrarti o, men che mai, appisolarti se sei di turno di
notte. Perché, se succede qualcosa e gli Altri fanno un’azione di sorpresa (il
tranello è nelle ore o nelle condizioni climatiche che paiono meno probabili),
ammesso che tu riesca a scamparla, ti aspetta un’altra fine: verrai calato in
mare su una barca, abbandonato al tuo destino. In pratica diventerai anche tu
un Altro, uno di quelli che, spinti dalla disperazione, provano il tutto per
tutto.
In questo romanzo di formazione della distopia il protagonista passa
attraverso tutte le tappe della crescita- vede la morte accanto a sé e, quasi
con stupore, uccide lui stesso, scopre quanto sia adattabile un essere umano,
quanto arrivi a preferire la certezza di una routine sempre uguale anche se non
piacevole all’incertezza di un futuro che non sa scegliere. In queste
condizioni di vita estreme, di perenne difesa da un pericolo senza volto,
scopre il valore dell’amicizia e quello dell’amore. Prende addirittura in
considerazione la possibilità di Figliare con la compagna di sorveglianza che
glielo propone. Perché ci sono dei vantaggi a diventare un Figliatore, se si
riesce a superare lo scrupolo di quanto sia da irresponsabile mettere al mondo
un bambino in questo mondo.
Sembra una creazione di pura immaginazione, il romanzo di John
Lanchester. La tecnica adottata dallo scrittore è quella del paradosso- ma è
veramente paradossale il mondo del dopo-Cambiamento che ci descrive? Non è
piuttosto il mondo degli incubi che ci assalgono quando abbassiamo la guardia,
quando smettiamo di scherzare sulle stagioni che non esistono più, sui
ghiacciai che scintillano nei ricordi della nostra infanzia, sulle lucciole che
non punteggiano più le notti estive? O quando leggiamo notizie di incendi
devastanti, di foreste abbattute, di polveri sottili che soffocano? O quando ci
indaghiamo sulla pandemia che continua a falciare le sue vittime?
Anche l’idea
del Muro, che difende i privilegi di quelli che hanno dalle invasioni di quelli
che non hanno, non è forse, estremizzata, l’immagine di una realtà di cui
abbiamo letto? Qualche nostro politico potrebbe trarne ispirazione. O forse no,
per fortuna, perché gli uomini politici sono improbabili lettori.
“Il Muro” non ha né la potenza rappresentativa né la ricchezza dei
dettagli o la capacità visionaria di “Coraggioso nuovo mondo” o di “1984” o del
“Racconto dell’Ancella”. Non ha l’andamento crudele di favola moderna con dei
protagonisti bambini come “Mara e Dann” di Doris Lessing e neppure la disperazione
totale de “La strada” di McCarthy. E tuttavia è lo specchio distorto del nostro
tempo, ricco di riferimenti all’attualità che non possiamo non cogliere.
“Andrà tutto bene” disse. Volevo credergli, ma il fatto che avesse
sentito il bisogno di dirlo significava che non era vero.
Strano, trovare questa frase in questo libro e la riflessione che segue-
la stessa che faccio io quando la leggo sui muri o sugli striscioni o nei post sui social.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Fcebook
la recensione sarà pubblicata su www.stradanove.it
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