giovedì 14 maggio 2020

Ferdinand von Schirach, “Un colpo di vento” ed. 2009


                                            Voci da mondi diversi. Area germanica
                                                                      legal thriller
     Il libro ritrovato

Ferdinand von Schirach, “Un colpo di vento”
Ed. Longanesi, trad. Irene Abigail Piccinini, pagg.237, Euro18,00

Titolo originale: Verbrechen


Beck rimase in piedi ancora due secondi, poi cadde anche lui, sbatté la testa contro la panchina formando una stria rossa. Rimase lì, con gli occhi sgranati; sembrava fissasse le scarpe dell’uomo. L’uomo si raddrizzò gli occhiali. Accavallò le gambe, si accese una sigaretta e aspettò l’arresto.

  Un medico di 72 anni uccide la moglie con l’ascia. Una ragazza uccide il fratello rimasto infermo dopo un incidente. Un giovane fa a pezzi un uomo che ha trovato morto in casa, pensando che sia stata la sua ragazza ad ucciderlo, invece è morto d’infarto. Un killer di professione ammazza due skinheads per legittima difesa e la fa franca (dopo aver appena eseguito un omicidio su ordine). Un uomo viene assolto dopo aver ferito la sua ragazza: voleva mangiarla. Ci riproverà.

      Sono questi alcuni dei casi che l’avvocato penalista Ferdinand von Schirach ha raccolto nel libro “Un colpo di vento”. Il titolo originale è una sola parola, il verbo Verbrechen, ‘commettere un delitto’, non  adatto per quello italiano, ma di certo più immediatamente esplicito del poetico Un colpo di vento e più adeguato allo stile scarno ed essenziale del libro. Che è una raccolta di casi giuridici un po’ estremi, perfetti per essere raccolti tra le due citazioni in apertura e chiusura del libro. La prima è: ‘La realtà della quale possiamo parlare non è mai la realtà “in sé”’, del fisico Werner Heisenberg; la seconda è presa dalla serie di quadri di Magritte, ‘Ceci n’est pas une pomme’- niente è mai quello che appare, o almeno non solamente quello, né le persone né i fatti.
    L’anziano medico che uccide la moglie, per esempio. Lei, Ingrid, era un’arpia, a detta di tutti. Era impossibile non provare compassione per il povero Friedhelm Fahner. Ma non poteva divorziare? No, questa soluzione non c’era nel mondo di Fahner. Quando aveva sposato Ingrid, anzi ancora prima, lui aveva giurato che non l’avrebbe mai lasciata. Perciò non c’era altra via d’uscita. Fu condannato a soli tre anni: avrebbe passato la notte in carcere e di giorno avrebbe lavorato come commerciante di frutta.

    C’è un altro caso di omicidio che, come questo, ci fa dubitare di tutte le nostre idee fisse sul crimine e sulla colpa e sulla pena che deve essere comminata in base alla colpa. Perché forse è giusto e necessario indagare anche su quello che c’è dietro l’azione criminale. Uccidere non è bene, ma è sempre male assoluto? C’è una gradazione nel male, anche quando si tratta di un delitto, quando si pone fine ad una vita umana? Così quale pena dare  alla giovane Theresa Tackler che ha ucciso il fratello? Theresa è cresciuta insieme a Leonhard, gli ha fatto quasi da mamma dopo che la madre è morta. Erano loro due contro il mondo, con un padre che li ignorava. Poi c’era stato l’incidente e Leonhard era rimasto gravemente handicappato.  C’è l’amore che si accontenta del respiro della vita e c’è quello che fa delle scelte per chi non le può più fare. Un Leonhard in sé, un Leonhard pensante, avrebbe accettato di vivere così, destinato ad un continuo peggioramento?
     Ogni storia che von Schirach ci racconta si svolge secondo un modello unico. A volte von Schirach interviene nel racconto in prima persona, quando deve dare spazio alla parte che lui stesso ha avuto nel caso delle persone di cui ha assunto la difesa. Per lo più ci vengono detti i retroscena, quello che è accaduto ‘prima’ e che ha portato al crimine. E’ come se l’avvocato stesso ci concedesse di ascoltare le confidenze del suo assistito, di modo che la nostra visione dei fatti è dal punto di vista di questi. Nello stesso tempo comprendiamo che è così che l’avvocato vuole che vengano esposti i fatti in tribunale, davanti a una giuria a cui si debbono fornire tutti gli elementi per valutare l’entità del crimine commesso. Anche noi lettori diventiamo parte di quella giuria e veniamo manipolati, con finissima e gesuitica intelligenza, verso la decisione auspicata dall’avvocato difensore. Lo stile dell’esposizione è quello dei migliori oratori: chiaro, essenziale, di una logica stringata, senza concessioni a divagazioni o barocchismi. Ci conduce là dove ci vuole condurre- a meditare su che cosa sia la colpa, su chi sia veramente colpevole, sul valore e la funzionalità della pena (punizione? redenzione?), sulla possibilità della giustizia.

   Non è sufficiente leggere solo il primo, o il secondo dei casi, per farsi un’idea corretta del libro. E’ solo leggendolo interamente che vediamo che ogni caso è un tassello di un quadro la cui immagine ci inquieta con la domanda nascosta dietro il quadro della mela di Magritte: questa non è una mela. Bene, ma allora che cosa è?



Nessun commento:

Posta un commento