copy J.Brochhausen
Dopo aver finito di leggere “Il botanista” di Marc Jeanson, qualche mese
fa, avevo detto che quel libro mi aveva aperto le porte su un nuovo mondo. Non è
un caso che mi sia venuto tra le mani “Il botanico inglese” di Nicole Vosseler-
volevo saperne di più di quel nuovo
mondo, volevo addentrarmi per sentieri verdeggianti, pronta a lasciarmi ancora
incantare. Ascoltiamo quello che ha da dirci la scrittrice tedesca- a me viene
voglia di iniziare il romanzo da capo.
Ho amato entrambi i personaggi principali, sono tutti e due molto
interessanti. Come è venuta a conoscenza di Robert Fortune? Ha capito subito
che poteva darle una bella storia da raccontare?
Quando poi ho letto anche che, oltre
a tutto questo, aveva introdotto il kiwi in Europa e tante altre piante che
oggi diamo per scontate senza sapere la loro origine, era fatta: ero
accalappiata.
Lian: mi ha affascinato forse ancora di più di Robert. Non avevo mai
letto niente riguardo i Jianghus- ha fatto di lei una donna-guerriero per
equilibrare la sensibilità un poco femminea di Fortune?
Assolutamente sì.
Quando ho iniziato a pensare ad una
controparte femminile per il mio botanico, mi si è affacciata subito in mente
la figura di una donna con una spada. Forse perché mi sono sempre piaciuti i
film wuxia, di arti marziali, come “Crouching Tiger, Hidden Dragon”, “House of
Flying Daggers” o, soprattutto, “Hero”. Riguardandoli per questo romanzo, ho
iniziato a fare ricerche sull’ambientazione storica e sono rimasta senza fiato
davanti al materiale che ho trovato riguardo ai jianghus, uomini e donne. Quasi
incredibile in una società rigida come quella della Cina Imperiale. Forse non è
così sorprendente che siano diventati materia di leggenda.
Quello è stato il mio punto di
partenza per pensare ai ruoli fissi di genere, sia nell’Est che nell’Ovest. Per
riflettere sull’attraversare limiti e confini ed entrare nell’ignoto, che è
diventato una sorta di filo conduttore nel libro. Mi piaceva l’idea di una
donna che la vita aveva reso dura e che scopriva inaspettatamente il suo lato
più dolce e disseppelliva le emozioni nascoste.
È un’esperta di botanica? Non ho il pollice verde ma le sue descrizioni
mi hanno incantato. È stato difficile fare ricerche sulla flora cinese?
Neppure io ho il pollice verde. Il fatto
che il Ficus Benjamina che ho ricevuto in regalo per il mio diciassettesimo
compleanno continui a verdeggiare nel mio appartamento, dopo più di trent’anni
e parecchi traslochi, è dovuto più alla resistenza di questa pianta che a un
mio successo.
Una volta ho letto da qualche parte che
gli scrittori devono essere dei dilettanti dotati. Nel mio caso, è proprio
vero. Con ogni mio romanzo divento un’esperta in nuovi campi, ma solo entro
l’ambito del romanzo stesso. É una delle cose che più mi piacciono dell’essere
una scrittrice: immergermi in un materiale nuovo, imparare cose nuove. Ma
naturalmente amo i fiori, chi non li ama? La natura in generale: sono
affascinata dall’ingegnosità del mondo naturale. Per questo romanzo ho avuto il
miglior consulente nello stesso Robert Fortune, che ha registrato
meticolosamente le sue scoperte nei suoi diari di viaggio. E poi ho avuto la
fortuna di trovare un ampio catalogo della flora cinese per riempire le lacune.
Ed è stato difficile seguire le tracce di Robert Fortune?
Ancora una volta i diari di viaggio di Robert
Fortune mi hanno lasciato un resoconto dettagliato dei luoghi in cui era stato,
con quello che aveva visto e sentito e sperimentato laggiù. Mi sono anche resa
presto conto che dovevo restringere il suo vero viaggio per farne un romanzo.
La parte più difficile è stata proprio decidere quali località e quali episodi
selezionare per la mia storia su di lui.
In definitiva, è riuscito Robert a rubare le semenze del tè? Dove le
hanno coltivate gli inglesi?
Sì, ci è riuscito. Dopo alcuni tentativi ed
errori è riuscito a mandare semi che poterono essere usati in India. Con le
conoscenze di prima mano che Fortune aveva avuto in Cina, i britannici furono
in grado di iniziare a coltivare il loro té, prima in Assam e dopo in
Darjeeling, creando laggiù i loro famosi ‘champagne dei té’.
Nel romanzo ci sono tre filoni, quello di Robert, quello di Lian e quello
di Jane: li ha scritti nell’ordine in cui li leggiamo ora, cioè alternandoli?
Oppure ha seguito un altro metodo? C’è stato uno di questi tre filoni che ha
trovato più difficile scrivere?
Le parti di Robert e Lian sono state scritte nello stesso ordine in cui
appaiono ora nel romanzo finito. La parte di Jane fa eccezione: ho scritto la
storia dalla sua prospettiva più o meno come una storia unica a sé e dopo ho
inserito nel manoscritto le singole parti. Dei tre filoni della storia, quello
di Jane è stato di gran lunga il più facile. Mi sembrava di sentire
nell’orecchio la sua voce che mi dettava le pagine.
Mi sono piaciute molto anche le inserzioni, il linguaggio dei fiori in
particolare: lo ha inventato?
Anche se l’uso dei fiori per esprimere
sentimenti o comunicare un messaggio è vecchio quanto il mondo, il linguaggio
dei fiori conobbe la sua massima fortuna nell’età vittoriana. I significati dei
fiori nelle didascalie delle diverse parti del romanzo derivano da parecchie opere
del secolo XIX. Ma poiché queste opere furono stampate negli anni dopo il
viaggio di Fortune, ho deciso di inventare una raccolta fittizia con il
linguaggio dei fiori veramente usato dai vittoriani.
Usa spesso il nome di Fortune in giochi di parole, ma nomen omen, non è stato veramente fortunato a
sopravvivere a malattie e pericoli in
Cina? Molti dei suoi contemporanei non hanno avuto altrettanta fortuna…
Fu veramente fortunato, e ripetutatmente, in tutti i
suoi viaggi in Cina, nelle Filippine e in Giappone: i suoi resoconti sembrano
libri di avventure. Eppure non era un avventuriero, non era un tuttofare. Non
all’inizio. Poi però imparò ad esserlo, in Cina, e ho trovato intrigante questo
suo cambiamento. Proseguendo le ricerche, ho avuto l’impressione che il vero
Robert Fortune doveva vivere due vite, una in Europa e una in Asia, quasi come
se fosse due persone diverse. Si sentì spezzato, quando non riuscì a tornare in
Cina, dapprima per un’altra guerra laggiù, poi per mancanza di soldi e infine
per problemi di salute. Ed è questo che più mi ha toccata del vero Robert
Fortune: la forte sensazione che abbia lasciato il cuore in Cina.
È stato un eroe, Robert Fortune? La gente ricorda i nomi dei
conquistatori, mentre altri tipi di conquistatori in genere non sono tenuti in
considerazione o sono dimenticati.
bleeding hearts |
Non è esagerato dire che Robert Fortune ha cambiato il mondo. Perché è
stato il tè dell’India che ha reso l’impero britannico così ricco da potersi
espandere ancora di più, guadagnando questo potere immenso di cui si vedono
tuttora gli effetti.
Anche su una scala minore, la vita e
l’operato di Roberrt Fortune hanno avuto effetto duraturo. Ad ogni stagione di
fioritura penso a lui. La forsizia che vediamo in primavera discende da una
varietà che portò dalla Cina. Le nostre rose, le peonie, hanno queste forme e
questi colori perché alcuni dei loro antenati arrivarono nel suo bagaglio. I
kumquats nei nostri mercati della frutta portano il suo nome nella loro
denominazione botanica, fortunella.
Niente, però, mi ha stupito di più dell’apprendere che i ‘bleeding heart’ (in
Italia sono chiamati ‘cuor di fiore’
o ‘pendenti della regina’), così tipici dei giardini dei villini tedeschi, sono
stati portati da Robert Fortune dalla Cina.
Leggere a Lume di Candela è anche una pagina Facebook
recensione e intervista saranno pubblicate su www.stradanove.it
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