Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
seconda guerra mondiale
Anthony McCarten, “L’ora più buia”
Ed. Mondadori, trad. M.G. Bosetti e
L. Vanni, pagg. 229, Euro 13,50
Maggio 1940. L’Inghilterra è in guerra da otto mesi. I nazisti stanno
letteralmente ‘mangiando’ l’Europa. Nessuno e niente sembrano capaci di
arrestarli. Hanno sfondato la linea Maginot, aggirandola attraverso la foresta
delle Ardenne. E anche la Francia è in ginocchio, aleggia la possibilità (o la
necessità) di un armistizio.
È questa l’ora più buia per la Gran
Bretagna. C’è bisogno di un leader, di qualcuno capace di entusiasmare e di
spingere all’azione. Il primo ministro conservatore Chamberlain è spacciato.
Non solo è ammalato, ma è incapace di fronteggiare una situazione così grave.
Non ha la veduta d’insieme, non ha capacità decisionale, tentenna. Subisce
l’umiliazione di essere costretto, a gran voce, a chiedere le dimissioni. Ma
chi gli sarebbe succeduto? Lord Halifax, che però apparteneva alla Camera dei
Lord e non avrebbe quindi potuto sedere come primo ministro alla Camera dei
Comuni, o Winston Churchill, che però era ritenuto un esibizionista, un
guerrafondaio, l’uomo che aveva gestito malamente lo sciopero dei minatori nel
Galles. E che, per di più, aveva sessantacinque anni ed era un alcolista che
iniziava a bere a colazione, si scolava una bottiglia di champagne a pranzo e a
cena prima di passare a qualcosa di più forte. E però tutti gli riconoscevano
il genio necessario per condurre la guerra fino in fondo.
Lo scrittore e sceneggiatore Anthony McCarten ricostruisce in questo
libro gli eventi delle settimane dal 10 al 29 maggio 1940. Settimane cruciali
di incertezze laceranti, di discussioni senza fine, di valutazioni della
situazione, di contatti più o meno deludenti con Roosevelt e Mussolini, di
pronostici neri. Settimane dominate soprattutto dalla tentazione: mollare
l’Europa al suo destino di schiava del regime totalitario nazista e salvare
(ignominiosamente) la Gran Bretagna con un accordo di pace con Hitler? E
quando? Adesso o aspettare? Non c’era da illudersi sulle condizioni dure che
Hitler avrebbe imposto.
Nel libro di McCarten (molto
documentato e ricco di stralci dei discorsi pronunciati da Churchill ma anche
dagli altri protagonisti di quei giorni) la tentazione di Churchill di fare un
accordo con Hitler risulta chiaro- ed è un aspetto su cui in seguito si è
preferito glissare. Churchill lo sbruffone, Churchill che ama il protagonismo,
che vuole sembrare sicuro di sé, è dilaniato dal dubbio- l’enorme
responsabilità pesa sulle sue spalle. Che cosa sarebbe successo se Churchill
avesse ceduto potrebbe essere la trama di un romanzo ucronico.
Davanti a noi abbiamo l’immagine dell’uomo con la mano alzata con le due dita aperte a V in segno di vittoria, sigaro in bocca, cappello in testa. L’uomo dall’idea geniale che riuscì a far portare in salvo 292.380 soldati dal porto di Dunkerque lanciando l’operazione Dynamo- l’invito ai civili lungo la costa della Manica a mettere in mare tutte le piccole imbarcazioni per far evacuare il Corpo di spedizione britannico. L’uomo che aveva dalla sua l’arma della retorica- una dote innata da lui coltivata con gli studi dei greci e dei latini, di Cicerone soprattutto.
Pensiamo al discorso di Antonio nel “Giulio Cesare” di Shakespeare, capace di infiammare i cuori con la cadenza ritmata delle frasi, con la scelta delle parole giuste che colpiscono il cuore e la mente, con le domande rivolte al pubblico da cui non si attende una risposta ma un coinvolgimento emotivo. McCarten riporta per intero i due discorsi più famosi, quello con le parole, “Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”, e quello- una vera sferzata a cui era impossibile restare insensibili- con “Combatteremo sulle spiagge, combatteremo nei luoghi di sbarco, combatteremo nei campi e sulle strade, combatteremo tra le colline; non ci arrenderemo mai…”. Sono discorsi capaci di suscitare entusiasmo ancora oggi. Fu allora che l’ometto buffo e un poco stravagante, con bastone, papillon, cappello e sigaro, diventò Winston Churchill, un mito.
Davanti a noi abbiamo l’immagine dell’uomo con la mano alzata con le due dita aperte a V in segno di vittoria, sigaro in bocca, cappello in testa. L’uomo dall’idea geniale che riuscì a far portare in salvo 292.380 soldati dal porto di Dunkerque lanciando l’operazione Dynamo- l’invito ai civili lungo la costa della Manica a mettere in mare tutte le piccole imbarcazioni per far evacuare il Corpo di spedizione britannico. L’uomo che aveva dalla sua l’arma della retorica- una dote innata da lui coltivata con gli studi dei greci e dei latini, di Cicerone soprattutto.
Pensiamo al discorso di Antonio nel “Giulio Cesare” di Shakespeare, capace di infiammare i cuori con la cadenza ritmata delle frasi, con la scelta delle parole giuste che colpiscono il cuore e la mente, con le domande rivolte al pubblico da cui non si attende una risposta ma un coinvolgimento emotivo. McCarten riporta per intero i due discorsi più famosi, quello con le parole, “Non ho nulla da offrire se non sangue, fatica, lacrime e sudore”, e quello- una vera sferzata a cui era impossibile restare insensibili- con “Combatteremo sulle spiagge, combatteremo nei luoghi di sbarco, combatteremo nei campi e sulle strade, combatteremo tra le colline; non ci arrenderemo mai…”. Sono discorsi capaci di suscitare entusiasmo ancora oggi. Fu allora che l’ometto buffo e un poco stravagante, con bastone, papillon, cappello e sigaro, diventò Winston Churchill, un mito.
Purtroppo non ho visto il film, lo farò, per paragonarlo al libro che ho
letto con grandissimo interesse. E passione.
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