Voci da mondi diversi. Stati Uniti d'America
il libro ritrovato
Elizabeth Strout, “I ragazzi Burgess”
Ed. Fazi, trad. Silvia Castoldi,
pagg. 444, Euro 18,50
Di tutti gli incipit,
quello dell’”Anna Karenina” di Tolstoj, “Tutte le famiglie felici sono simili
tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, è uno dei più famosi.
Anche se poi non è del tutto vero, perché non esistono famiglie interamente
felici- forse lo sono solo in superficie-, e, proprio per questo, anche ogni
famiglia felice lo è a modo suo.
Prendiamo i Burgess, protagonisti del
bellissimo romanzo di Elizabeth Strout. Quanto sono felici o infelici, i tre
fratelli Burgess? In apparenza a Bob e Susan (da bambini erano spesso considerati
un’unità, “i gemelli”) è toccata la fetta più grossa di infelicità: Susan è
stata lasciata dal marito e ha cresciuto da sola il figlio Zachary, mentre la moglie di Bob ha chiesto il divorzio
perché voleva dei figli che Bob non riusciva a darle (e Bob continua ad amarla).
In più Bob ha vissuto tutta la vita schiacciato dal senso di colpa per aver
causato la morte del padre, quando lui aveva solo quattro anni. In apparenza il
destino ha riservato l’intera felicità al maggiore dei tre, Jim, brillante e duro
come un diamante, avvocato diventato famoso per aver fatto assolvere un
cantante (colpevole del crimine di cui era accusato), felicemente sposato da
oltre trent’anni, tre figli che non gli danno alcun pensiero. In apparenza. Perché gli eventi della storia
dei fratelli Burgess, tra New York dove vivono Jim e Bob e Shirley Falls, nel
Maine, dove è rimasta Susan, porteranno ad un rovesciamento degli equilibri di
felicità e infelicità, ci saranno delle crisi all’interno della famiglia e nei
rapporti tra membri della famiglia e la comunità in cui vivono- è questo il
cardine del romanzo, l’importanza dell’unione famigliare e, parallelamente, del
vivere armonico nella società che è, in fin dei conti, come una grande famiglia
allargata.
Zachary, il diciassettenne figlio di Susan,
ha fatto qualcosa di molto stupido e oltraggioso: ha scagliato una testa di
maiale dentro la moschea affollata di somali in preghiera. Scatta la
solidarietà famigliare: gli zii si precipitano a Shirley Falls, dove non
tornavano da anni, per cercare di tirarlo fuori dai guai. Il ragazzo rischia
una condanna per crimini d’odio, la situazione è molto delicata, il Maine- lo
stato più ‘bianco’ d’America- è stato letteralmente invaso, di recente, da
immigrati somali.
E la gente non li vede di buon occhio, si sono instaurate le
tipiche reazioni dettate da paura e ignoranza, basti dire che i più li chiamano
‘somalesi’- non sanno nulla della tragica terra che hanno abbandonato in fuga,
dei campi profughi in cui hanno sofferto la fame. Neppure sanno della loro
cultura, e quindi non la rispettano. Con la totale mancanza di fantasia dovuta
all’ignoranza, non immaginano lo sconcerto paralizzante degli immigrati davanti
a tutte le novità che spesso non capiscono, ai congegni elettrici di cui non sanno
l’uso. E però l’America bianca deve dimostrare che si prende cura di questa
gente e la punizione del ragazzino fragile e spaventato dovrà essere esemplare.
La grandezza di Elizabeth Strout è nel saper intrecciare le due
tematiche, i problemi della famiglia Burgess e quelli della pacifica
convivenza: comprensione, apertura e generosità sono richieste sia tra fratelli
sia nei confronti di chi è al di fuori della cerchia famigliare. E la capacità
di perdonare deriva dalla comprensione: perdonerà Bob, a cui la vita è stata
rubata dal fratello, perdonerà il somalo Abdikarim, oltraggiato dall’atto di
Zachary, perdonerà la moglie tradita di Jim e anche Susan, che non ha mai
superato il trauma di essere stata abbandonata.
“I ragazzi Burgess” è un romanzo straordinario. Lo è non perché sia
particolarmente nuovo o originale. Anzi, lo è proprio perché non è affatto
nuovo o originale, ma Elizabeth Strout rielabora vecchi temi innestandoli su
nuove problematiche con un’arte che non si può definire altro che elegante.
Perché eleganza è misura e armonia, è sobrietà e pacatezza. E’ attirare
l’attenzione perché non c’è nulla di stonato o di superfluo. Perché è la
perfezione.
la recensione è stata pubblicata su www.stradanove.net
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