cento sfumature di giallo
Martin Long, “La donna della palude”
Ed. Tre60,
trad. Francesca M. Gimelli, pagg. 304, solo
ed. kindle Euro 4,99
Nanchino. Tempo attuale. Tian
Haifeng, ispettore capo di pubblica sicurezza, si sta occupando di un grosso
caso di frode. E questo sarebbe già di per sé uno di quei casi difficili se,
come sembra, l’indagato è protetto dall’alto. L’attenzione di Haifeng (vedovo,
con una sorella e un figlio adolescente) è distratta dalla scoperta del
cadavere di una donna che è affiorato nel campo di un contadino. Appare subito
chiara l’eccezionalità del ritrovamento- si tratta di una mummia conservata
benissimo nella torba, proprio come ‘l’uomo di Tollund’ (è il figlio di Haifeng
che lo fa osservare). Deve risalire ad almeno tremila anni fa e- dettaglio
importantissimo- la donna ha lineamenti caucasici. Vuol dire che c’è stata una
colonizzazione antichissima? Brutto colpo per la Cina. Ma Haifeng riesce appena
a vedere la mummia, perché interviene il direttore del museo a sottrargliela-
quale opportunità fantastica per lui, con un reperto così eccezionale!
Eppure…un incendio nel museo distrugge la mummia, il direttore si trasferisce a
Shanghai, lo stesso Haifeng deve aver pestato i piedi a qualcuno e viene
allontanato con altri compiti- fare esperienza dell’antiterrorismo nello
Xinjiang nel Nord Ovest della Cina dove vive la minoranza etnica degli Uiguiri.
È stato Haifeng a scegliere la destinazione- sta inseguendo le tracce di
un braccialetto di giada scomparso dal polso della mummia. E nello Xinjiang
trova- sì, altre mummie. Se la donna mummificata di Nanchino era stata
preservata intatta dalla torba, le mummie del deserto di Turpan (uno dei luoghi
più caldi del mondo) sono state letteralmente cotte dal calore della sabbia infuocata.
E i lineamenti dei loro volti sono chiaramente han. Un anziano archeologo che ha avuto la vita spezzata dalla
Rivoluzione Culturale rivelerà alla Cina e al mondo la grande scoperta: lo
Xinjiang (regione autonoma dal 1955) non può essere reclamato dagli Uiguiri se
le mummie han testimoniano la
presenza dell’etnia di maggioranza nella Cina da tremila o quattromila anni fa.
L’ambientazione de “La donna della palude” (primo di una serie di
romanzi con l’ispettore Haifeng come protagonista) è una scelta felice da parte
dello scrittore Martin Long che parla correntemente mandarino e si reca spesso
in Cina in cerca di soggetti per i suoi libri. Martin Long ci porta con Haifeng
nello Xinjiang, regione che ha acquistato una enorme importanza per la sua
posizione strategica di passaggio sulla nuova via della seta e che, però, è
fonte continua di problemi per le aspirazioni separatiste degli Uiguiri, la
minoranza musulmana della regione.
Nel 2017 sono affiorate testimonianze sui
campi di rieducazione per le minoranze dello Xinjiang e nel 2019, quando il
premio Sacharov per la libertà di pensiero è stato attribuito al docente uiguro
di economia internazionale Ilham Tohti, in carcere con l’accusa di istigamento
al separatismo, l’attenzione si è di nuovo puntata sullo Xinjiang. Nel romanzo
di Martin Long non si fa cenno a questo, ma ci sono vari episodi di
maltrattamenti degli Uiguiri da parte dei rappresentanti dell’autorità cinesi.
E il fatto che l’aspetto di Haifeng sia insolito, che, con i suoi tratti
somatici e la carnagione scura, possa essere scambiato per un Uiguiro, aggiunge
un tocco personale al suo e nostro coinvolgimento. Con una penna leggera,
dunque, Martin Long ci fa capire che c’è molto altro dietro la storia delle
mummie ritrovate.
Se leggere vuol dire vivere altre vite, viaggiare con la mente in paesi
che non visiteremo mai, le descrizioni del deserto di Taklamakan con le
montagne fiammeggianti meritano di per sé la lettura de “La donna della
palude”. Attendo i libri seguenti, introvabili tranne che per qualche copia in
francese.
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