giovedì 22 agosto 2019

Harald Gilbers, “Atto finale” ed. 2018


                                                 Voci da mondi diversi. Area germanica
                                                  cento sfumature di giallo


Harald Gilbers, “Atto finale”
Ed. Emons, trad. Angela Ricci, pagg. 425, Euro 16,00

     Berlino. 20 aprile 1945. 20 giorni alla resa della città. E’ veramente l’”Atto finale”, come dice il titolo di questo terzo libro della trilogia che ha per protagonista l’ex commissario Richard Oppenheimer, o meglio, Berlino, la capitale del Reich che doveva durare 1000 anni. Il titolo originale in tedesco, Endzeit, è ancora più suggestivo, si presta a giochi di parole in cui l’atto finale del dramma della partita fra i nemici, fra il Bene e il Male, è anche il tempo della fine del mondo che conoscevamo, se non la fine di tutto, l’Armageddon, con la conclusione del libro che si chiude con il fungo atomico su Hiroshima. E quando viene chiesto a Richard se ha dei parenti in America (e lui nega), il nostro pensiero corre al fisico Oppenheimer che avrebbe detto, “abbiamo fatto il lavoro del diavolo”.
      Il tempo non è scandito da un ticchettio, in “Atto finale”. Mentre passano i giorni, è come se un minaccioso rullo di tamburo segnalasse quanti giorni mancano alla resa e, dopo, quanti giorni mancano alla fine della guerra nel Pacifico. L’Armata Rossa, annunciata e attesa con terrore, invade Berlino. I tedeschi temono quello che avverrà, se lo aspettano come una giusta punizione per le efferatezze compiute dalle loro forze armate nei territori dell’Est. Chi può si nasconde nei bunker, le donne cercano di imbruttirsi e invecchiarsi, ma serve a poco. Si calcola che almeno 100000 donne siano state stuprate a Berlino. Fra queste, Lisa, la moglie di Richard. Uno shock per lei. Uno shock per lui che giura a se stesso di vendicarla- ha colto un nome, ha sentito la risata rauca del compagno che era accanto all’uomo.

     L’intera prima metà del romanzo è la storia di una città colpita a morte e agonizzante- è lei, Berlino, la protagonista assoluta. I russi- stupri e violenze isolate a parte- si danno da fare per distribuire cibo alla popolazione affamata e ripristinare un minimo di servizi essenziali. In questo quadro di disfacimento, da fine del mondo, scorgiamo poi due tracce che finiranno per unirsi- Oppenheimer che dà la caccia allo stupratore e nello stesso tempo viene incaricato dai russi di ritrovare una preziosa valigetta il cui proprietario è stato assassinato. Che cosa contiene di così prezioso questa valigia? Qualcosa che è anche pericoloso da maneggiare, qualcosa su cui i russi vogliono mettere le mani prima che arrivino gli americani. Il finale, con l’inseguimento nelle gallerie allagate della sotterranea, ricorda il famoso inseguimento nella rete fognaria di Vienna ne “Il terzo uomo” di Graham Greene ed è mozzafiato. Con un Richard Oppenheimer sempre più umano, tormentato da dubbi e sensi di colpa, sempre più vicino a noi.
    Quando un romanzo, senza aver la pretesa di essere un testo di Storia, è accuratamente documentato e ricco di dettagli e ci avvicina alla Storia, deve essere letto.



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