martedì 7 maggio 2019

Yokomizo Seishi, “Il detective Kindaichi” ED. 2019


                                                         Voci da mondi diversi. Giappone
cento sfumature di giallo


Yokomizo Seishi, “Il detective Kindaichi”
Ed. Sellerio, trad. Francesco Vitucci, pagg. 203, Euro 13,00

    Il ‘delitto a porte chiuse’ è un classico del genere poliziesco. Nel romanzo dello scrittore giapponese Yokomizo Seishi se ne elencano alcuni maestri- Leroux, Leblanc, Dickson Carr, Agatha Christie, naturalmente. Ne parla uno dei personaggi, Ichinayagi Saburō, appassionato lettore che ha riempito di romanzi ‘gialli’ gli scaffali dello studio del fratello maggiore Kenzō. Perché la trama de “Il detective Kindaichi” è proprio quella dell’indagine di un delitto a porte chiuse sulla cui scena intervengono l’ispettore di polizia locale e il giovane detective Kindaichi Kōsuke, chiamato sul posto dallo zio della vittima che lo conosce personalmente. Un tipo insolito, come detective, questo Kindaichi- giovane, sciatto nell’abbigliamento, spettinato. Di certo ha un grande intuito, qualità che manca del tutto al collega più anziano che è capace di vedere solo quello che ha davanti agli occhi.
     I fatti e i personaggi: gli Ichinayagi sono una famiglia ricca che abita in una grande dimora con mura di cinta. Si prepara un grande evento- il matrimonio del figlio primogenito, il quarantenne Kenzō. La scelta della sposa non è gradita alla famiglia, ma Kenzō sa quello che vuole. Anche quando la madre, con un pizzico di malignità, tira fuori all’ultimo momento la tradizione famigliare che richiede alla sposa di suonare il koto (uno strumento a corda della famiglia delle cetre), Kenzo ha una reazione di stizza ma il problema è risolto perché sarà sua sorella minore, bravissima suonatrice nonostante il suo ritardo mentale, ad eseguire la musica tradizionale. Il koto ha un doppio ruolo importante nella trama- perché si sente il suo suono nella notte, quasi fosse stregato- e perché…sono dettagli che scoprirete leggendo il libro. Gli sposi passano la prima notte di nozze nella dépendance: nelle primissime ore del mattino si sentono delle urla e lo zio della sposa si precipita sul posto con altri due uomini. Ha nevicato, ma non ci sono orme nella neve. La porta è chiusa, tutte le finestre sono sbarrate dall’interno. Quando i tre forzano la porta, la scena è raccapricciante. Che l’arma del delitto sia la spada che è conficcata fuori, nella terra, accanto ad una lampada di pietra, è evidente.

      In un’indagine su un delitto a porte chiuse tutta la tensione si accumula sulla difficoltà dell’enigma da risolvere. Ci sono dei dati, delle tessere di un puzzle che sembrano non combaciare. Che cosa si è trascurato? quale tassello abbiamo messo al posto sbagliato? E l’assassino vuole indubbiamente che la sua ingegnosità venga ammirata, più l’enigma è astruso, più lui si sente intelligente.
Nel delitto Ichinayagi appare anche un personaggio ambiguo che sembra essere il capro espiatorio ideale: un uomo che aveva chiesto indicazioni su come arrivare all’abitazione della famiglia e che aveva un aspetto a dir poco losco- un cappello, una maschera sul volto per nascondere una vistosa cicatrice e una mano con tre sole dita. Guarda caso, le impronte insanguinate nella dépendance erano di una mano con tre dita. E il suono del koto durante la notte? E in ponticelli dello strumento, di cui uno viene ritrovato nella manica del kimono della signora Ichinayagi? E c’entra qualcosa il gatto che è morto?

    La trama può sembrare un poco cervellotica, eppure l’espediente narrativo iniziale- del medico che racconta del caso- vuole sottolinearne l’assoluta realtà, come a dire che la realtà supera l’immaginazione. Del ‘giallo’ di Yokomizo Seishi piacciono l’atmosfera goticheggiante, l’ambientazione nella casa così prettamente giapponese e il personaggio dell’intelligente detective un po’ alternativo.

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