Voci da mondi diversi. Area germanica
thriller
noir
Petra Reski, “Palermo connection”
Ed. Fazi, trad. La Rosa, pagg. 330,
Euro 12,75
Sicilia. Due giudici impegnati contro
Cosa Nostra sono stati assassinati a distanza di 57 giorni l’uno dall’altro. Se
vi vengono in mente dei nomi, non diteli a voce alta, ma quasi certamente sono
quelli a cui si fa riferimento. La procuratrice antimafia Serena Vitale, di
famiglia siciliana emigrata in Germania, porta in tribunale il ministro Gambino
con una grave accusa, “concorso in associazione mafiosa e complicità in
attentati”. Un mafioso pentito, Marcello Marino, ex affiliato del clan Pecorella,
contribuisce all’incriminazione con una testimonianza pesante (e sconvolgente,
come tutto quello che riguarda l’operato della mafia). A questo punto si
scatena il finimondo. I giornali di destra accusano la procuratrice di voler
far cadere il governo (sono saltate fuori delle intercettazioni telefoniche che
compromettono lo stesso presidente), quelli di sinistra la chiamano ‘la santa
antimafia’, Serena Vitale inizia a ricevere missive di minaccia anonime,
qualcuno mette una cimice nel suo modem, qualcuno si è intrufolato in casa sua.
E lei non riceve protezione adeguata, neppure un’auto blindata. La protezione
di santa Rosalia a cui l’affida alla madre è un po’ scarsa. Serena non è la
sola a trovarsi in pericolo. Un giornalista tedesco segue il processo, un
personaggio che a volte rasenta il ridicolo con la sua ingenuità, che riesce a
farsi ricevere da un boss mafioso con l’aiuto di un fotografo piuttosto ambiguo
che sembra tenere il piede in parecchie scarpe. E’ il fotografo che fa da
tramite, non solo in senso letterale, trasportando Wolfgang Wienecke
incappucciato nel luogo segretissimo dove vive ‘don Pace’, ma anche in senso
metaforico, cercando di spiegare la cultura della mafia, il senso dell’onore,
la vendetta, la giustizia ‘fai da te’ con uno Stato assente o incurante- il
venire ad essere della mafia, insomma. E, scavando, riesce difficile tracciare
una linea netta tra colpevoli e innocenti, o almeno, riesce difficile
attribuire la colpevolezza solo ad una parte.
Palermo bella e dannata. Il romanzo di Petra Reski è più che un romanzo,
più che un semplice thriller giudiziario o politico. Ha qualcosa di
giornalistico nel taglio e nello stile, nell’ansia di portare allo scoperto le
trame nascoste, la collusione tra mafia e stato. E non deve essere stato facile
scriverlo, e neppure senza pericoli. Almeno una dozzina di giornalisti sono
morti nel giro di trent’anni per mano della mafia e, quando leggiamo delle
vicissitudini dello sprovveduto Wienecke che non ha le armi per affrontare una
società che non può capire, ci viene da sorridere per non lasciarci sopraffare
dall’angoscia e dalla paura. Perché potrebbe esserci qualcosa della scrittrice
stessa nel giornalista tedesco che ha trionfato (brevemente) per il suo scoop.
D’altra parte c’è qualcosa di Petra Reski anche nel personaggio
dell’affascinante e battagliera procuratrice che farebbe bene a non fidarsi di
nessuno, neppure di chi dice di amarla. E’ il retaggio tedesco, per nascita o
per adozione, che rende Wolfgang Wienecke e Serena Vitali così spavaldi come
fossero intoccabili finché devono accorgersi di aver giocato con il fuoco?
Come i migliori noir, non c’è una soluzione positiva in “Palermo
connection”. Non c’è speranza. Leggendolo, ho pensato all’aggettivo che di
recente degli amici avevano usato, parlando della Sicilia, ‘irrecuperabile’. Dal
libro, però, traspare che non è solo la Sicilia ad essere irrecuperabile.
Perché noi siamo la Sicilia.
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