Voci da mondi diversi. Australia
il libro dimenticato
David Malouf, “Una vita
immaginaria”
Ed.
Frassinelli, trad. Pirri e Giannetti, pagg. 178, Euro 13,43
Un David Malouf che ritorna a temi
‘antichi’, come nell’indimenticabile “Io sono Achille”. Nella novella o romanzo
breve “Una vita immaginaria” il protagonista è Ovidio, il poeta romano nato a
Sulmona nel 43 a.C. e morto a Tomi (oggi Costanza) nel 18 d.C.. A Tomi era stato
mandato in esilio da Augusto, l’8 d.C., per motivi non noti. Una segretezza di
riguardo voluta dal poeta stesso che aveva scritto, “Due crimini mi hanno
perduto, un carme e un errore: di questo debbo tacere quale è stata la colpa”.
David Malouf immagina Ovidio negli anni
dell’esilio, relegato ai confini del mondo dove, ‘per otto mesi all’anno la
terra gela. Venti polari soffiano sopra di essa.’ E poi, quando il ghiaccio si
scioglie, ‘l’intera pianura diventa molle e maleodorante’. Altro che lo splendore
di Roma, altro che palazzi, altro che profumi e colori mediterranei. ‘Sto
descrivendo una condizione mentale, non un luogo.’ Gli mancano anche le parole
per descriverlo, la sua lingua non è più sua, tace nella sua mente, non capisce
quello che dice la gente che lo circonda. Si chiede, ‘Dovrò riimparare tutto
come un bambino?...Attraverso i sensi, ma senza che le cose abbiano la magia
speciale del loro nome nella mia lingua madre?’.
In
questa solitudine totale, è l’incontro con un ragazzo- sarà poi il Ragazzo- che
risveglia lentamente il poeta ad una nuova vita. Il ragazzo viene avvistato
durante una battuta di caccia nella foresta, sembra lui stesso un animale, che
sia un ragazzo-lupo, una di quelle creature strane di cui si favoleggia?
Dopotutto, la leggenda non dice, forse, che Romolo e Remo sono stati allattati
da una lupa? dovrà passare un altro inverno prima che il ragazzo venga
catturato e portato al villaggio. Sarà Ovidio a prendersene cura- per lui è
come se il suo compagno invisibile di giochi dell’infanzia fosse riapparso
adesso, ancora una volta per tenergli compagnia. E intanto, lentamente, nella
rassegnazione dell’esilio, qualcosa è successo a Ovidio, qualcosa si è
risvegliato dentro di lui: ‘ora capisco la lingua di questo popolo quasi come
la mia e la trovo stranamente commovente’. E’ un linguaggio espressivo, più
basilare, vicino alla natura delle cose. La nostra lingua interpreta per noi il
nostro mondo, e se quello di Tomi è un mondo diverso, lontano anni luce dalla
capitale di Augusto, ha bisogno di un’altra lingua. Una agisce sull’altro. Sarà
questa lingua che Ovidio cercherà di insegnare al Ragazzo.
Tomi, odierna Costanza |
David Malouf ha scritto la sua
interpretazione delle ‘Metamorfosi’ di Ovidio. Perché è una doppia metamorfosi
quella a cui assistiamo- metamorfosi di Ovidio che si adatta, che accetta
l’alterità di quelli che dapprima guardava con un certo qual disprezzo, come
barbari, e metamorfosi del ragazzo che passa dal mondo animale a quello umano.
Di più- se prima era solo il Ragazzo che poteva passare con facilità dal regno
animale a quello umano, è grazie all’amicizia con lui che Ovidio acquista una
nuova capacità di scambio e di comprensione. Il Ragazzo ride ai primi tentativi
di Ovidio che, cercando di imitare lui, si sforza di imitare i richiami degli uccelli.
Poi il poeta ci riesce. Un’altra metamorfosi è compiuta.
Non finisce qui, il racconto di Malouf.
Deve finire per spiegare in qualche modo perché non si sappia dove sia la tomba
di Publio Ovidio Nasone.
Un
libro poetico, tra realtà e finzione narrativa, tra storia e leggenda.
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