giovedì 2 maggio 2024

Chetna Maroo, “T” ed. 2024

                   Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda

       romanzo di formazione

Chetna Maroo, “T”

Ed. Adelphi, pagg. 148, trad. Gioia Guerzoni, Euro 17,10

 

     Per chi non è pratico del gioco dello squash (simile al tennis e a padel ma con regole e campo diversi) il T è il centro del campo, il punto dove è consigliabile spostarsi velocemente, dopo aver colpito la palla, perché è da lì che si controlla meglio il gioco.

     Per le tre sorelle, Gopi, Khush e Mona (11,13 e 15 anni), gli allenamenti erano iniziati dopo la morte della mamma. Era stata un’idea del padre, dopo che la zia aveva osservato che le tre ragazzine crescevano come selvagge, che era necessario dare loro un impegno quotidiano. E così avevano iniziato a giocare a squash sul campo di Western Lane (da qui il titolo originale). È la piccola Gopi- voce narrante del romanzo- quella che si appassiona di più, quella che prenderà parte al campionato nonostante l’opinione contraria della zia, fedele alle idee tradizionali indiane su quello che una ragazza può o non può fare. Ma la zia (moglie del fratello del padre) è contraria a tante cose- all’amicizia tra Gopi e Ged (il ragazzo ‘bianco’ con cui lei si allena), alle chiacchiere che si scambiano, fumando, il cognato e la madre di Ged, al fatto che le tre nipoti crescano da sole con il padre, mangiando quello che capita, quello che la più grande di loro è capace di mettere in tavola. E avanza la proposta, per bocca del marito, lo zio Pavan, che Gopi vada ad abitare con loro ad Edimburgo. Sarebbe una gioia per loro che non hanno figli e sarebbe un sollievo anche per il padre. E Gopi andrà a stare dagli zii, a più di 600 km. di distanza dal padre e dalle sorelle.


    Il gioco dello squash ha un ruolo importante nel libro. È in parte un passatempo ma è soprattutto una disciplina mentale e fisica, con il T che diventa metafora di vita. Si gioca, si dà il meglio di sé, si allontana il pensiero costante della mamma che non c’è più. Perché la mamma è il personaggio che non c’è e che, però, è sempre presente nelle pagine del romanzo. La mamma che parlava gujarati (ha ancora senso che le sue figlie vadano a lezione di gujarati, adesso che lei è morta?), che indossava il sari con le scarpe pesanti per il clima inglese piovoso, che si applicava il sindur, la polvere rossa, sulla scriminatura dei capelli, che leggeva loro le storie quando andavano a letto. La mamma con cui Khush parla di notte, nel corridoio. La mamma che il padre continua a vedere seduta sulla poltrona. E perché dovrebbe negarsi il piacere di parlare con la madre di Ged? Il padre si è ristretto, sia come padre, sia fisicamente-fra poco scompare nella giacca che ha sempre indossato.


    È un libro sulla perdita, sul dolore del lutto, sul rapporto tra sorelle e tra fratelli, “T” di Chetna Maroo, scrittrice indiana britannica. Un libro sulla rielaborazione del lutto, su come affrontarlo senza lasciarsi sommergere dal dolore, un libro sul conforto che i legami famigliari possono dare. È anche un libro sul diventare grandi, sullo stupore pieno di incertezze nello scoprire i cambiamenti del corpo (dolcissima la scena in cui la sorella più grande di solo due anni tranquillizza Gopi, sgomenta alla vista del primo sangue), nel provare sentimenti finora sconosciuti di attrazione verso un ragazzo, nel desiderare di vederlo anche solo per giocare a squash con lui. Ognuno dei personaggi soffre e reagisce in maniera diversa- Mona si trova un lavoro (quanta delicatezza nel fare in modo che il padre non si senta umiliato quando è lei a pagare), Khush continua a parlare con una mamma che le ha lasciate e lui, il padre, lui è quello che sta per crollare, che si risolleva grazie alla vittoria insperata della figlia.

    La semplicità e la dolcezza sono le cifra narrativa di questo breve romanzo soffuso da un’aura di nostalgia e di spaesamento in cui è la coesione famigliare a dare la forza per affrontare la perdita.



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