Voci da mondi diversi. Gran Bretagna e Irlanda
Patrick Hamilton, “Schiavi della solitudine”
Ed.
Fazi, trad. Isabella Zani, pagg. 304. Euro 20,00
Ah, l’impagabile piacere di leggere una
‘British novel’! perché è innegabile che “Schiavi della solitudine” sia un
romanzo britannico, anche se ora devo affrontare la difficoltà di chiarirne il
perché.
Per l’ambientazione, prima di tutto. Una
pensione dal nome decisamente britannico, Rosamund
Tea Rooms. L’unico romanzo che mi viene in mente e che si svolge in una
pensione in Italia, è stato scritto da un inglese- è il delizioso “Una stanza
con vista” di E. M. Forster.
Per i personaggi. Una pensione è un
microcosmo che offre la possibilità di raggruppare una serie di personaggi che
hanno in comune la solitudine- se non fosse così, avrebbero una casa loro e una
famiglia. E tra i personaggi ci sono sempre un paio di anziane signorine,
qualche vecchietto strambo, qualche donna che, per età, può essere definita con
il desueto termine di ‘zitella’, l’occasionale giovanotto e, infine, la padrona
della pensione, che appare ai margini, impegnata a difendere la rispettabilità
di quell’alloggio.
Per lo stile, raffinato e mai sboccato, preciso, tinto di umorismo lieve ed ironia, colmo di empatia per questi protagonisti che vivono ai margini della vita.
Ha un nome e un cognome sgradevoli, il
personaggio principale di “Schiavi della solitudine”. Si chiama Enid Roach. Cockroach è la parola inglese per
scarafaggio- facile immaginare come il suo cognome passasse di bocca in bocca
tra gli studenti, quando insegnava, trasformandosi in un dileggiante ‘blatta’ o perfino ‘vecchia blatta’. Quando, alle Rosamond
Tea Rooms, la situazione degenererà e quel vecchio soprannome balzerà di
nuovo fuori, sarà un brutto colpo per lei. Miss Roach ha trentanove anni,
lavora ancora a Londra presso una casa editrice ma si è rifugiata nella
cittadina di Thames Lockdon dopo i pesanti bombardamenti. È il 1943, sono molti
i soldati americani di stanza in Inghilterra. Un incontro casuale di Miss Roach
con uno di questi, il tenente Pike, dà inizio ad un flirt su cui lei si illude,
pensa anche che lui le abbia chiesto- tra i fumi dell’alcol- di sposarlo. Saprà
dopo che non lo ha chiesto solo a lei. E comunque Miss Roach ha un sussulto di
giovinezza, incomincia ad uscire la sera per incontrare il tenente al pub e
bere insieme a lui. Finché la coppietta diventa un triangolo, quando pure
Vicki, l’amica tedesca di Miss Roach, prende in affitto una stanza nella
pensione.
Miss Roach pensava di essere stata generosa, offrendo la sua amicizia ad una tedesca in tempo di guerra, quando tutti guardavano storto i tedeschi, sospettando che ognuno di loro potesse esser una spia, o comunque simpatizzasse con i nazisti. Verrà ricambiata molto male dall’amica che ne farà oggetto di frecciate malevole, aizzando contro di lei anche il già sgradevole vecchietto a cui piaceva punzecchiarla.
“Schiavi della solitudine” è una commedia
amara che sembra essere la controparte di “Camera con vista” dove l’amore
sbocciato tra le stanze della pensione aveva un lieto fine, le chiacchiere
intorno al tavolo da pranzo avevano la leggerezza di una vacanza e il paesaggio
era quello soleggiato delle colline toscane. Nel romanzo di Hamilton c’è solo
un ultimo sogno d’amore che dura un attimo, lo scambio di battute è spesso
malevolo e per lo più sotto l’influsso di abbondanti libagioni, il colore che
prevale è il grigio- quello delle macerie che ingombrano le strade di Londra,
dell’aria, degli abiti, del cibo stesso. E il rombo degli aerei in volo non ci
lascia mai dimenticare che c’è una guerra in corso.
A chiusura del libro una bella postfazione
di Doris Lessing ci parla di questo scrittore (nato nel 1904) ingiustamente
dimenticato.
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