Libri per ragazzi (ma non solo)
Keren David, “Le cose che ci fanno paura”
Ed.
Giuntina, trad. Lucrezia Pei, pagg. 255, Euro 15,00
Mi pare bello, a inizio di un nuovo anno,
dopo che si è concluso un secondo anno buio di pandemia, segnalare un romanzo
per ragazzi, perché sono loro il nostro futuro, perché è per loro che dobbiamo
lottare per un mondo migliore.
Due ragazze di quattordici anni, Evie e
Lottie, sono le protagoniste de “Le cose che ci fanno paura”. Inglesi,
londinesi, ebree anche se non sanno che cosa significhi essere ebree, sanno
solo che lo sono al 50% perché la loro mamma lo è- ma non ne ha mai parlato.
La parola passa dall’una all’altra, in capitoli alterni. La prima a parlare è Evie e lo fa da un palcoscenico, durante una gara di uno spettacolo comico. Evie non lo sa, ma gli ebrei sono famosi per le loro barzellette, per le freddure, per una spontanea inclinazione alla comicità (pensiamo a Woody Allen, tanto per fare un nome) e le sue prima battute sono per la singolarità dell’accentuata differenza tra lei e la sorella, le due gemelle meno identiche del mondo. Lei piccola e grassottella, Lottie alta e filiforme, lei ricciuta e bruna, Lottie dai lunghi capelli chiari, lei estroversa e ridanciana, Lottie seria e compunta, lei frequenta una scuola statale, Lottie un collegio esclusivo. Se la diversità delle gemelle per il momento è spunto di scherzi, in seguito sarà ancora più accentuata nei loro diversi interessi e finiremo per renderci conto che è una maniera per aiutarci a comprendere come non esiste una sola maniera di interpretare la realtà e non c’è una sola scelta giusta, che diversità significa maggiore ricchezza.
A poco a poco la scrittrice introduce gli
altri personaggi, il padre che fa l’autista per Uber, la madre che è una
conduttrice radiofonica e si deve attenere a strette direttive, l’amica
musulmana di Evie, le amiche snob e razziste di Lottie, Hannah, compagna di
scuola di Lottie, presa di mira per il suo aspetto e soprattutto perché ebrea
(ma non si dice apertamente), il bel ragazzo per cui Evie ha preso una cotta
(le passerà immediatamente quando vedrà il testo dei volantini che lui
distribuisce), l’amica della madre con il figlio Noah che sarà ospite in casa
loro- sono fuggiti dalla Francia perché…possiamo sospettarlo e poi lo sapremo
con certezza.
È come se qualcosa che ribolliva sotto la superficie ora venisse a galla. Una frase detta dalla madre delle gemelle alla radio scatena un’ondata di odiosi attacchi antisemiti sui social, i commenti su Hannah non sono più solo bisbigliati, finché l’antisemitismo fa più che bussare alla loro porta, entra con violenza in casa loro con un mattone scagliato contro una delle finestre e ferendo Evie.
Sono proprio i due nuovi amici, Noah e
Hannah, a portare le gemelle ad una nuova consapevolezza, raggiunta in maniera diversa
ma che passa, per entrambe, attraverso la conoscenza della Storia e delle vicende
della loro famiglia da cui, per un eccesso di amore, erano state protette. E
invece si deve sapere, si deve far sapere agli altri, si deve portare
testimonianza per impedire che l’ignoranza e l’oscurantismo trionfino.
La bellezza del messaggio finale del libro
(molto ben scritto, con personaggi molto
veri in cui i giovani lettori riconosceranno se stessi o i loro amici) è che
nessuno deve essere discriminato, qualunque sia la sua provenienza, a qualunque
popolazione appartenga, qualunque sia la religione che professi.
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